Dai tag apparsi sulla facciata della Galleria Vittorio Emanuele II ai climber che hanno scalato la guglia del Duomo a Milano.
In questi ultimi giorni Milano è stata teatro di vandalizzazioni e gesta sconsiderate e non è mancato l’appello di diversi politici che invocano pene più severe per i writer. “Se la città è vandalizzata è per colpa della cattiva gestione e dagli esempi pessimi della politica – dice all’AdnKronos aleXsandro Palombo, artista pop contemporaneo e attivista di origine salentina ma milanese d’adozione, riconosciuto per le sue opere satiriche e irriverenti che si concentrano sulla cultura pop, le disuguaglianze e i diritti umani -. Questa istituzione è inadatta a dare risposte concrete e culturalmente adeguate. Oramai le vandalizzazioni a Milano avvengono h24 e il fatto della galleria Vittorio Emanuele è solo un tassello in più che si è aggiunto alla questione”.
L’artista ricorda inoltre quando l’opera dei Simpson in memoria dell’olocausto realizzata vicino al Memoriale della Shoah è stata vandalizzata: “Nessun esponente di Palazzo Marino ha preso posizione, nonostante se ne siano occupati tutti i media del mondo. Ancora oggi i giornalisti stranieri mi chiedono come mai il Comune di Milano censura e fa rimuovere le mie opere d’arte”.
Secondo aleXsandro Palombo “non serve un centro reso un luna park per fashion victim e qualche piccolo grattacielo per decretare Milano come città internazionale, né un Salone del design o una cinquantina di sfilate di moda nel calendario della fashion week ogni 6 mesi. 20 anni fa, dati alla mano, nel calendario di Milano collezioni donna sfilavano qualcosa come 120 griffe e non le appena 50 di oggi. Guardiamo in faccia la realtà e analizziamo la questione in modo lucido, sfuggendo dalla propaganda, perché i fatti raccontano tutt’altro. E se i vandali che hanno deturpato la galleria fossero davvero francesi allora è solo un aggravante perché vorrebbe dire che l’immagine di ‘Milano città vandalizzata’ ha travalicato i confini”.
Le pene per i writer “le stabilisce l’autorità giudiziaria applicando le leggi e il codice penale – osserva l’artista – in questo caso mi pare sia abbastanza chiaro visto che da marzo dell’anno scorso ci sono stati inasprimenti delle pene riguardo chi imbratta i beni culturali, lo dice chiaramente la legge 518-duodecies. È comprensibile che i politici lancino i loro proclami su argomenti di questa portata poiché sono un veicolo veloce e immediato per insinuarsi nella pancia della gente ma è solo un fattore legato ai like che senza azioni concrete di governo non serve a niente”.
E conclude: “Ripristinare un monumento artistico danneggiato o deturpato è un obbligo, un gesto di civiltà, perché l’arte è memoria collettiva e va preservata con ogni mezzo. Però bisogna essere capaci di fare la differenza tra tag, movimento writer e street art. Le tag, come nel caso della Galleria Vittorio Emanuele, che imbrattano e deturpano i muri e i monumenti sono solo azioni vandaliche e non hanno nulla a che fare con l’arte”. (AdnKronos)