Un manicomio chiamato carcere e una sanità alla deriva, il nuovo numero de Il Segno, il mensile della Curia milanese.

Il 2022 è stato l’annus horribilis per le carceri italiane con 79 suicidi (fino a novembre) e un disagio mentale diffuso: il 40% dei detenuti fa uso sistematico di psicofarmaci. È il tema della copertina del Segno di gennaio che fotografa l’allarmante situazione, ormai fuori controllo, degli istituti di pena con l’annoso problema del sovraffollamento (132%) e sempre più persone che si tolgono la vita (età media 37 anni) seppure condannate per piccoli reati e con pene molto brevi.
Dopo la pandemia il carcere sembra ormai un manicomio, con un tasso altissimo di detenuti con disturbi psichiatrici, spesso privi di diagnosi; quelli destinati alle Rems (le Residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza aperte dopo gli Opg) aspettano fino a 8-12 mesi prima di essere trasferiti e in alcuni casi neppure ci arrivano. Silvia Landra, la psichiatra che lavora a San Vittore e Bollate, descrive bene le patologie reattive, i disturbi della personalità, il disagio dei “nuovi giunti”. La responsabile del Servizio di psichiatria penitenziaria dell’Asst Santi Paolo e Carlo sottolinea che i pazienti del carcere sono molto più complessi di quelli “fuori” e richiedono un’assistenza che attualmente il territorio non sa garantire. Di grave situazione parla anche il cappellano di San Vittore don Roberto Mozzi, che richiede la necessità di perizie psichiatriche per evitare il carcere a persone affette da disturbi mentali gravi. E Valerio Pedroni, già presidente della sottocommissione Carceri, pene e giustizia del territorio del Comune di Milano, che ha visitato tutti gli istituti di sua competenza, si dice «molto preoccupato», anche per i ragazzi dell’istituto minorile Beccaria che vivono situazioni di «stress molto forte, aggressività, problemi con la famiglia e disagio psico-fisico». Per Ileana Montagnini, presidente della Conferenza volontariato giustizia della Lombardia, bisogna favorire e incentivare le relazioni con le famiglie dei detenuti, sfruttando ancora di più le tecnologie ed evitando trasferimenti in istituti lontani dai nuclei familiari. Le relazioni, anche per gli psichiatrici, sono parte della cura e possono fare molto, come pure la presenza dei volontari e le attività promosse dal Terzo settore. Una risposta chiara e lungimirante alla grave situazione delle carceri italiane la troviamo nella Riforma Cartabia sulla giustizia pena (che attualmente il governo ha messo in stand by) puntando sulle sanzioni sostitutive delle pene detentive brevi da 1 a 4 anni.
In vista delle elezioni regionali, Il Segno dedica un’inchiesta ai nervi scoperti della sanità lombarda tra carenza di medici, presidi territoriali solo sulla carta, pronto soccorso intasati, liste d’attesa lunghissime e il dilagare dei privati. E in proposito, Elena Granata nella sua Opinione parla della “cultura della prestazione” che ha privilegiato un approccio funzionalistico dimenticando di porre al centro la cura e il benessere.