“Sono le piccole imprese la spina dorsale dell’economia lombarda” un ritornello che ormai siamo abituati ad ascoltare ma che non mette queste realtà, creative e capillari, al riparo da una brutale stretta dei cordoni del credito.
Stando agli ultimi dati disponibili – è l’allarme di Confartigianato Lombardia – l’aumento del costo del denaro, conseguenza dell’incremento dei tassi (saliti di 296 punti), si associa a una riduzione dell’ammontare del credito concesso alle imprese.
In questo contesto, le piccole attività e gli artigiani fanno più fatica, con tassi più elevati (8,04% vs 5,44% del totale imprese) sopra di 184 punti rispetto all’anno scorso e un calo dei prestiti del 9% (contro il -6,1% del totale imprese).
“L’economia della nostra Lombardia sta rallentando e, tra i fattori di maggior responsabilità, c’è il calo degli investimenti – chiarisce il Presidente di Confartigianato Lombardia, Eugenio Massetti – Le conseguenze di questa situazione sono chiare, in particolare l’affievolimento della capacità del sistema d’impresa di affrontare le transizioni in atto, da quella demografica a quella digitale fino a quella correlata al tema della sostenibilità. Com’è possibile aspettarsi dalle piccole imprese che colgano le sfide della contemporaneità senza che abbiano i mezzi per farlo?”
“Le MPI hanno sostenuto 1,8 miliardi di maggiori costi a causa dell’incremento dei tassi da giugno 2022 a settembre 2023 – ricorda il Segretario generale di Confartigianato Lombardia, Carlo Piccinato – Tale situazione, assieme a criteri di offerta più stringenti, ha comportato una minore domanda di finanziamenti destinati agli investimenti e alla flessione dei prestiti”.
Il sistema d’impresa del territorio, dove le micro e piccole realtà rappresentano il 99% e l’artigianato il 25%, ha finora spinto e trainato la ripresa post pandemia. Ciò accade nonostante il sistema di MPI, che occupa 50,2% degli addetti, ha sostenuto tra crisi energetica, caro tassi e difficoltà di reperimento del personale maggiori costi per 9,1 miliardi di euro, pari al 2,3% del valore aggiunto. Il susseguirsi della stretta monetaria e il rallentamento del commercio internazionale che si intreccia con situazioni destabilizzanti come il protrarsi della guerra in Ucraina e l’inasprimento del conflitto in Medio Oriente, hanno reso il contesto più turbolento portando diversi indicatori economici a ridurre il passo di crescita.
Il mercato del lavoro anche per il 2023 rappresenta l’indicatore più performante. Il numero di occupati resta in salita (+1,7%) seppur a minor intensità (segnava un +2,4% lo scorso anno). Le 1.092.950 entrate previste dalle imprese con dipendenti, sono 60 mila in più rispetto a quelle preventivate nello stesso periodo di un anno fa (+5,9%). Mentre persiste il problema della difficoltà di reperimento che a nel 2023 vede la quota di entrate difficili da reperire attestarsi al 45%, sopra di 4 punti rispetto a quella del 2022. Difficoltà questa, che quando si fa più complessa determinando una ricerca superiore ai sei mesi, comporta maggiori costi per le MPI pari a 2,5milioni di euro.