Nel periodo di lockdown si sono avvantaggiate le imprese digitalizzate anche nell’agroalimentare. L’importanza per le PMI di manager specializzati.

L’Osservatorio 4.Manager ha realizzato un monitoraggio su un campione di 11.500 imprese italiane del comparto agroalimentare, analizzando i trend di ricerca in rete, l’utilizzo da parte delle imprese di strumenti di comunicazione e commercio digitali.

I prodotti agroalimentari sono necessari a tutta la popolazione ed i volumi di vendita non solo non cambieranno ma addirittura potranno subire variazioni in positivo, in relazione alle dinamiche di consumo innescate dalla situazione di attuale emergenza.

Ciononostante, solo il 18,1% delle imprese agroalimentari monitorate possiede un sito internet aziendale, di questa percentuale il 12,2% possiede una e-mail dedicata alle vendite e il 16,5% possiede un proprio canale di e-commerce.

La filiera agroalimentare italiana non può esimersi dall’utilizzo dei canali online, in quanto, nel prossimo futuro, non avere una presenza sulle principali piattaforme e canali digitali potrebbe tradursi nel perdere una parte significativa del mercato dei consumatori.

“Oggi – dichiara Fulvio D’Alvia Direttore Generale di 4.Manager – l’importanza del commercio online non può più essere sottovalutata.  A fare un “salto” di competitività sono chiamate in primo luogo le PMI, che dovranno strutturaree differenziare il proprio business e dotarsi di competenze specialistichesoprattutto manageriali, con figure quali l’E-commerce Manager e il Supply Chain Manager“.

Nel periodo di lockdown sono esplosi i volumi di ricerca con query legate a spesa/consegna a domicilio, in particolare in Lombardia, Piemonte ed Emilia Romagna, le regioni maggiormente colpite.

Le aziende in possesso di un sito internet sono localizzate principalmente nel Nord. In particolare, il 45,0% delle aziende agroalimentari del Trentino-Alto Adige possiede un sito mentre è diametralmente opposta la situazione al meridione con la minor presenza di siti aziendali in Sicilia (10,2%) e Calabria (9,2%).

Andando ad esaminare la presenza di funzioni di e-commerce all’interno dei siti aziendali emerge che queste sono percentualmente più presenti nelle regioni del Sud Italia: Calabria (26,7%), Puglia (22,9%), Basilicata (22,4%) e Sicilia (22,2%), mentre le regioni con minor presenza di canali e-commerce sono Emilia Romagna (12,1%) e Lombardia (10,3%). Quindi se da un lato al Nord è in assoluto più diffusa la presenza di siti Internet aziendali, al Sud è percentualmente maggiore la presenza di canali di e-commerce sui siti attivi.

Se si stima che la pandemia generata dal Covid-19 implementerà l’utilizzo dei canali di acquisto online, diviene necessario capire se e come le aziende italiane siano pronte a fronteggiare tale esigenza e, ove necessario, quali competenze a supporto delle stesse potrebbero risultare strategiche.La discriminante maggiore nell’utilizzo del commercio elettronico è rappresentata dalla dimensione aziendale.

Sono le aziende dai 10 ai 49 dipendenti e le aziende dai 50 ai 99 dipendenti a essere significativamente meno presenti nel commercio online (rispettivamente 7,7% e 17,9%), distaccandosi nettamente dalle imprese manifatturiere con più di 250 addetti (48,1%).

La fotografia mostra come siano le PMI a fare maggior fatica nell’adottare strumenti digitali di vendita.

L’e-commerce è uno strumento capace di abbattere le barriere di esportazioni e importazioni, ed è inoltre un canale in grado di sorreggere le vendite anche in situazioni critiche come quella appena vissuta.

Per potersi avvalere dei benefici dell’e-commerce, le PMI dovrebbero coniugare impegno infrastrutturale e attuazione di strategie relative a usabilità e servizi, funzionali anche ad attirare quella parte di consumatori che ancora effettua acquisti e ordini online con poca frequenza.