Capitolo terzo
È arrivato il sole.
Una donna forte dai capelli neri brillava più del solito. Il sorriso ammaliante, diverso dai sorrisi comuni.
Si sedette di fronte a me e mi guardò negli occhi cercando una sorta di complicità.
<<Sono nubile>> disse.
Rimasi sorpresa da quella sua dichiarazione, non capita spesso di iniziare così una conversazione a meno che non si stia cercando un compagno.
<<Sono madre di tre figli però. Di cui uno è morto…>> fece una pausa e mi fissò profondamente. <<Non mi sono mai voluta sposare.>>
Capii che per lei era un’impresa il non essersi sposata e le chiesi il perché di quella scelta.
<<Non volevo perdere la mia identità.>> Disse. <<Non volevo appartenere a nessuno. Non volevo perdere il cognome di mio padre e prendere quello di lui. Assurdo! Ne ha mai sentito parlare?>>
Pensai che molti anni fa accadeva questo. La donna coniugata acquistava il cognome del marito e perdeva il suo. In molti paesi attualmente esiste ancora questa usanza e non solo informalmente, ma i documenti personali della “nuova sposa” vengono modificati, il cognome paterno sparisce e viene rimpiazzato da quello del marito.
<<Lui mi portò di nascosto all’Ufficio dello Stato Civile, voleva che ci sposassimo quel giorno ma io sono scappata>> Rise fino ad avere le lacrime.
Cercai di non giudicarla, ma il mio volto espressivo mi tradì. Come se stesse leggendo nei miei pensieri mi disse:
<<Scappai da una vita che non volevo. Non volevo fare ciò che mi diceva di fare un uomo. Ho avuto il coraggio di non dipendere da nessuno, sa? Io ho scelto.
Ognuno sceglie, pensai. La libertà si trova là dove si ha la possibilità di scegliere. Ma non tutti hanno questa fortuna.
<<Faccio la Baby-sitter qui. Ho cresciuto tanti bambini. Adesso le mie ultime bambine hanno 21 e 16 anni. Io ne ho 73. Ho trasmesso loro la mia cultura, le ho educate con amore e rispetto per il prossimo. Figlie di genitori separati che hanno sofferto molto. Il padre se ne è andato quando la grande aveva solo quattro anni.>>
Fece una espressione con il viso cercando di darsi ragione.
<<Vede, io non volevo rischiare di essere abbandonata da un uomo e perciò me ne sono andata io.>>
Chi colpisce per prima, colpisce due volte, pensai.
<<Alla fine ho sempre sospettato che se ne sarebbe andato. Così ho deciso di lasciare tutto e tutti per prima, non volevo dipendere da nessuno.>> Ripeté senza battere occhio con una sicurezza disarmante.
Dipendere, quanti di noi vorremmo non dover mai dipendere e invece…
Mentre mi concentravo su questi pensieri, continuò:
<<Ho cercato gli occhi dei miei figli in ogni bambino che ho cresciuto e, con il mio lavoro, ho potuto crescere anche loro (i figli). Sono tutti professionisti, sa? Hanno studiato e stanno bene. Quello che se ne è andato –a miglior vita– sta meglio di tutti noi. Vede, alla fine prima o poi tutti ti lasciano. Noi siamo soli. Ho insegnato alle mie bambine ad essere forti, a inseguire i propri sogni, a studiare ciò che le rendeva felici, ad approfittare delle possibilità che io non avevo avuto. Non ho potuto studiare ma ho viaggiato, ho scelto di venire in Europa. Ho scelto di attraversare l’oceano, ho scelto di rimanere da sola, ho scelto di crescere bambini di successo insegnando la mia lingua madre e i miei valori. Ho insegnato loro a cavarsela da soli -come me la sono cavata io- senza mai dover dipendere da nessuno. Tutti i bambini che sono cresciuti con me in questi anni mi hanno ridato la vita, vedevo attraverso il loro occhi i miei bambini, vedevo me da giovane. Vedevo i miei sogni.
E qual è il suo sogno? Le chiesi senza esitare.
Quasi sussurrando, come se fosse un segreto, disse:
<<Il mio sogno era insegnare. Sono fiera di dirle che il mio sogno si è avverato, sa? Ho insegnato ai miei bambini tutto. Ho insegnato che, anche se i genitori li dovessero abbandonare è importante non perdere mai la propria identità. “Mai abbandonare né tradire te stesso”, dicevo ogniqualvolta. È diventato il mio mantra. Una delle mie bambine ora studia medicina all’estero e non vuole sposarsi. Vuole diventare un medico di successo. Ho fatto bene il mio lavoro, non crede? Vede, non abbiamo bisogno di mariti, abbiamo bisogno di libri, abbiamo bisogno di libertà.>>
Finalmente capii perché brillava, lei era libera.
Tutti hanno bisogno di essere sé stessi ma tutti vogliono cambiarti. O no?
La risposta è lì -sempre- dentro ognuno di noi.
Joselinne Calderon (JC)