Depressione e Covid-19: i risvolti economici della pandemia causeranno sino a 200 mila persone depresse in più.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità ritiene che l’emergenza Coronavirus riguardi anche la salute mentale. L’emergenza sanitaria prolunga la sua ombra sul benessere psicologico delle persone, con effetti a breve e a lungo termine i cui esiti si potranno vedere anche nei prossimi anni”, spiega Claudio Mencacci, Direttore Dipartimento Neuroscienze e Salute Mentale, ASST Fatebenefratelli-Sacco, Milano. “Nell’arco di qualche mese si è verificato, infatti, un aumento dei sintomi depressivi nella popolazione a causa della concomitanza di più fattori di rischio quali distanziamento sociale, solitudine, paura del contagio ed evitamento, ma prevediamo anche una crescita delle depressioni dovuta da un lato alle conseguenze di una serie di lutti complicati e dall’altro dall’imminente crisi economica. Basso reddito e aumento della disoccupazione determineranno, secondo diversi studi, un rischio 2-3 volte superiore di ammalarsi. In particolare, la disoccupazione generata dalla crisi economica potrebbe determinare un aumento dai 150-200.000 casi di depressione, pari al 7% delle persone depresse. Con queste prospettive il numero di depressi si appresta a raggiungere quello di malati di diabete in Italia, con un maggior impatto della depressione sia a livello economico sia sulla qualità di vita”.

La depressione è riconosciuta dall’OMS come prima causa di disabilità a livello mondiale e riguarda circa 3 milioni di italiani, di cui circa 1 milione soffre della forma più grave, la depressione maggiore.

Da una stima dei dati Istat, oltre 150.000 persone soffrono di depressione maggiore in Lombardia. Tra questi 21.000 non rispondono ai trattamenti, secondo la rielaborazione su base regionale dei dati dello studio epidemiologico italiano Dory, volto a identificare i pazienti affetti da depressione resistente attraverso un’analisi di database amministrativi.

In tale contesto, Istituzioni e rappresentati locali a livello medico, assistenziale e sociale si sono confrontati, in modalità virtuale, su come affrontare più efficacemente la malattia, superare lo stigma associato alla depressione, facilitare l’accesso alla diagnosi e alle cure più appropriate. Questa tappa lombarda ospita una delle otto tavole rotonde organizzate da Fondazione Onda, Osservatorio nazionale sulla salute della donna e di genere, che fanno parte del percorso di sensibilizzazione “Uscire dall’ombra della depressione”, un’occasione istituzionale volta non solo alla presentazione del Manifesto Uscire dall’ombra della depressione, ma anche del Libro bianco sulla salute mentale in Italia. L’iniziativa gode del patrocinio di Regione Lombardia, delle società scientifiche SIP – Società Italiana di Psichiatria e SINPF – Società Italiana di Neuropsicofarmacologia, di Cittadinanzattiva e Progetto Itaca, ed è stata organizzata con contributo incondizionato di Janssen Italia.

Questo disturbo psichiatrico, inoltre, ha un forte impatto sulla qualità della vita e sui costi sanitari e sociali che risultano molto elevati. “I costi diretti non sono l’unico tassello da tenere in considerazione se si vuole cogliere appieno il peso economico e sociale di questa patologia. I costi indiretti (sociali e previdenziali) la fanno da padrone rappresentando il 70% del totale dei costi della malattia”, dice Francesco Saverio Mennini, Professore di Economia Sanitaria e Direttore del EEHTA del CEIS dell’Università degli Studi di Roma Tor Vergata. “Basti pensare ai costi previdenziali legati all’elevato numero di giorni di assenza dal lavoro causato dalla depressione maggiore, alla perdita di produttività legata al presenteismo. Visto l’incremento previsto del numero delle persone con depressione in seguito alla pandemia di Covid-19, il peso economico della malattia è destinato ad aumentare”.

Anche il costo legato agli assegni ordinari di invalidità e alle pensioni di inabilità, che si aggira intorno ai 106 milioni di euro, pari a 9.500 euro annui a beneficiario, rientra tra i costi indiretti legati alla malattia. In Lombardia, secondo un’analisi dell’EEHTA del CEIS (Economic Evaluation and HTA CEIS) basata su dati del 2015, tali prestazioni di invalidità previdenziale vengono concesse a 1,3 persone con depressione maggiore ogni 100.000 abitanti. Analizzando la situazione per provincia, a Cremona sono state accolte 2,8 domande di invalidità previdenziale, a cui segue Como con 2,7, Varese con 1,8, Mantova con 1,5, Bergamo con 1,4, Pavia con 1,1, Milano e Brescia con 1,0 e infine Sondrio con 0,0 ogni 100.000 abitanti. “Questi dati testimoniano che stiamo parlando di una malattia fortemente invalidante, che impatta in maniera significativa sulla vita dei pazienti e della società, da molteplici punti di vista”, prosegue Mennini. “Gestire il paziente in una fase precoce della malattia consente non solo un miglioramento della sua qualità di vita, ma anche una riduzione dell’impatto dei costi per il sistema sanitario e sociale”.

“Questa serie di incontri rientra nel percorso intrapreso da Onda nel 2019 per accendere i riflettori sul tema della depressione”, commenta Francesca Merzagora, Presidente Fondazione Onda, Osservatorio nazionale sulla salute della donna e di genere. “Ad aprile 2019 è stato presentato alla Camera dei deputati il Manifesto ‘Uscire dall’ombra della depressione’ che propone una call to action in dieci punti per la prevenzione mirata e un accesso tempestivo e facilitato ai percorsi di diagnosi e cura. Il nostro impegno si è poi spostato a livello territoriale con l’organizzazione di otto tavole rotonde regionali, che, a causa dell’emergenza sanitaria nazionale, sono state riorganizzate in forma virtuale proprio a partire dalla Lombardia. Dopo aver fatto tappa in Campania e Lazio raggiungeranno presto Sicilia, Piemonte, Veneto, Puglia, Emilia Romagna. L’obiettivo che ci proponiamo è declinare i dieci punti del Manifesto a livello regionale, facilitare la costituzione di gruppi inter-consigliari, superare lo stigma nei confronti di questa patologia e migliorare l’accesso alle cure, a beneficio della qualità di vita dei pazienti che soffrono di depressione. Azioni che si sono rese più necessarie dopo il lockdown e il distanziamento forzato”.

“Janssen è impegnata da oltre 60 anni nel campo della salute mentale. In questi decenni, abbiamo sviluppato ben 2 molecole ritenute fondamentali dall’OMS per il trattamento della schizofrenia e abbiamo lavorato sul fronte della ricerca e sviluppo per mettere a disposizione soluzioni farmacologiche sempre più innovative per molte patologie mentali tra cui la depressione”, dichiara Massimo Scaccabarozzi, Presidente e Amministratore Delegato di Janssen Italia, l’azienda farmaceutica del Gruppo Johnson&Johnson, che ha sostenuto l’iniziativa. “La nostra presenza qui oggi rappresenta il segnale concreto del nostro impegno nel supportare momenti di confronto costruttivo tra tutti gli attori coinvolti, particolarmente in un momento critico come quello che stiamo vivendo da mesi. Un impegno passato presente e futuro, accanto alle persone che soffrono di depressione e ai loro familiari”.