Obbligo vaccinale al personale sanitario, Tar Lombardia: sproporzionata pena sospensione senza stipendio. Rimessa questione legittimità costituzionale.

Altra picconata dai tribunali amministrativi alla legge del 2021 che stabiliva l’obbligo vaccinale per il personale sanitario.

Questa volta è il Tar Lombardia a pronunciarsi sollevando peraltro anche la questione di legittimità costituzionale della legge voluta dal governo Draghi e dai ministri Speranza e Brunetta.

I giudici amministrativi, infatti, ritengono il provvedimento di sospensione senza stipendio del medico o infermiere che rifiutasse di sottoporsi al vaccino “sproporzionato rispetto alla realizzazione del fine di tutela della salute pubblica, in quanto l’esito del bilanciamento dei rilevantissimi interessi coinvolti, effettuato dal legislatore nell’esercizio dell’ampia discrezionalità politica, conduce a un risultato implausibile. È infatti eccedente il necessario limite di ragionevolezza in una regolamentazione che, seppure introdotta in una situazione emergenziale, trascura il valore della dignità umana, specie ove si consideri che la sospensione da qualunque forma di ausilio economico del dipendente non trova causa nel venir meno di requisiti di ordine morale”.

La sospenzione senza stipendio inoltre per il Tar “rischia di creare un’irragionevole disparità di trattamento con tutti gli altri tipi di sospensione dal servizio di natura preventiva, quali appunto la sospensione cautelare del dipendente disposta nel corso di un procedimento disciplinare o penale, casi in cui viene invece percepita una quota della retribuzione a titolo assistenziale”.

A detta del Tar, non è possibile neppure ragionevolmente sostenere che la mancata corresponsione di una misura di sostegno per tutto il periodo di durata della sospensione dal servizio sia “un sacrificio tollerabile rispetto ai fini pubblici da perseguire. Al dipendente che scelga di non adempiere all’obbligo vaccinale, infatti, viene richiesto un sacrificio la cui durata non è in grado né di prevedere né di governare, visto che le misure precauzionali adottate dal legislatore non si prestano ad essere inquadrate entro una cornice temporale certa e definita, a causa dello sviluppo oggettivamente incerto e ricorrente dell’andamento della pandemia”.

Di qui viene sollevata dunque la questione di legittimità costituzionale alla Corte, sottolineando che la scelta legislativa di una preclusione assoluta alla percezione di una forma minima di sostegno temporaneo alla mancanza di reddito “sembra essere andata di gran lunga oltre il necessario per conseguire l’obiettivo di tutela”, fine che “avrebbe potuto essere realizzato, con pari efficacia, mediante la previsione di un adeguato sostegno economico, con finalità analoghe ai vigenti sussidi quali assegno sociale o reddito di cittadinanza”.