Storie di Vita

Introduzione
Molte persone tacciono. Si nascondono dietro la quotidianità senza fermarsi mai. Poi, all’improvviso, si ritrovano a 70 anni a chiedersi: cosa ho fatto della mia vita? E iniziano a ricordare. Si dice che ricordare è vivere due volte.

In questo spazio racconterò i ricordi di vita di migranti. I loro successi e le loro sconfitte. Le difficoltà trovate in un paese straniero che poi è diventato –per forza– la loro casa.
Non racconterò soltanto ricordi, ma storie di quotidianità e successo, di tristezza e solitudine, di vittorie e sconfitte, ma soprattutto gli errori commessi da chi non è lucido dovuto ai tanti problemi da affrontare, affinché possiate imparare da essi, prendere consapevolezza –come ho fatto io negli anni– e tentare di non ripeterli ma pensarli come Storie di Vita che Insegnano.

 Capitolo primo

Uno sguardo fisso su di me, un sorriso e qualche riga sul viso, segno dell’età che avanza.
Risposi con dolcezza a quel sorriso e le chiesi da quanto tempo vivesse a Milano.
M. rispose: <<Da molti, tanti che ho perso il conto.>>

Le chiesi della sua famiglia.

<<Vivo da sola, lavoro come collaboratrice domestica e sono fissa, ho trovato questa famiglia che mi tratta bene.>> Pensai che questo è il minimo che debba aspettarsi un essere umano. Essere trattato bene e con rispetto qualunque lavoro svolga e dovunque si trovi. Essere riconosciti e ringraziati.
M. continuò con il suo racconto <<Io sono una persona molto precisa, non si immagina come ho trovato quella casa, la signora che c’era prima (non scriverò la nazionalità per non generalizzare né causare polemica) teneva tutto molto sporco, non faceva niente in casa, così ho sistemato e pulito a fondo, io ero solo in sostituzione ma poi, vedendo quello che ho fatto, hanno licenziato l’altra signora e hanno assunto me. Ma ci crede? Chi se ne va al suo paese lasciando per quattro mesi il lavoro? Io capisco uno o due mesi, ma quattro no, per forza che poi si perde il lavoro>>.
M. guardò verso il basso nostalgica, vidi le sue mani che mi rimasero impresse. Notai una fede d’oro giallo alla sua mano sinistra, ma non osai chiederle di suo marito perché mi aveva accennato essere da sola. Mi guardò attentamente e mi chiese: <<Lei di dove è?>>

Le risposi che sono della capitale ma che sapevo bene di non assomigliare ai miei connazionali oriundi di quella città.

<<Adoro il freddo sa? Mio marito l’ho conosciuto in una città fredda. Ci siamo sposati tantissimi anni fa, ma lui faceva il corriere del municipio e non voleva raggiungermi qui>> M. aveva uno sguardo luminoso, un luccichio speciale che mi colpì. <<Ha fatto tutte le pratiche del divorzio di nascosto, sa? Ora risulto divorziata, lui ha sposato un’altra donna e l’ha portata a vivere a casa mia. A volte vorrei cacciare lui e la donna con la quale mi ha rimpiazzata, ma non lo faccio perché mi dispiace molto per lui.>>

Rimasi stizzita. Non risposi. La guardai soltanto cercando di capire se quel racconto la ferisse o le facesse sentire una dea.

M.sorrise, mi guardò negli occhi e disse: <<Mia figlia vive in quella casa e i miei nipotini vogliono avere vicino il nonno, chiedono sempre del nonno, non potevo cacciarlo! >>

 Per amore dei figli si accetta tutto, dicono.

 E voi, lascereste un lavoro per più di due mesi pensando di poter tornare e ritrovarlo?
Continuereste a mantenere chi vi ha ferito per amore dei figli?

La risposta è lì –sempre- dentro ognuno di noi.

 Joselinne Calderón (JC)