L’alluvione del Seveso di stanotte stupisce per dimensione e durata: era dall’orribile 2014 che le acque del torrente non allagavano il quartiere Isola, eppure il nubifragio notturno, per quanto molte forte, non è stato un evento di dimensioni catastrofiche: le precipitazioni hanno raggiunto i 90 mm in alcune aree del Canturino, ma sono caduti circa 70 mm nel resto della Brianza comasca, mentre sono state tra i 40 e i 60 mm nell’area della Brianza monzese e nel Nord Milano. Davvero tanta pioggia, ma non è ancora un evento ‘estremo’.
“La realtà è che il bacino del Seveso ha perso ogni capacità di laminare eventi di piena, e soprattutto siamo del tutto impreparati rispetto agli eventi catastrofali che il cambiamento climatico rischia di rendere sempre più frequenti e intensi,” dichiara Lorenzo baio, vicepresidente di Legambiente Lombardia. “Colpa del troppo cemento che ha rivestito il territorio, restringendo gli alvei del torrente e dei suoi affluenti, impedendo l’infiltrazione delle acque nel suolo e accelerando la corsa delle onde di piena verso il capoluogo milanese.”
Arrivato a Milano, il torrente si infila in un lungo tubo sotterraneo, che può portare non più di 35 mc/sec. Eventi come quello odierno si caratterizzano per portate fino a 150 mc/sec: significa che se la vasca di laminazione del Parco Nord a Bresso, con la sua capacità di invaso di 250.000 mc, fosse già stata in funzione, si sarebbe riempita in meno di un’ora.
La caratteristica del nubifragio odierno è stata di essere una pioggia intensa e distribuita su tutto il bacino del Seveso, generando un’onda di piena molto rifornita da monte, che ha causato un’esondazione durata oltre sei ore a Milano: non si può pensare di gestire la sicurezza idraulica solo con una vasca alle porte della città, concepita per assorbire onde di piena generate da eventi meteorici intensi ma localizzati.
Occorre invece un sistema di gestione esteso all’intera asta torrentizia, è urgente accelerare sulle vasche di Varedo dell’area ex-SNIA, e su quelle di Lentate sul Seveso, le uniche in grado di far fronte a eventi di natura catastrofale.
“Non bastano le opere ingegneristiche: se non si invertirà l’aggressione al territorio e ai corsi d’acqua anche le vasche più grandi tra quelle previste sono destinate a diventare obsolete nell’arco di pochi lustri,” conclude Lorenzo Baio. “Bisogna smettere di impermeabilizzare il suolo e restituire ai torrenti un alveo degno di questo nome, rimuovendo arginature rigide e ripristinando la valle del Seveso ovunque possibile, perfino all’interno della città di Milano. Non è un’opera che si fa dall’oggi al domani, ma bisogna iniziare, ad esempio a partire dalla creazione di un parco fluviale del Seveso per mettere in sicurezza le poche aree libere. Basta con il rimpallo di responsabilità.”