Cassazione Tributaria, crediti di imposta e Visto di conformità, quando la giustizia dà ragione all’imprenditore.

a cura dell’Avv. David Paparoni

E’ fatto notorio che l’Italia non sia il Paese ove sia più agevole svolgere l’attività di imprenditore. Ciò è di certo riconducibile a diversi fattori, in primis alla complessità della burocrazia oltre che al groviglio di norme le quali caratterizzano il nostro Ordinamento giuridico, in secondo luogo si rintraccia la problematica connessa all’interpretazione e applicazione di quella moltitudine di norme presenti in Italia, interpretazione e applicazione le quali, sovente, risultano tutt’altro che coerenti ed omogenee.

Non di rado avvocati e giudici si trovano a barcamenarsi in fattispecie di tutt’altro che agevole soluzione, ciò avviene con maggior frequenza quando ci si trova a dover affrontare fattispecie inerenti alle disposizioni tributarie.

Ebbene, da ultimo, una interessante pronuncia della Corte di Cassazione, per la precisione l’Ordinanza n° 25736 del giorno 1 settembre 2022, ha attirato l’attenzione di imprenditori ed operatori del Diritto, in particolare giudici e avvocati, ma anche di molti imprenditori operanti nel Bel Paese. Con la pronuncia in questione la Suprema Corte ha infatti riconosciuto che l’imprenditore, il quale vanti un credito IVA nei riguardi dello Stato, al fine del riconoscimento e connessa utilizzabilità di tale credito, non necessiti dell’apposizione del, cosiddetto, visto di conformità. Il visto in questione è un atto il quale, infatti, aggrava la posizione dell’imprenditore onerandolo di una ulteriore attività, ossia della richiesta, da rivolgere ad un professionista abilitato, del rilascio del menzionato visto con l’aggravio, pertanto, di ulteriori costi e oneri per l’imprenditore medesimo. Nel caso in esame la Corte ha quindi dichiarato soccombente l’Agenzia dell’Entrate, condannando quest’ultima al pagamento delle spese. La decisione in questione deriva dalla considerazione fondata sul fatto che l’imprenditore, al quale è attribuibile un credito IVA, non sia condannabile nel caso in cui non richieda, e quindi apponga, il visto di conformità, non avendo egli, in concreto, arrecato alcun danno alle casse dello Stato.

La Cassazione, pertanto, dando accoglimento al ricorso dell’imprenditore ha ridato respiro al principio secondo il quale gli errori meramente formali, ove non arrechino pregiudizio alcuno, né alle azioni di controllo degli Uffici Finanziari, né al versamento del tributo, non sono sanzionabili. Da tale vicenda nasce spontanea la riflessione circa quanti siano gli imprenditori i quali, non avendo, per una svariata moltitudine di ragioni, la possibilità di ricorrere ad un giudice, si trovino a pagare tributi o sanzioni tributarie non dovute sulla base di pretese, vantate dalla Amministrazione Finanziaria, le quali, non di rado, si rivelano poi, giunte al vaglio di un magistrato, parzialmente, o anche del tutto, errate o infondate, arrecando così un ingente danno sia alla vita dell’impresa che dell’imprenditore, quest’ultimo personalmente esposto alla gogna del fisco nostrano.

Avv David Paparoni 

Mob 3207273340