Irene Pivetti, ex presidente della Camera dei Deputati, è stata condannata oggi a quattro anni di reclusione dai giudici della quarta sezione penale del Tribunale di Milano. Il processo riguardava accuse di autoriciclaggio ed evasione fiscale. La sentenza ha accolto integralmente la richiesta del pubblico ministero, Giovanni Tarzia, che aveva proposto la stessa pena.
Pivetti, visibilmente serena, ha commentato la sentenza con determinazione, dichiarando che questa è solo la conclusione di una prima fase e annunciando il suo proposito di ricorrere in appello. Ha espresso curiosità riguardo alle motivazioni della sentenza, affermando che non comprende come i giudici abbiano potuto trascurare i fatti presentati dalla difesa.
Pivetti ha ribadito la sua innocenza e la fiducia di poter chiarire la situazione in appello. Nelle sue dichiarazioni, l’ex presidente ha sostenuto che un’assoluzione era improbabile e si aspettava una condanna. Ha inoltre sottolineato l’attenzione mediatica attorno al caso, lasciando intendere che la vicenda sia stata fortemente influenzata dalla volontà di attrarre attenzione pubblica.
Tuttavia, Pivetti ha mostrato ottimismo, confidando che la verità emergerà durante il processo di appello. Oltre alla condanna, i giudici hanno riconosciuto attenuanti generiche per Pivetti, ma hanno anche disposto la confisca di oltre 3,4 milioni di euro. Questa misura scatterà una volta che la condanna diventerà definitiva. Inoltre, Pivetti dovrà pagare una multa di 6.000 euro e affrontare le consuete pene accessorie, tra cui l’interdizione dai pubblici uffici per cinque anni. Nel contesto dello stesso processo, anche Leonardo Isolani, un pilota di rally, e sua moglie Manuela Mascoli sono stati condannati a due anni di reclusione ciascuno. Inizialmente, l’accusa aveva richiesto una pena di tre anni per entrambi.
La figlia di Mascoli, Giorgia Giovannelli, è stata invece assolta da tutte le accuse. Le ragioni dettagliate della sentenza verranno rese pubbliche entro 90 giorni, periodo dopo il quale Pivetti procederà con il suo appello.
L’inchiesta condotta dalla procura di Milano si focalizza su una serie di operazioni commerciali sospette, con particolare rilievo sulla compravendita di tre Ferrari Gran Turismo. Queste transazioni sarebbero state utilizzate come strumento per nascondere un rilevante caso di evasione fiscale.
Irene Pivetti, ex presidente della Camera dei Deputati italiana, è accusata, nella sua veste di legale rappresentante di due società, una con sede in Polonia e l’altra a Hong Kong, di aver facilitato l’evasione fiscale per un ammontare superiore ai 5 milioni di euro. Nella requisitoria pronunziata lo scorso giugno, l’accusa ha argomentato contro la concessione di circostanze attenuanti nei confronti della Pivetti. Secondo la pubblica accusa, la Pivetti, che ha avuto una significativa esperienza all’interno delle istituzioni italiane e ha ricoperto una delle più alte cariche dello Stato, percependo inoltre un vitalizio finanziato dai contribuenti, dovrebbe essere tenuta a osservare rigorosamente le leggi. Date queste premesse, l’accusa ha sostenuto che non vi sono margini per indulgere nei confronti della sua presunta condotta illecita.
Il pubblico ministero Tarzia ha ulteriormente delineato il quadro accusatorio affermando che la Pivetti fosse consapevole delle difficoltà finanziarie di Isolani, un altro indagato coinvolto nel caso. Secondo questa tesi, la Pivetti avrebbe agevolato Isolani nel sottrarre questi veicoli di lusso, le tre Ferrari, dalle procedure di esazione fiscale. Inoltre, avrebbe fatto uso di mezzi fraudolenti sufficientemente sofisticati da ostacolare gli accertamenti fiscali e indurre in errore l’amministrazione finanziaria. Le accuse formulate nei suoi confronti comprendono l’evasione fiscale per un valore di quasi 3,5 milioni di euro, somme che sarebbero poi state reimpiegate in attività imprenditoriali e finanziarie, configurando così anche il reato di autoriciclaggio.
Nonostante le accuse e la sentenza sfavorevole arrivata dopo circa due ore di camera di consiglio, Irene Pivetti continua a difendere la legittimità delle sue operazioni commerciali. In aula ha sostenuto la genuinità delle transazioni in questione, affermando di non aver commesso alcuna evasione fiscale. Tuttavia, i giudici non hanno accolto questa versione dei fatti, ritenendo invece valida la tesi della pubblica accusa, in base a quanto emerso dalle indagini e dalle prove presentate in tribunale.