Nelle carceri milanesi il rapporto tra infermieri e pazienti è 2 su 600, la denuncia Fials.

Un esempio: due infermieri per oltre seicento pazienti. Non è una provocazione ma una drammatica realtà. Fials Milano denuncia la condizione dell’assistenza sanitaria nelle carceri milanesi, e lo fa nell’interesse degli operatori sanitari e pure dei carcerati che rimangono cittadini cui spetta il pieno diritto di cura. Pochissimi infermieri, in alcuni casi senza OSS previsti in organico, medici che rifiutano di lavorare in carcere salvo non siano alle prime armi, quindi travolti da una realtà durissima che porta i camici bianchi a resistere mediamente per un massimo di sei mesi, poi la fuga.   

Ad Opera gli infermieri sono passati da 56 a 31. Parliamo in un carcere enorme e di massima sicurezza. Questo comporta che in un turno di lavoro, due infermieri debbano somministrare la terapia e occuparsi di 600 reclusi. Com’è possibile? Opera è suddivisa in quattro sezioni che si di cui due sezioni assimilabili a reparti di medicina (rispettivamente con 70 e 80 posti). Più due padiglioni che ospitano 600 reclusi, tutti bisognosi di assistenza. Immaginare due infermieri che somministrano la terapia orale a 600 persone. Non è difficile comprende la difficoltà fisica di fornire un’assistenza adeguata. Il sistema non può più reggere. Come ben riscontrabile dai numeri di operatori previsti per turno che riportiamo in coda a questo comunicato, la situazione non è migliore nelle altre strutture.

I danni per il personale sanitario sono altissimi. Anzitutto per il livello di stress cui sono sottoposti i lavoratori che dopo pochi mesi di servizio rischiano il burnout. In secondo luogo perché già parliamo di professionisti costretti a lavorare nelle strutture carcerarie (nessuno ci va per scelta), ma anche di lavoratori cui non è garantito alcun livello di formazione specialistica su questa tipologia di pazienti. Professionalmente il carcere diventa quindi una tomba.

Mimma Sternativo, segretario Fials Milano area metropolitana: “Non esistono standard assistenziali che permettano di stabilire quanto personale occorra per garantire l’assistenza dovuta. Questo è il primo problema. Manca poi il sostegno psicologico per chi lavora in carcere, che si trova di fronte a situazioni a complesse. Un esempio è il Beccaria, carcere minorile e quindi apparentemente dalla gestione meno impegnativa ma nei fatti ambiente diventato estremamente difficile a seguito delle evasioni di Natale”. L’Asst Santi Paolo e Carlo, che ha in capo la gestione sanitaria delle carceri, ha già sottoscritto un accordo per aumentare la retribuzione per chi lavora in carcere, ma ha dovuto utilizzare i residui di fondi contrattuali aziendali, che in teoria appartengono a tutti i lavoratori e non solo alcuni. E comunque la scelta dell’Asst non può bastare. Questo è certamente un aiuto ma non risolve il problema della carenza di personale.

È stato fissato un incontro con Regione il 30 gennaio per discutere queste problematiche.

Questi nel dettaglio i numeri degli operatori sanitari per turno per ogni carcere:

OPERA

Mattino 14 infermieri, 5 Oss, Interinali 2

Pomeriggio: 7 infermieri, 0  OSS, interinali 2

Notte: 4 infermieri, 0 OSS, Interinali 2

BOLLATE

Mattino: 5 infermieri, 4 Oss, interinali 1

Pomeriggio: 2 infermieri, 2 OSS, interinali 0

Notte: 1 intermiere, 0 OSS, interinali 0

SAN VITTORE

Mattino: 9 infermieri, 4 OSS, interinali 3

Pomeriggio: 6 infermieri, 0 OSS, internali 1

Notte: 2 infermieri, 0 OSS, interinali 0

BECCARIA (dove vengono mandati i minorenni)

Mattino: 0

Pomeriggio: 2 infermieri

Notte 0

SERD

Mattino: 2 infermieri, 1 educatore