Ritorna il grande jazz dell’Atelier Musicale in Camera del Lavoro

Ritorna l’Atelier Musicale, la rassegna organizzata dall’associazione culturale Secondo Maggio: per aprire la seconda parte della XXX stagione, gli organizzatori hanno invitato sabato 25 gennaio, alla Camera del Lavoro di Milano, un duo inedito per il capoluogo lombardo, costituito dal pianista Antonio Faraò e dal clarinettista e sassofonista Mauro Negri (inizio live ore 17.30; ingresso 10 euro con tessera associativa di 5/10 euro).
L’incontro fra Faraò e Negri è stato intitolato “Nel segno del jazz” per evidenziare il rapporto con un pensiero che sta tutto all’interno del linguaggio jazzistico, pur nella varietà delle composizioni, e che lascia emergere la radice comune a entrambi i musicisti, cioè quella parte del jazz anni Sessanta che ha nel quartetto storico di John Coltrane e nel secondo quintetto di Miles Davis i principali punti di riferimento.
Ciò significa che lo stesso Coltrane e anche Shorter sono un’importante ispirazione per Negri, mentre McCoy Tyner ed Herbie Hancock lo sono per il pianista, ma pure che dietro a questi strumentisti c’è un progetto che risponde a un pensiero espressivo ben preciso, con cui venivano scardinate le strutture del passato, proponendo una nuova configurazione della musica, una maniera diversa di suonare insieme, nella quale l’interplay si manifesta con maggiore libertà.
Una lezione di cui i protagonisti di questo concerto hanno fatto tesoro, ma che hanno poi sviluppato all’interno di un linguaggio contemporaneo, nel quale troviamo nuovi elementi armonici, suggestioni melodiche inedite e un feeling che risente dei tempi in cui viviamo, ben diversi dagli anni Sessanta.
La comunanza di questi influssi basterebbe a farci comprendere quanto profonde siano le affinità tra questi due musicisti. Altri aspetti li uniscono, rafforzando la nostra consapevolezza di trovarci di fronte a due jazzisti del tutto compatibili. Per esempio, Faraò e Negri sono accomunati anche dal non comune virtuosismo strumentale, che raggiunge livelli di assoluto rilievo ed è maturato nel tempo attraverso uno studio e una pratica incessanti, mai rivolti però alla ricerca di un’esteriorità di tratto in grado di sorprendere per l’agilità delle frasi o i funambolismi tecnici, bensì orientati verso la ricerca di un’espressione che deve essere chiara e completa.
Inoltre, Faraò e Negri vantano un’approfondita conoscenza della musica della tradizione eurocolta, che ha ampliato le loro competenze e le loro possibilità creative.
Infine, sono stati entrambi dei veri e propri enfant prodige, ma di quelli che il talento l’hanno poi trasformato in autentica arte.
Con queste premesse non ci dobbiamo stupire se Antonio Faraò, che il 19 gennaio scorso ha festeggiato i suoi sessant’anni, di cui quasi cinquanta passati sul palcoscenico, è diventato uno dei pianisti di maggior rilievo del panorama nazionale e internazionale del jazz, come dimostra la sua ampia discografia, costellata di partnership di assoluto rilievo. Al suo fianco hanno infatti inciso artisti del calibro di Jack De Johnette, Chris Potter, Joe Lovano, André Ceccarelli, Didier Lockwood, Chico Freeman e Franco Ambrosetti tra i tanti, aderendo con convinzione alle proposte musicali del pianista. Inoltre, Faraò vanta la vittoria, nel 1998, del più prestigioso concorso internazionale di piano jazz: il Concorso Martial Solal-Grand Prix de la Ville de Paris, presieduto dal grande maestro del piano jazz francese, recentemente scomparso a novantasette anni, e con una giuria composta di personalità di assoluto livello internazionale. La sua musica, inizialmente basata su un vertiginoso gioco improvvisativo, sostenuto da un senso del tempo trascinante e da una concezione ritmica fondata sullo swing aggressivo delle sue principali influenze, ha poi trovato sempre più una dimensione lirica, capace di smussare gli angoli e dare prospettive diverse al suo mondo sonoro. I dischi dedicati a Pier Paolo Pasolini e alla musica di Armando Trovajoli confermano questi tratti, svelando originali colori e atmosfere, laddove, non a caso, la scelta dei partner si è rivolta sempre più a musicisti di area continentale.
Mauro Negri è uno dei clarinettisti e sassofonisti italiani più conosciuti nella scena europea. Di un anno più giovane di Faraò, Negri ha compiuto gli studi classici avvicinandosi nel contempo al jazz, ottenendo presto significativi risultati con il gruppo Trapezomantilo, un quartetto dall’organico cameristico con il quale, nel 1991, ha vinto il Jazz Contest organizzato da Musica Oggi. L’anno successivo ha poi ottenuto la sua consacrazione nel Top Jazz di Musica Jazz, finendo primo nella classifica dei migliori nuovi talenti nazionali. La sua carriera artistica si è sviluppata attraverso una forte progettualità che lo ha portato a guidare diverse formazioni, ma anche a collaborare con numerosi artisti di primissimo piano della scena nazionale e internazionale, da Richard Galliano a Kenny Wheeler, da Billy Cobham a Lee Konitz, da Enrico Rava a Paolo Fresu, da Furio Di Castri a Franco D’Andrea, senza dimenticare Gato Barbieri, Enrico Intra, Tullio De Piscopo, Enrico Pieranunzi, Franco Cerri e Giorgio Gaslini. Ha fatto parte del quartetto del batterista Aldo Romano e la critica francese lo ha definito “colui che ha dato un colpo di vecchio a tutti i clarinettisti”, sottolineando il suo stile modernissimo, dai molteplici riferimenti culturali, nel quale, però, la tradizione continua ad agire sotterraneamente. Per oltre due anni è stato poi primo sax alto e clarinettista della più prestigiosa big band europea dell’ultimo trentennio, la Vienna Art Orchestra. Strumentista eccelso, se sul clarinetto porta il retaggio del mondo classico, soprattutto contemporaneo, come sassofonista guarda alla lezione di John Coltrane e del grande jazz degli anni Sessanta, trasformandola all’interno di un fraseggio attuale, intenso e swingante. Dagli anni Duemila affianca all’attività concertistica quella didattica, che lo ha portato a dirigere il Dipartimento Jazz del Conservatorio di Mantova.
 
Questo originale concerto presenta quindi un incontro da realizzare sul terreno intimo e riflessivo del dialogo a due, senza sezione ritmica, con al centro (oltre al celebre Footprints) le composizioni di Faraò, che formano un panorama molto articolato. Infatti, i temi del pianista sono a volte semplici, ma ben definiti, spunti meloritmici, altrove hanno invece il respiro delle composizioni più costruite, svelano aspetti di forte dinamicità e situazioni più distese, di autentico lirismo, permettendo alla conversazione musicale di trovare diversi accenti e direzioni espressive. L’arte del duo, nel jazz, è in fondo proprio questa capacità di muoversi liberamente affrontando argomenti eterogenei in un contesto di assoluta parità, nel quale il concetto di assolo accompagnato viene sostituito da quello, ben più fecondo, del gioco a domanda e risposta con il continuo intrecciarsi delle voci.
La storia di questa musica risale agli anni venti, quando Armstrong duettava con Earl Hines in “Weather Bird”, per poi proiettarci a fine anni Trenta/inizio anni Quaranta con le sublimi pagine incise da Duke Ellington insieme al contrabbassista Jimmy Blanton e, via via, sino agli anni Sessanta e Settanta, passando per molte significative registrazioni che escono dalla logica degli assoli reciprocamente sostenuti per coinvolgerci in un discorso musicale assolutamente paritario. Lee Konitz e Billy Bauer, John Coltrane e Rashied Ali o Elvin Jones, Charles Mingus e Max Roach sono altrettanti simboli (ma potremmo aggiungerne molti altri) di quel modo di concepire l’arte del duetto nel percorso del jazz. Poi, dagli anni Settanta, in particolare grazie al jazz europeo e all’AACM di Chicago, il duo è diventato sempre più un terreno espressivo ampiamente frequentato, coinvolgendo ogni possibile tipo di combinazione strumentale, divenendo tanto ricco e variegato quanto le linee, le tendenze del jazz, sempre più aperto all’incontro con molteplici universi espressivi, principalmente non statunitensi.
Faraò e Negri proseguono questa lunga e feconda strada, confrontandosi con quella parte della tradizione del duo jazzistico che rimane ancorata alle fondamenta del suo linguaggio moderno, sfruttando la varietà dei brani per trovare assetti cangianti e raccontarci sempre una storia nuova. Un concerto che contribuisce alla filosofia dell’incontro in musica che da trent’anni fa parte della programmazione dell’Atelier Musicale.
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ATELIER MUSICALE – XXX stagione
Sabato 25 gennaio 2025, ore 17.30
Faraò-Negri duo
Nel segno del jazz
Antonio Faraò (pianoforte), Mauro Negri (clarinetto, sassofoni).

 

Programma:
A. Faraò: Around, Freeman, My Sweetest, Right On, Theme for Bond;
W. Shorter: Footprints.

 

Introduce Maurizio Franco.

 

Dove: Camera del Lavoro, auditorium G. Di Vittorio, corso di Porta Vittoria 43, Milano.
 On line: www.secondomaggio.org

Ingresso: biglietto (10 euro) con tessera ordinaria (5 euro) o di sostegno (10 euro).
Per informazioni: 3483591215; email: secondomaggio@alice.it; eury@iol.it
Direzione e coordinamento artistico: Giuseppe Garbarino e Maurizio Franco.
Organizzazione: associazione culturale Secondo Maggio.
Presidente: Gianni Bombaci; vicepresidente: Enrico Intra.