Il Partizan passa a Milano 90-70 giocando una partita solida, sui due lati del campo, in cui ha dettato i suoi ritmi, imposto la propria difesa e trovato 70 punti da tre giocatori in serata di grande ispirazione.
L’Olimpia ha tenuto per quasi tre quarti, nel primo tempo ha a tratti comandato (al riposo era ancora avanti di tre), ma non ha mai preso davvero ritmo, non è mai riuscita a comandare la gara con continuità e, dopo aver perso il controllo del gioco nel secondo tempo, nel finale si è anche arresa. Il Partizan dopo aver vinto di oltre trenta a Lione, si impone di venti anche a Milano. Per l’Olimpia è la prima sconfitta dopo tre vittorie.
IL PRIMO TEMPO – L’Olimpia parte in assetto difensivo, con Bolmaro, Tonut e Shields ad alzare il muro dietro sugli esterni del Partizan. Sterling Brown, come a Belgrado, è il primo problema. Segna subito cinque punti poi ne aggiunge due nel corso del periodo, tutti jumper ad alto coefficiente di difficoltà. Il Partizan prova a costringere l’Olimpia a giocare a metà campo. Con il lavoro interno di Gillespie e le iniziative di Shields, Milano tenta il primo allungo sul 15-7. Ma è una battaglia. Il Partizan si rimette subito in corsa mentre le due panchine usano tantissimo le panchine e Coach Obradovic varia gli assetti. Nella parte finale del primo quarto, il Partizan ricuce e impatta sul 17-17. All’inizio del secondo tante anche di prendere possesso della gara con un gioco da quattro punti di Brandon Davies. In questa fase della gara il più efficace è Carlik Jones con il suo “mid-range gane”. Obradovic va con il quintettone, sguinzaglia Bonga sul playmaker e usa Davies e Jones come lunghi per generare mismatch che soprattutto Jones è bravo a sfruttare. L’Olimpia ribalta ancora la partita con tre triple, di Bolmaro, LeDay e Mirotic. Il Partizan risponde ancora in una battaglia in cui chi va sotto trova sempre il modo di rispondere e capovolgere l’inerzia. Milano ha un’altra fiammata alla fine del secondo quarto, dettata da Shields. Alla fine del primo tempo è 40-37 Olimpia.
IL SECONDO TEMPO – L’Olimpia comincia la ripresa balbettando. Concede un facile lay-up a Davies, una tripla a Brown e poi due tiri liberi a Jones così Coach Messina deve usare il suo primo time-out del secondo tempo dopo meno di due minuti, perché anche l’attacco non trova fluidità e movimento di palla. C’è una risposta sull’asse Mirotic-LeDay ma sempre con qualche errore di troppo, in questo quarto anche dalla lunetta. Non ci sono antidoti alla partita di Sterling Brown così il Partizan nella parte finale del terzo quarto va in fuga, tocca anche il più nove prima della tripla di Ricci che ricuce a meno sei: 64-58. Ma l’Olimpia non riesce a dare continuità alla sua azione, è farraginosa in attacco, anche un po’ nervosa, poi non riesce a contenere i tre giocatori del Partizan più ispirati, Jones con le sue penetrazioni, Jones con il suo gioco al ferro, Brown con il suo tiro da fuori. Così precipita oltre la doppia cifra di scarto, fino a 14 punti. Mirotic prova a guidare l’ultimo assalto, ma l’inerzia è tutta dalla parte del Partizan che può chiudere senza affanni, anzi dilagando, 90-70.
Così Coach Ettore Messina ha commentato la partita con il Partizan Belgrado: “Abbiamo giocato un discreto primo tempo ma fin dall’inizio non siamo riusciti a muovere abbastanza la palla, a giocare con la fluidità e con il ritmo che siamo soliti avere. Questo a causa della loro aggressività e fisicità difensiva, ma anche perché abbiamo palleggiato troppo. Nel secondo tempo, anziché migliorare, questo aspetto è peggiorato e il divario di energia fisica è stato ampio. Hanno meritato di vincere, oggi sono stati la miglior squadra in campo. Certe situazioni si stanno verificando ad ogni turno, quindi incassiamo la sconfitta e ci prepariamo alla prossima partita. Quando hai poca energia devi andare a muovere la palla ancora di più del solito, per tentare di sorprendere la difesa, perché se invece la fermi finisce per permettergli di saltarti addosso e fai il loro gioco. Ci sono state partite in cui l’abbiamo fatto, anche stanchi, stasera no. In ogni ruolo nel finale il divario in termini di fisicità era molto ampio. E’ evidente che le nostre partite peggiori sono quelle in cui abbiamo subito la fisicità avversaria. Questo è un problema che si risolve lavorando sulle cose tecniche, migliorando, e poi anche con l’esperienza.