Processo agli affitti brevi: davvero rappresentano il male del turismo e delle nostre città?

di Marco Celani, AD Italianway

In questi giorni il Governo sta lavorando al Collegato alla Finanziaria che rivedrà la normativa sul turismo portando alcune modifiche, probabilmente in senso restrittivo rispetto alla possibilità di promuovere case mediante i portali online.

Sono molti i “nemici” dei cosiddetti affitti brevi, gli Airbnb, così chiamati con valenza negativa da parte della stampa e dell’opinione pubblica.

La percezione è che si stia inscenando un processo ad un settore ancora giovane, che sta cercando di strutturarsi e di professionalizzarsi.

Mettere una casa online non richiede particolari barriere all’ingresso, e questo ha fatto sì che, soprattutto nelle città più turistiche, in molti si siano improvvisati imprenditori del turismo. Certo, le regole regionali, incerte, frammentarie, orfane di precisi controlli facilitano il sommerso e consentono ad operatori faciloni di vendere notti a tariffe che non remunerano il capitale e nemmeno il lavoro, arrecando danno ai colleghi seri e professionali e agli albergatori.

Sgombriamo il campo da ogni dubbio: noi siamo i primi contrari ai property manager occulti, a coloro che operano fuori dalle regole, affittando garage o strutture non in regola, non abitabili, privi delle dotazioni minime o anche solo case brutte!

Noi riteniamo i proprietari singoli, quelli che non raccolgono la tassa di soggiorno, non versano la cedolare secca e magari pagano una colf in nero per le pulizie, il nostro principale avversario. Non solo perché competono direttamente con noi con armi impari, ma anche perché erogano un pessimo servizio al cliente portando a casa diffidenza e brutte esperienze che si ripercuotono negativamente sulle recensioni del Paese. Questo però non vuol dire che si possa fare di tutta erba un fascio.

In Italia sono promosse online circa 430mila case, tra Airbnb, Booking .com, Expedia, Homeaway, italianway.house e altri portali. Stimiamo circa 300mila proprietari, di cui oltre 220mila gestori diretti.

I property manager, più o meno professionali, sono stimati tra i 20 e i 30mila, molti dei quali gestiscono meno di 20 appartamenti. Una manciata di società gestisce più di 100 appartamenti, meno di 20 oltre i 400. Secondo un documento presentato in Commissione Attività produttive, commercio e turismo della Camera venerdì scorso, il settore ha ospitato nel 2019 almeno 12 milioni di turisti, prodotto almeno 3miliardi di € di valore (atteso un valore della cedolare secca calcolato in 660milioni di €).

Nell’analisi dei pro e contro degli affitti brevi tutti i giornali danno larga voce in capitolo alle voci contro e pochissimo spazio agli operatori virtuosi. Proviamo a capire.

Per gli albergatori le case vacanze sono il nemico, coloro che competono con tariffe basse e regole diverse. Sbagliano.

I viaggiatori hanno cambiato abitudini di acquisto. Quando viaggiano in famiglia desiderano spazi più ampi, così come quando vanno al mare o in montagna, mentre quando si viaggia per periodi brevi o cambiando spesso città si preferiscono gli hotel.

I due settori sono complementari, come hanno ben capito le grandi catene estere che sono entrate nel settore extra alberghiero (a proposito, vogliamo dedicare una chiosa ai tanti, troppi hotel che non ricevono una rinfrescata dagli anni 70? C’è qualcuno che preferisca stare, a parità di tariffa, in un vecchio hotel rispetto ad un bell’appartamento? C’è qualcuno che pensa che una legge dovrebbe mettere un limite a questa libertà di scelta?)

Per le organizzazioni di inquilini si stanno spostando case dal tradizionale 4+4 agli affitti brevi a causa dell’avidità dei proprietari, visti come ricchi possidenti di rendite milionarie. Anche qui bisogna fare ordine. Gli affitti brevi non rendono più del 4+4, anzi! Con gli affitti brevi i canoni sono soggetti alla variabilità del mercato e, in molte piazze, le tariffe sono in diminuzione. Con gli affitti brevi i proprietari pagano le utenze, il condominio e le manutenzioni ordinarie e straordinarie che nel 4+4 sono a carico dei conduttori. Spesso le società di gestione, i property manager, lavorano a commissione, lasciando il rischio di scarso riempimento e di stagionalità in carico agli stessi proprietari. E allora perché questa gestione ha tanto successo? Qualunque proprietario abbia patito la situazione di un inquilino moroso (e capita nel 5% dei contratti, non così di rado) non ripeterà mai più l’esperienza. Molti appartamenti rimangono sfitti piuttosto che tornare in quella modalità di locazione. Se il Governo avesse la volontà politica di velocizzare gli sfratti e farsi carico delle perdite sofferte dai proprietari colpiti gli affitti brevi quasi sparirebbero. Quasi, perché ci sono tre altri temi. Uno: non tutti i proprietari desiderano privarsi della possibilità di usare il proprio immobile per otto anni. In molti desiderano collocare l’immobile per un tempo breve per poi ritornarne in possesso o venderlo. Due: siamo sicuri che esistano così tanti giovani coppie e studenti desiderosi di abitare questi immobili? Il calo demografico di questo Paese è evidente. Ci sono molti paesi da cui i giovani fuggono e lo svuotamento dei centri storici è la prima causa di promozione online, non il contrario. Ci sono diverse associazioni di host singoli che affittano camere nelle loro abitazioni per desiderio di compagnia, piuttosto che per arrotondare la pensione! Ricordiamo che in Italia ci sono, dati ISTAT, circa 6 milioni di case inutilizzate o sottoutilizzate e che il 30% delle famiglie è rappresentato da una sola persona. Tre: i turisti sono in aumento e hanno cambiato la loro abitudine di viaggio. Desiderano soggiornare in casa. Meno ce ne saranno, meno si dirigeranno in questa meta turistica. Ci sono molti paesi scoperti dagli stranieri grazie a Airbnb o Homeaway. Mai nessun albergatore avrebbe investito nel costruire in posti che non sono location.

Per i condomini le case vacanza spesso sono fastidiose. Gli ospiti non sanno fare la raccolta differenziata e si perdono con le valigie sui pianerottoli. Può darsi. La mia vicina di casa ha tenuto vuoto il suo immobile per molto tempo, affittando infine ad una giovane coppia che litiga tutti i giorni e spesso di notte, da due anni. Come mi piacerebbe avere un affitto a breve confinante con la mia camera da letto. Talvolta riposerei. Vi capita di avere il vicino che butta le bottiglie alle 6 del mattino o coloro che escono con i cani a mezzanotte e alle 7 abbaiando in ascensore? La convivenza richiede pazienza e non c’è motivo di ritenere che un turista sia più maleducato di un vicino stabile…

Esiste una polemica legata ai prezzi delle case dedicate a studenti e a giovani coppie. Basta andare sui siti immobiliari, scorrere qualche foto e confrontarla con le foto di Booking .com. Non si tratta delle stesse case. Gli studenti non hanno mai abitato in Brera a Milano, così come la famiglia di turisti americani non desidera dormire in piazza Bologna a Roma. Si tratta di prodotti diversi dedicati a mercati diversi che non si possono mischiare sostenendo che l’aumento degli alloggi per i turisti diminuisca quelli dedicati a studenti o ne faccia aumentare il prezzo.

Per i sindaci esiste il concreto problema della gentrification, dell’abbandono dei centri storici, della rimodulazione dei centri cittadini sulle esigenze dei turisti. È un discorso complesso e non interamente legato agli affitti brevi, anzi. La gentrification si ha storicamente quando i ricchi tornano ad abitare zone centrali di una città, prima abitate da operai, facendo aumentare i prezzi degli immobili e i costi dei servizi. Si fa fatica a pensare che Corso Como a Milano o via Urbana a Roma fossero meglio 20 anni fa o che alcuni originali centri storici prima degradati, oggi vetrine per turisti, fossero meglio quando erano peggio. A meno che non si stia decidendo che il turista ci dà fastidio, che snatura il nostro modo di vivere e che va tenuto fuori dai nostri borghi (non si sa di cosa dovrebbero vivere questi borghi, poi!). La modernità (ogni cambiamento nella storia ha comportato periodi di adattamento vissuti come transito traumatico da uno stato di equilibrio all’altro) comporta una fase di comprensione di quello che sta succedendo, analisi piuttosto che rigetto aprioristico. L’Italia è un paese vecchio, con tante case e pochi giovani, in cui due sole città vedono aumentare i residenti, Milano e Bologna, mentre tutti gli altri centri si svuotano. Il Paese produce sempre meno e sempre meno persone lavorano.

Il turismo è una risorsa. Una risorsa che, declinato nel settore extra alberghiero, consente di ristrutturare patrimonio immobiliare abbandonato e attirare turisti dove prima non arrivavano. Riempire centri che si stanno svuotando. Far lavorare giovani che altrimenti emigrerebbero. Far diventare imprenditori persone di mezza età che si reinventano una professione. Si può decidere di capire questa risorsa o affossarla. Il dialogo con le Istituzioni ci dice che Governo e Comuni affronteranno questo tema in modo intelligente, cercando di far convergere diritti e interessi in modo equilibrato, auspicabilmente, semplificando le regole e aumentando i controlli. Meno gestori abusivi e più operatori professionali potrebbero guidare un mercato che può contribuire in modo rilevante allo sviluppo di cui l’Italia ha un estremo bisogno.