Duemiladiciannove, l’anno delle incertezze in economia proietta la sua ombra anche sul 2020. E il coronavirus cinese rappresenta un fattore negativo sulle prospettive di sviluppo dell’Italia e del mondo.
E’ l’ estrema sintesi del XXIV Rapporto sull’economia globale e l’Italia dal titolo “Il Tempo delle Incertezze”, promosso dal Centro Einaudi e Ubi Banca e pubblicato da Guerini e Associati, presentato dal suo curatore Mario Deaglio, economista e professore emerito di Economia Internazionale all’Università di Torino, ad Assolombarda di Milano.
Un Rapporto che si propone come punto di partenza per una rilettura critica degli ultimi dodici, densissimi mesi: l’Europa e l’Italia, gli Stati Uniti di Trump e la Cina di Xi, un Medio Oriente tornato ad alta tensione, il lavoro, il capitale e i nuovi volti del capitalismo, l’impatto sul clima. Un tentativo di fornire angolature diverse, con chiavi di lettura differenti da quelle del giorno per giorno, per una analisi e una riflessione di dati e avvenimenti in un mondo di risorse che si restringono e di incertezze che si allargano, per contribuire alla difficile ricerca di nuove soluzioni, per nuovi (e vecchi) problemi.
A spiegarlo, con Deaglio, Carlo Bonomi, Presidente Assolombarda e Letizia Moratti, Presidente Consiglio di Gestione UBI Banca (indirizzi di saluto); Beppe Facchetti, Presidente Centro Einaudi (introduzione); Sonia Bonfiglioli Presidente Bonfiglioli Group, Brunello Cucinelli Presidente e Amministratore Delegato Brunello Cucinelli, Andrea Guerra Presidente Esecutivo Eataly, Victor Massiah, Consigliere Delegato UBI Banca (discussione); Michele Renzulli, Capo Redattore Economia TG1 (moderatore).
Il coronavirus è solo uno dei fattori di incertezza che hanno messo in discussione i punti fermi su cui si basa l’economia mondiale e il rallentamento a cui si sta assistendo ne è la diretta conseguenza. Tanti i fattori scatenanti, spesso di natura non economica: tra questi, il cambiamento climatico ma anche un “incattivimento globale” che ha destabilizzato la società a livello internazionale.
Deaglio si è soffermato sull’epidemia scoppiata a Wuhan – un distretto grande come la Lombardia – in quanto “la Cina è oggi il vero polo dell’economia mondiale, se si ferma non abbiamo idea di cosa succederà”. Primo possibile impatto sul turismo perché, senza i turisti cinesi, il settore, specie in Italia, rischia una battuta d’arresto. Senza contare l’effetto panico che potrebbe indurre i turisti di altri Paesi a ridurre i voli.
Poi, le tensioni geopolitiche, a partire dall’Europa dove non c’è solo l’incognita Brexit. Altri tasselli, la guerra tra sunniti e sciiti in Medio Oriente; America Latina e India sempre più instabili; i dazi, voluti da Trump che “iniziano ad avere un peso importante”. “Non meraviglia quindi che la globalizzazione, intesa come il rapporto tra esportazioni mondiali e Pil mondiale, non cresca più – ha evidenziato l’economista confermando una situazione in lento peggioramento dal 2017 – e anche “le stesse proiezioni sul Pil sono ormai atti di fede visto che sono stati rivisti già due volte”.
E poi, tra i fattori di rischio, il “disordine climatico” con la scarsità di investimenti ecologici per una più generale diminuzione degli investimenti, a sua volta, causa ed effetto, della frenata globale. Fattori non economici hanno inoltre contribuito a creare il clima di incertezza; la crisi delle grandi religioni, a iniziare dalle guerre intestine alla Chiesa Cattolica, delle ideologie, ma anche quello che Deaglio ha definito il “risentimento degli esclusi”, citando un aumento dei suicidi nella classe media americana. Risentimento o “microcattiveria”, che parte dall’ostilità dei genitori verso gli insegnati, passando per le fake news, i vandalismi e i comportamenti indisciplinati nel traffico. Infine, la mancanza di identità: secondo una ricerca Neodemos, oltre un miliardo di persone su sette non ha un’identità riconosciuta e comprovata.
Fondamentale il ruolo degli Stati Uniti che hanno visto un aumento del Pil reale al 109.7 nel 2019, ma con all’interno di una situazione economica poco rassicurante. Non convince, secondo il Rapporto, il fatto che l’aumento dei profitti delle imprese sia legato più alla diminuzione delle imposte che a una produttività reale. E la capitalizzazione della Borsa è raddoppiata perché le stesse imprese si sono comprate le proprie azioni invece che investire”.
Tutto ciò ha portato a un parziale stallo nella crescita del Pil, tanto che si teme che l’artificio messo in atto da Trump sia solo temporaneo e che possa invece nascondere una situazione più complessa. Prova ne è, secondo il rapporto, l’andamento dei debiti delle società non finanziarie, i prestiti per le auto e il credito al consumo che sono aumentati in misura maggiore rispetto al Pil.
In una situazione così complessa, l’Europa sembra aver trovato una via di fuga nei nuovi accordi commerciali, tra cui spicca il CETA e quello col Giappone che, da solo, aprirebbe una zona commerciale che copre quasi un terzo del Pil mondiale, ma anche quelli che sono in corso di trattativa, specie con la Cina.
Sul fronte lavoro, infine, il vero pericolo è dato da un uso di dati ormai non più aderenti alla realtà, per cui “un rider che lavora 5 ore a settimana risulta occupato come un chirurgo che ne lavora 50. I principali indicatori sono obsoleti e i dati sono di difficile interpretazione”.
In sostanza. Fino alle elezioni americane di novembre non ci dovrebbero essere scossoni sull’economia globale e quindi su quella italiana, se non si verificano altri problemi esogeni come il coronavirus. Poi si vedrà.