Berlusconi, su sua richiesta Corte Europea dei Diritti dell’Uomo archivia.

La Grand Chamber della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha deciso, a maggioranza, di archiviare, tecnicamente di cancellare dal ruolo, il ricorso presentato nel settembre del 2013 dall’ex presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, secondo il quale l’applicazione nei suoi confronti della legge Severino, che ne aveva provocato la decadenza dalla carica di senatore in conseguenza della condanna inflittagli per frode fiscale, avrebbe violato alcuni articoli della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo. Tenendo conto del fatto che Berlusconi è stato riabilitato l’11 maggio scorso e del suo desiderio di ritirare il ricorso, la Corte ha concluso che non sussiste “alcuna circostanza speciale connessa al rispetto dei diritti umani” tale da richiedere di continuare l’esame del ricorso, con riferimento all’articolo 37.1 della Convenzione.

“Una condanna dell’Italia avrebbe altresì comportato ulteriori tensioni nella già più che complessa vita del paese, circostanza che il Presidente Berlusconi ha inteso assolutamente evitare”, , scrivono in una nota gli avvocati di Silvio Berlusconi, Franco Coppi, Bruno Nascimbene, Andrea Saccucci e Niccolò Ghedini, prima di ripercorrere le principali tappe della vicenda. “Il presidente Berlusconi – spiegano i legali – a seguito di una ingiusta sentenza di condanna, era stato privato, con indebita applicazione retroattiva dalla cosiddetta legge Severino, dei suoi diritti politici con conseguente decadenza dal Senato. Nell’aprile di quest’anno l’intervenuta riabilitazione ha anticipatamente cancellato gli effetti della predetta legge. La Corte EDU – proseguono i legali – a distanza di quasi 5 anni dalla proposizione del ricorso, a quella data, non aveva ancora provveduto. Ovviamente, così come riconosciuto quest’oggi dalla stessa Corte, non vi era più necessità di proseguire nel ricorso essendo ritornato il presidente Berlusconi nella pienezza dei propri diritti politici“. “Non vi era dunque più alcun interesse dopo oltre 5 anni – sottolineano gli avvocati del presidente di Fi – di ottenere una decisione che riteniamo sarebbe stata favorevole alle ragioni del Presidente Berlusconi ma che non avrebbe avuto alcun effetto concreto o utile, essendo addirittura già terminata la passata legislatura”.

LA NORMATIVA – L’articolo 37 comma 1 della Convenzione prevede che “in ogni momento della procedura, la Corte può̀ decidere di cancellare un ricorso dal ruolo quando le circostanze permettono di concludere: che il ricorrente non intende più̀ mantenerlo; oppure che la controversia è stata risolta; oppure che per ogni altro motivo di cui la Corte accerta l’esistenza, la prosecuzione dell’esame del ricorso non sia più̀ giustificata”. “Tuttavia la Corte – si legge ancora – prosegue l’esame del ricorso qualora il rispetto dei diritti dell’uomo garantiti dalla Convenzione e dai suoi Protocolli lo imponga”. Nel caso di Silvio Berlusconi, secondo i giudici di Strasburgo, che hanno deciso a maggioranza, non sussistono motivi tali da ritenere che il ricorso debba essere ulteriormente esaminato.

IL RICORSO DI BERLUSCONI – Il ricorso di Berlusconi alla Corte verteva, nel dettaglio, su diversi punti: anzitutto, basandosi sull’articolo 7 (nessuna punizione senza legge), Berlusconi aveva sostenuto che l’applicazione della legge Severino, che gli aveva impedito di candidarsi e ne aveva provocato la decadenza dalla carica di senatore, avesse violato i principi di legalità, prevedibilità, proporzionalità e applicazione non retroattiva della pena. Inoltre, in base all’articolo 3 del protocollo 1 della Convenzione (diritto a libere elezioni), per il leader di Forza Italia l’incandidabilità prevista dalla legge Severino non rispetterebbe inoltre i principi della legalità e di proporzionalità rispetto al fine previsto, violando in tal modo il suo diritto a portare a termine il mandato elettorale e ledendo l’aspettativa legittima degli elettori che egli sarebbe stato senatore.

Ai sensi dell’articolo 13 della Convenzione (diritto a un rimedio effettivo), poi, il ricorrente aveva lamentato la mancanza di un rimedio accessibile ed efficace nell’ordinamento italiano attraverso il quale contestare la compatibilità del decreto legislativo in questione con la Convenzione e contestare la decisione del Senato del 27 novembre 2013, che ne aveva provocato la decadenza da senatore. Invocando infine l’articolo 3 del protocollo 1, unitamente all’articolo 14 (divieto di discriminazione), Berlusconi lamentava che gli era stato vietato di candidarsi per sei anni, come sarebbe successo a una persona cui fosse stata inflitta una pena accessoria di interdizione dai pubblici uffici più severa della sua. Su questa base, il leader di Fi sosteneva che gli articoli in questione erano stati violati.

Silvio Berlusconi ha successivamente ritirato il ricorso il 27 luglio 2018, alla luce della riabilitazione concessa dal Tribunale di Sorveglianza di Milano, chiedendo che il ricorso fosse cancellato dal ruolo, cosa che oggi la Corte ha fatto.