Intesa Sanpaolo stupisce con un super utile di 1,151 miliardi

Intesa Sanpaolo ha saputo stupire ancora una volta. Il gruppo guidato dall’amministratore delegato Carlo Messina ha chiuso il primo trimestre con un utile di 1,151 miliardi di euro, in linea con il risultato di un anno fa e soprattutto ben oltre le attese del consenso per 751 milioni di euro.  Hanno inciso minori accantonamenti sui crediti e un forte contributo dal trading. Intanto il titolo sale bene a Piazza Affari, guadagna il 2,69% a 1,41 euro per azione.

In linea generale tutte le voci sono state positive: 1,747 miliardi di margine (net interest income, attesi 1,709 miliardi), commissioni per 1,844 miliardi, settore assicurativo a 312 milioni (290 milioni attesi), trading a 994 milioni contro aspettative del consenso per 283 milioni. I ricavi per 4,882 miliardi sono a loro volta più alti di 4,142 miliardi stimati dai broker. E le svalutazioni sui crediti per 403 milioni si confrontano con attese più alte del consenso per 638 milioni di euro.

La banca conferma l’obiettivo previsto dal Piano di Impresa di un Common Equity Tier 1 ratio pro-forma a regime superiore al 13% nel 2021 e ribadisce la politica dei dividendi indicata nel piano di impresa 2018-2021, che prevede la distribuzione di un ammontare di cedole cash corrispondente a un payout ratio pari al 75% per il 2020 e al 70% per il 2021, “subordinatamente alle indicazioni che verranno fornite dalla Bce in merito alla distribuzione di dividendi successivamente al 1 ottobre”.

Intesa Sanpaolo ritiene che “le informazioni attualmente disponibili consentano di delineare le tendenze generali di uno scenario per il contesto conseguente all’epidemia da Covid-19, anche se suscettibile di evoluzioni non prevedibili, in considerazione dei significativi profili di incertezza che contraddistinguono la straordinarietà dell’evento”. Lo scenario è sintetizzabile nella previsione di un andamento del Pil dell’Italia che potrebbe registrare un calo nell’ordine dell’8-10,5% per il 2020 e una ripresa nell’ordine del 4,5-7% per il 2021.

Intesa stima che l’utile netto del gruppo possa risultare non inferiore “a 3 miliardi nel 2020 e non inferiore a 3,5 miliardi nel 2021”, assumendo un costo del rischio potenzialmente fino a circa 0,90 centesimi per il 2020 e fino a 0,70 centesimi di punto per il 2021. L’istituto conferma, inoltre, la proiezione da piano di un Common Equity Tier 1 ratio pro-forma a regime superiore al 13% nel 2021, anche considerando la potenziale distribuzione del dividendo sospeso relativo al 2019.

Nel contesto conseguente all’epidemia da Covid-19, la motivazione strategica dell’Ops su Ubi “assume ancora maggiore valenza, in particolare in considerazione delle sinergie, soprattutto di costo, nonché dell’aumento del grado di copertura dei crediti deteriorati e della riduzione dei crediti unlikely to pay e in sofferenza”. E’ quanto ribadisce Intesa Sanpaolo, che ha aggiornato la politica dei dividendi del gruppo risultante dall’operazione, prevedendo la distribuzione di un ammontare di dividendi cash corrispondente a un payout ratio pari al 75% del risultato netto per l’esercizio 2020 e al 70% per l’esercizio 2021, sempre subordinatamente alle indicazioni che verranno fornite dalla Bce in merito alla distribuzione di dividendi successivamente al 1 ottobre prossimo.

Precisando di non disporre al momento di informazioni su possibili impatti della pandemia da Covid-19 per Ubi, su cui Intesa ha lanciato a febbraio un’ops, e che i dati prospettici per Ubi derivano da previsioni di analisti finanziari, Intesa Sanpaolo stima che il gruppo risultante dall’operazione possa registrare un utile non inferiore a 5 miliardi nel 2022. Viene confermato per il gruppo post-fusione un coefficiente patrimoniale Common Equity Tier 1 ratio a regime pro-forma superiore al 13% nel 2021.

Il gruppo conta di far leva sui propri punti di forza, che risiedono in un modello diversificato, fra attività di Wealth Management & Protection e sviluppo dei prodotti assicurativi danni non-motor, gestione dei costi operativi e gestione proattiva del credito deteriorato. Per il 2020 il gruppo “può inoltre avvalersi dell’ampio cuscinetto a fronte dei possibili impatti dell’epidemia”, costituito dall’accantonamento di 300 milioni nel primo trimestre e della plusvalenza Nexi nel corso dell’anno, che consentirebbero complessivamente di assorbire 1,5 miliardi di rettifiche di valore su crediti ante imposte per l’intero esercizio. (riproduzione riservata)

fonte milano finanza