A Milano il 20% di precarietà in fatto di mobilità individuale: meno opportunità di lavoro, studio, cura sanitaria o socialità per chi ha pochi mezzi economici

La terza edizione del monitoraggio che rileva le abitudini di mobilità a Milano, Torino, Bologna e Napoli ha evidenziato la mobility poverty, ossia la precarietà sofferta da molti nel trovare alternative alla motorizzazione privata.

Il rapporto Legambiente – IPSOS, pubblicato nell’ambito della CleanCities Campaign, evidenzia una domanda inevasa di autonomia e indipendenza nella mobilità quotidiana che colpisce tre italiani su dieci su base nazionale. Se a Napoli e Roma non possono muoversi continuativamente il 33% delle persone, rinunciando per questo a opportunità di lavoro, di studio, a visite mediche o semplicemente a relazioni sociali, questa percentuale scende dove il reddito è più alto, o dove il TPL (trasporto pubblico locale) è più sviluppato, come a Milano, dove la precarietà mobilistica non scende comunque sotto il 20% di media.

La motorizzazione individuale, nelle città italiane ancora a livelli esorbitanti, costituisce quindi un fattore esclusivo per sempre più persone, e non viceversa come sembrerebbe. Questa è una delle conclusioni che si può trarre dai risultati di un sondaggio che dal 2021 rileva comportamenti, attitudini e opinioni sugli stili di mobilità.

Per motivi economici, per assenza di servizi o per il troppo tempo necessario a Milano l’11% del campione ha dovuto rinunciare a una visita medica; la stessa percentuale non ha colto opportunità di studio o formazione; il 23% non ha dato esito a possibilità di lavorare, mentre sempre il 23% non ha goduto di occasioni di socialità. In generale, ci si muove meno. Milano in questo senso è seconda solo a Torino con 41 minuti di spostamento in meno la settimana rispetto al 2022 con tro i 42’ del capoluogo piemontese.

“I risultati del sondaggio fanno vedere come le città maggiori, tra queste Milano, devono ripensare il loro tasso di motorizzazione individuale,” commenta Federico Del Prete, responsabile mobilità e spazio pubblico di Legambiente Lombardia.

“Il rischio di favorire troppo questa modalità è escludere fasce sempre più ampie di cittadinanza da una mobilità equa ed accessibile, oltre che sicura. Dobbiamo quindi incentivare, anche economicamente nei confronti dei singoli, la ciclabilità quotidiana, vera soluzione per l’indipendenza e il benessere di tutte le età, le abilità e i generi. Lo stesso investimento deve esserci nel trasporto collettivo, antidoto basilare per superare anche la crisi sociale e ambientale che stiamo attraversando.”

Limitata disponibilità del trasporto pubblico e scarsa accessibilità ai servizi di prossimità. In Italia, tutto ciò ancora ostacola gli sforzi per ridurre l’uso dell’auto privata, i cui costi (acquisto e carburante) sono aumentati.  Ben tre italiani su dieci hanno dovuto, infatti, rinunciare negli ultimi anni a opportunità di lavoro (28%), di studio (17%), visite mediche (19%) o spostamenti per piacere e relazioni (25%).  Le città più colpite da una condizione di precarietà nella mobilità sono Napoli con il 34% dei cittadini che non sempre riesce a spostarsi e Roma con il 33%, mentre a metà strada si trova Torino, con il 28%. Invece, nelle città di Milano e Bologna, generalmente più benestanti e con un’elevata offerta di mobilità sostenibile ed elettrica, il livello di precarietà si attesta intorno al 20-21%.   

È quanto emerge in sintesi dal rapporto dell’Osservatorio Stili di Mobilità, giunto alla sua terza edizione, realizzato da Ipsos e Legambiente, in collaborazione con Unrae e presentato oggi a Roma. L’indagine è stata condotta su scala nazionale e nelle città di Milano, Torino, Bologna, Napoli e Roma, nell’ambito della Clean Cities Campaign, un network europeo di associazioni ambientaliste e movimenti di base che mira al miglioramento della qualità dell’aria attraverso l’adozione di stili di mobilità più sostenibili e alla redistribuzione dello spazio urbano a favore delle utenze più vulnerabili.

 I nuovi dati dell’Osservatorio, che analizza annualmente i comportamenti e le propensioni di mobilità, rivelano inoltre che ogni settimana gli italiani trascorrono in media sei ore in viaggio. Il 64% dei viaggi si svolge a bordo di un’auto e moto di proprietà, con una leggera diminuzione rispetto all’anno precedente, compensata dall’aumento dell’uso medio dei mezzi pubblici e dell’auto elettrica (sia privata che a noleggio), che è passato dall’11 al 13% al giorno, mentre rimangono stabili gli spostamenti a piedi, in bici o in monopattino elettrico, che ammontano al 22% del tempo di viaggio. Inoltre, diminuiscono del 10% circa gli spostamenti nei giorni festivi, i primi ad essere sacrificati da chi fatica a tirare la fine del mese.

Nelle città, la mobilità sostenibile prevale a Bologna e Milano con rispettivamente il 49% e il 48% degli spostamenti a piedi, in bici, con i mezzi collettivi o condivisi; mentre il 40% e il 45% avviene in auto e moto a combustione. Anche a Torino (51%), Roma (54%) e Napoli (55%).

Le cause della situazione di precarietà fotografata dall’Osservatorio di stili di mobilità sono soprattutto l’assenza di alternative all’uso dell’auto privata a causa della distanza dai servizi essenziali come le strutture scolastiche e mediche nelle vicinanze, così come le carenze dei trasporti pubblici, come la mancanza di fermate con orari poco convenienti, e l’assenza di servizi di sharing. Incidono anche le condizioni economiche delle famiglie, che rendono difficile sostenere i costi del carburante e le distanze eccessive senza alternative all’auto.

Tuttavia, tra tutti i tipi di precarietà analizzati, il dato che preoccupa maggiormente riguarda il 7% delle persone in condizione di estrema mobility poverty, ossia coloro che non hanno mezzi pubblici o in condivisione di prossimità, né la possibilità di acquistare un’auto in famiglia. Ma si trovano in condizioni di precarietà – se pur meno estreme – gli intervistati che denunciano un elevato costo del carburante rispetto al reddito (9%), coloro che lamentano l’assenza di alternative all’auto privata e/o l’impossibilità di cambiare il mezzo obsoleto (8%) e, infine, coloro che evidenziano elevati costi dovuti alla necessità di percorrere in auto elevate percorrenze quotidiane (8%).

Per una mobilità veramente sostenibile e inclusiva, che non lasci indietro nessun cittadino, Legambiente propone dunque di accelerare il passo su più direzioni: implementazione di autobus elettrici, miglioramento dell’accessibilità ai trasporti pubblici collettivi, creazione di zone a 30 km/h, promozione dei veicoli elettrici ed espansione dei percorsi ciclo-pedonali.

“Sono proprio le città con una maggior offerta di mobilità sostenibile, attiva o elettrica, tra cui mezzi di trasporto collettivi come treni, metropolitane, tram e autobus elettrici, quelle che permettono di spostarsi e cogliere al meglio le opportunità di lavoro, di studio e di favorire la cura e le relazioni. Dove non ci sono stazioni, piste ciclabili e fermate sopravvive solo chi può permettersi auto sempre più care e benzina a 2 euro al litro”, dichiara Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente. “Solo una capillare ed efficiente offerta di trasporto pubblico può garantire opportunità di mobilità e la correzione di alcune disparità sociali, soprattutto nei centri urbani, nelle aree metropolitane e in quelle più periferiche”.

Mobilità elettrica. Nel sondaggio, è emersa anche l’importanza di promuovere la transizione verso veicoli elettrici. Solo circa il 50% dei cittadini desidera acquistare un’auto nuova, ma tra di loro, il 47% preferisce veicoli tradizionali, mentre il 14% opta per auto elettriche (quanto la media vendite in Europa) e l’11% ibride ricaricabili (plug-in), mentre il 29% preferisce auto ibride. Per coloro che scelgono veicoli a combustione interna, le principali motivazioni sono il costo più conveniente (29%) e una maggiore autonomia (28%). D’altra parte, chi preferisce veicoli elettrici è motivato principalmente dalla riduzione dell’impatto ambientale (32%).

Claudio Magliulo, responsabile Clean Cities Campaign Italia dichiara: “Per molti italiani spostarsi non è più un diritto, ma un problema. Le cause principali? Decenni di sotto-investimento nel tpl e di predominio indiscusso dell’auto a combustione interna. Invece di fare la guerra alla bici e alle città 30km/h il ministro Salvini lavori con i sindaci delle grandi città per rendere la mobilità urbana davvero accessibile a tutti e sostenibile per quanto riguarda clima, qualità dell’aria e uso dello spazio pubblico”.

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