Eleganze barocche – Isabelle de Borchgrave nella Casa Museo Paolo e Carolina Zani a Cellatica, inaugurazione venerdì 27.

Dal 27 gennaio al 30 aprile 2023 la Casa Museo Paolo e Carolina Zani a Cellatica, nel cuore della Franciacorta (Bs), propone una mostra ispirata al tema arte e moda nel Settecento, esponendo le spettacolari creazioni dell’artista Isabelle de Borchgrave (Bruxelles, 1946).
Una delle più affascinanti artiste contemporanee entra nella Casa Museo della Fondazione Paolo e Carolina Zani con abiti e creazioni vestimentarie che instaurano un ideale dialogo tra arte e moda. Le opere dell’artista belga non sono costumi teatrali o semplici riproduzioni di abiti storici, ma autentiche sculture realizzate interamente in carta che celebrano l’eleganza e lo stile del Settecento europeo, di cui la Casa Museo conserva vere e proprie eccellenze storico artistiche. Le creazioni della Borchgrave dialogano naturalmente con gli ambienti e con parte della collezione Zani, così, tra gli abiti e gli accessori di moda ispirati a Madame de Pompadour e a Maria Antonietta, le tele di Boucher, Canaletto, Guardi e gli arredi esposti nel percorso permanente della Casa Museo, si instaura una sottile liaison, evocativa di un’eleganza fastosa e irripetibile, quella che sedusse le corti di tutta Europa nel corso del XVIII secolo.

I cinque abiti scultura esposti all’interno del percorso museale nascono dal lavoro raffinato dell’artista belga che taglia, piega, dipinge, stropiccia, increspa, plissetta e ritorce minuziosamente semplici fogli di carta. Attimo dopo attimo la materia si trasforma tra le sue mani, assumendo l’aspetto di broccati, rasi, pizzi, merletti, trine, passamanerie… rivelando così, un’anima del tutto inedita.

All’interno della prima sala espositiva intitolata a Canaletto, il segno artistico della Borchgrave si ravvisa in una robe à la française bianca e azzurra e in due paia di scarpine dalla foggia rococò, esposte sulle panche architettoniche romane della metà del Settecento. La robe à la française, di ispirazione Pompadour, è collocata accanto ad un quadro di François Boucher (1703-1770) – il “primo pittore del re”, protetto dalla favorita del re Luigi XV, la marchesa di Pompadour – e a due cigni in bronzo dorato, parte di una serie di otto pezzi realizzati intorno al 1755 su disegno di Lazare Duvaux (1703-1758) per la stessa Madame de Pompadour.

Le scarpine barocche francesi bianche e azzurre, accessorie alla robe à la française, presentano la classica fibbia circolare e la tomaia impreziosita da ricami floreali, in cui, la sapiente lavorazione della carta rievoca il fasto del broccato più fantasioso. La ciabattina bianca con ricami policromi floreali ricalca invece la classica foggia della calzatura da “boudoir”, indossata quasi esclusivamente negli interni per la facilità con cui veniva sfilata dal piede.

Nella sala delle temporary exhibition svetta una creazione assoluta, in cui la Borchgrave dà sfoggio di tutta la sua maestria tecnica e stilistica, ottenendo da semplici fogli di carta un effetto di morbidissima seta: una robe à la française con ampi panier laterali, una novità del rococò francese, che, come il guardinfante spagnolo, sosteneva l’ingombro di stoffa avvolgendo la silhouette con una struttura ovaliforme di cerchi in vimini e ossi di balena legati da fiocchi e nastri, riempiti con rotoli di seta o lana. Queste vere e proprie architetture per la sospensione si allargarono sempre di più nel corso del Settecento, come è ben documentato in questo abito scultura dell’artista belga, la cui foggia richiama modelli di corte del 1760 circa. Le maniche di questa preziosa creazione sono invece corte, fino al gomito, ma cascanti e svolazzanti fino al polso per mezzo di manezzini e manichetti, engageantes, mentre l’ampia bordura e l’orlo della sopravveste e della gonna risultano riccamente drappeggiati.

Nel salone dell’Ottagono, tra arredi barocchi, coralli trapanesi e una serie di tele del vedutismo lagunare, il visitatore può ammirare una robe à la polonaise, un vero e proprio giardino fiorito in movimento, certamente una veste informale da passeggio, priva di panier, ma sostenuta da una tournure posteriore, che gonfia e solleva la figura. Il pattern di questa creazione in carta di Isabelle è ripreso dalla Robe à l’anglaise con chinoiserie del 1785 circa, oggi al Kyoto Costume Institute, mentre la foggia (polonaise) è ispirata a Le Bal Paré, incisione del 1774 di Antoine-Jean Duclos (1742-1795), da un’invenzione di Augustin de Saint-Aubin (1736-1807).

Questa creazione della Borchgrave, seppur ispirata alla cultura vestimentaria francese della seconda metà del Settecento, dialoga in perfetta armonia con un capolavoro del vedutismo veneziano: Villa Loredan a Paese, l’ultima tela di Francesco Guardi giunta nella collezione Zani nel 2018, opera tra le più alte della produzione del grande pittore, databile intorno al 1780 e oggi collocata sopra il camino del salone. Guardi inserisce nel paesaggio gentildonne e gentiluomini vestiti secondo la moda francese del periodo, diffusa in tutta Europa. Il fruscio delle sete degli abiti mossi da una leggera brezza e il movimento delle figurette che incedono verso la villa palladiana in un pomeriggio assolato, sono infatti emblematici della nuova estetica francese tardo settecentesca, che per le signore prevedeva anche a Venezia la linea del corpetto e la gonna arricchite dal fasto degli ornamenti su orlo, cuciture ed asole, una stratificazione di complementi di moda, il corpino steccato, le maniche corte fino al gomito e la gonna aperta a triangolo sulla sottoveste, il cui orlo inferiore, bas de robe, appariva solitamente drappeggiato.

Il tema dell’Oriente, assai caro a tutta la cultura occidentale nel XVIII secolo, è invece centrale nel guardaroba della Casa Museo, in cui una creazione sartoriale in carta della Borchgrave diviene l’assoluta protagonista della scena. Le ante del paravento cinese in lacca coromandel della metà del XVII secolo fungono da sfondo perfetto per un prezioso e colorato Kimono, i cui decori, resi su una carta che sembra seta luccicante, dialogano direttamente con le pagode, le scene di vita e i motivi floreali impressi sul legno delle ante.
L’omaggio a Venezia è riservato al finale dell’esposizione dove, nella camera del Ridotto, circondata da arredi veneziani e da una serie di tele dipinte da Pietro Longhi intorno alla metà del XVIII secolo, è collocata una robe veneziana, concepita come una delicata andrienne sostenuta da panier, in cui la carta è trattata come velluto a coste, unito sulle maniche e operato sulla veste, ispirato a quei modelli che resero celebre la produzione tessile lagunare. Una superficie in cui la rigidità della carta si fa morbidissima, come un prezioso velluto operato veneziano, impreziosito da fili d’oro e da merletti a cascata che incorniciano le strette maniche e gli ampi paramano risvoltati.

Quelle della Borchgrave sono così presenze silenziose in carta che animano il percorso espositivo negli ambienti suggestivi e fuori dal tempo della Casa Museo, in cui i temi centrali che compongono la sua collezione permanente -Venezia e la Francia del XVIII secolo, l’Oriente, insieme alla Roma barocca- vengono riproposti con un nuovo punto di vista: quello di un’artista che ha trasformato la materia magica della carta in pura seduzione.