Troppi furti di dati nella Pa, serve un piano nazionale educazione digitale.

“Il data breach del 1 maggio all’Asst Fatebenefratelli-Sacco è l’ennesimo allarme: serve un’alfabetizzazione digitale dei cittadini. Perché dietro a questi incidenti c’è spesso l’errore umano e bisogna capire che I rischi sono altissimi, non possiamo aspettare che ci scappi il morto”. Il presidente di Anorc Professioni, l’avvocato Andrea Lisi, all’indomani di un altro episodio di attacco hacker a sistemi informatici di una struttura sanitaria riuscito in Italia, non usa giri di parole. “Non è ancora successo qui- continua Lisi parlando con la Dire- ma in Germania e negli Stati Uniti, ad esempio, è già accaduto che la paralisi dei sistemi informatici di una struttura ospedaliera abbia causato una vittima. Immaginiamo un ospedale che improvvisamente non abbia accesso ai dati dei propri pazienti, con i reparti che si fermano e i medici che non possono operare. Le conseguenze sono incalcolabili”.
E l’aspetto più grave e preoccupante, spiega l’esperto, che è anche Data Protection Officer- DPO di uno dei principali fornitori in Italia di sistemi diagnostici, è che “parte degli incidenti informatici sono provocati dalla scarsa conoscenza delle pratiche di sicurezza di base. Questi data breach possono essere facilitati da un atteggiamento troppo ‘rilassato’ da parte dei dipendenti di una struttura, a tutti i livelli. Chiunque abbia accesso ai sistemi informatici deve avere consapevolezza dei rischi, deve sapere che le credenziali vanno aggiornate, che gli allegati sospetti non vanno aperti, deve conoscere ogni potenziale minaccia, soprattutto perché siamo tra i paesi più bersagliati dai cyber attacchi”.
“L’organizzazione delle difese- continua il presidente di Anorc Professioni, l’avvocato Andrea Lisi- deve partire dall’alto con dirigenti ben formati che sappiano affidare la sicurezza a fornitori competenti e pretendere nei contratti l’adozione di standard tecnici adeguati. Ma serve fornire a tutti i dipendenti le conoscenze basiche. Questo non sarebbe necessario se si fosse applicato l’articolo 8 del Codice dell’Amministrazione digitale, che prevede l’alfabetizzazione digitale dei cittadini. Fino ad oggi è stato fatto poco e niente in tal senso”.
Secondo Lisi, “è urgente destinare alcuni fondi del PNRR per la creazione di un piano nazionale per l’educazione civica digitale. E individuare figure guida, divulgatori, per raggiungere le persone e veicolare messaggi diventati ormai di cruciale importanza. Penso a professionisti come Marco Camisani Calzolari- conclude- che potrebbero alfabetizzare i cittadini utilizzando i media, come fece Alberto Manzi negli Anni 60, purchè si affidino a programmi educativi controllati da team interdisciplinari formati da professionisti esperti nei vari settori della digitalizzazione e della protezione dei dati personali”.