Le leggi che disciplinano il CBD in Italia e nel resto dell’Europa: facciamo il punto della situazione

Normativa italiana ed europea sul cannabidiolo: in che modo è disciplinata la produzione e la compravendita del CBD?

Di fronte al moltiplicarsi delle attività dedicate al CBD, ormai operative anche online come i tanti shop di hashish legale e di altri simili prodotti presenti sul web, lo spettatore medio sarebbe spinto a pensare che la produzione e la vendita di cannabidiolo sia completamente libera in Italia così come in Europa.

Eppure, in tanti tra i più prudenti continuano a sostenere che, in realtà, la situazione normativa non sia poi così permissiva.

Poiché questo tema imperversa da anni ormai, abbiamo deciso di dedicare ad esso il seguente articolo nel quale cercheremo di fare luce sulle leggi che disciplinano il CBD in Italia e a livello europeo.

Una rapida panoramica sul CBD

In passato il CBD (cannabidiolo) è stato spesso trascurato dalla ricerca in favore del THC, la molecola responsabile degli effetti psicoattivi della cannabis.

In seguito a cosa è sbocciato l’interesse nei confronti di questa sostanza?

È iniziato tutto con la scoperta delle proprietà del sistema endocannabinoide (ECS), un gruppo di recettori nervosi deputati alla regolazione di numerose funzioni fisiologiche. In particolar modo, è emerso che le molecole prodotte dal corpo umani allo scopo di attivare questo sistema (gli endocannabinoidi) possiedono una struttura molto simile a quella del CBD.

Da questo momento in poi l’interesse dei ricercatori nei confronti del cannabidiolo e dei suoi effetti è progressivamente aumentata stimolando numerosi studi che hanno fatto luce su tale sostanza.

Probabilmente non conosciamo ancora tutte le sue caratteristiche e le sue proprietà, ma ad oggi siamo in possesso di numerose interessanti informazioni, soprattutto dal punto di vista delle qualità terapeutiche.

Sintetizzando i dati emersi in seguito alle ricerche svolte finora, si può affermare che il CBD, e le altre sostanze contenute nella cannabis, possono essere sfruttate come supporto ai normali farmaci nel trattamento di patologie come la sclerosi multipla e l’epilessia. Ciò è dimostrato dalla decisione dell’EMA di dare il via libera alla commercializzazione di farmaci come l’Epidiolex e il Sativex.

Inoltre, benché non esista ancora una certezza tale da sviluppare appositi medicinali al riguardo, da alcune ricerche è emerso che il CBD può sortire altri effetti benefici come la riduzione della pressione sanguigna, la regolazione dell’appetito e la riduzione degli stati infiammatori.

Cosa afferma la legge italiana in materia di cannabidiolo?

Come accade anche in altri ambiti, in materia di cannabis, e in particolare di CBD, la normativa italiana mostra alcuni vuoti legislativi che, talvolta, causano confusione tra i consumatori e tra i rivenditori dei prodotti a base di canapa legale.

Da una parte, la Legge 242/2016, redatta per disciplinare la filiera agroindustriale della canapa, ha dato il via libera alla coltivazione della cosiddetta cannabis light.

Con questo termine vengono indicate tutte quelle varietà inserite nel Catalogo comune stilato dall’Unione Europea che possono essere cresciute legalmente per diversi scopi industriali, tra i quali la produzione di cosmetici, oli e fibre tessili.

Tale norma fissa anche un limite massimo di THC entro il quale le piante non possiedono effetti stupefacenti e, pertanto, possono essere coltivate e lavorate. Tale limite è pari allo 0,6%, ma è opportuno sottolineare che qualora si attesti entro lo 0,2% gli agricoltori hanno diritto ad accedere a una serie di misure di sostegno introdotte a livello europeo.

Rispetto al consumo di cannabis, invece, la legge italiana rimane silente e non è stata promulgata alcuna norma al riguardo. Di fatto, il legislatore non ha mai apertamente permesso, né vietato, l’uso della canapa legale.

Ciò farebbe pensare che, in fin dei conti, il CBD possa essere utilizzato liberamente in qualsiasi modo. In realtà, però, la magistratura si è talvolta espressa contro alcune modalità d’utilizzo tra le quali l’uso alimentare e ricreativo.

L’applicazione topica e il collezionismo, invece, sono destinazioni d’uso che finora sono sempre state considerate del tutto lecite e, pertanto, rappresentano la scelta più sicura per i consumatori che acquistano prodotti a base di cannabidiolo.

La normativa europea sul CBD: l’UE sembra mostrare segni di apertura nei confronti del cannabidiolo

L’Unione Europea ha una linea politica relativamente aperta nei confronti del cannabidiolo.

Di base a livello di normativa dell’UE sussistono, grosso modo, gli stessi vincoli che abbiamo osservato illustrando la legge italiana, ovvero i prodotti a base di CBD possono essere liberamente venduti a patto che il loro contenuto in THC non superi lo 0,2%.

Inoltre, il cannabidiolo deve essere ottenuto da piante inserite nel Catalogo comune sopracitato e coltivate da sementi certificate.

Per il resto, ai Paesi membri è concesso un certo grado di libertà nel disciplinare i prodotti a base di CBD. In particolare, gli Stati che fanno parte dell’UE possono decidere di limitare la circolazione del cannabidiolo, ma solo nel caso in cui questa molecola costituisca un immediato e concreto pericolo per la salute pubblica.

È opportuno notare che una simile eventualità è sempre più rara: la continue ricerche effettuate in merito, infatti, non hanno mai evidenziato alcun rischio per l’uomo. Di conseguenza è altamente improbabile che qualsiasi membro dell’Unione possa dimostrare la sussistenza di un pericolo concreto costituito dal CBD nei confronti della salute pubblica.

In conclusione

Al termine di questa breve sintesi della normativa italiana ed europea relativamente al CBD risulta chiaro che, nonostante un certo livello di apertura dimostrato nei confronti del cannabidiolo, le leggi che disciplinano la produzione e l’uso di questa sostanza mostrano ancora dei punti poco chiari che contribuiscono a generare una certa confusione.

Una certezza, però, la possediamo: l’interesse dei consumatori nei confronti dei prodotti a base di CBD è costante, come dimostrato dalla diffusione di negozi e eCommerce come l’italianissimo Justbob, azienda tra le più apprezzate dagli appasionati di canapa light.

E, come spesso, accade, è probabile che proprio la spinta dal basso, ovvero dal pubblico, possa portare il legislatore a intervenire per riordinare una volta per tutte la normativa in materia.