Nell’anno in cui Brescia e Bergamo ricoprono il ruolo di Capitale Italiana della Cultura, il Museo d’Arte Sorlini di Calvagese della Riviera (BS) – sede di una delle maggiori collezioni private italiane di pittura antica veneta e veneziana – inaugura la mostra “PerDiana! Giacomo Ceruti, capolavori tra Lombardia e Veneto”.
Il progetto espositivo si sviluppa attorno a tre straordinarie opere di Giacomo Ceruti già comprese nella Collezione Sorlini – La vecchia contadina, Il bravo e la grande tela Diana e le ninfe sorprese da Atteone – esposte pubblicamente al MarteS.
Le tele Sorlini, affiancate per questa occasione espositiva ad alcuni eccezionali prestiti, permetteranno di approfondire e contestualizzare l’evoluzione dello stile dell’artista che, dopo la “stagione dei pitocchi” del periodo bresciano, si rapportò con la cultura figurativa veneta, veneziana e internazionale del XVIII secolo, giungendo ad elaborare composizioni di soggetto mitologico. Un percorso cronologico e tematico: da un lato l’attenzione empatica per la gente del popolo e i poveri ascrivibile soprattutto all’esordio bresciano (di questa fase è testimonianza eccezionale ed evidente La vecchia contadina, 1730-1733), dall’altro gli esiti successivi al soggiorno in Veneto, testimoniati dalla grande tela commissionata dalla famiglia Calderara per l’omonimo Palazzo milanese, tra il 1740 e il 1743, e dedicata a Diana e le ninfe sorprese da Atteone.
Il progetto espositivo si sviluppa attorno a tre straordinarie opere di Giacomo Ceruti già comprese nella Collezione Sorlini – La vecchia contadina, Il bravo e la grande tela Diana e le ninfe sorprese da Atteone – esposte pubblicamente al MarteS.
Le tele Sorlini, affiancate per questa occasione espositiva ad alcuni eccezionali prestiti, permetteranno di approfondire e contestualizzare l’evoluzione dello stile dell’artista che, dopo la “stagione dei pitocchi” del periodo bresciano, si rapportò con la cultura figurativa veneta, veneziana e internazionale del XVIII secolo, giungendo ad elaborare composizioni di soggetto mitologico. Un percorso cronologico e tematico: da un lato l’attenzione empatica per la gente del popolo e i poveri ascrivibile soprattutto all’esordio bresciano (di questa fase è testimonianza eccezionale ed evidente La vecchia contadina, 1730-1733), dall’altro gli esiti successivi al soggiorno in Veneto, testimoniati dalla grande tela commissionata dalla famiglia Calderara per l’omonimo Palazzo milanese, tra il 1740 e il 1743, e dedicata a Diana e le ninfe sorprese da Atteone.
Nella fase bresciana i temi appaiono elaborati secondo una sensibilità tipica dei “pittori della realtà”, attivi in Lombardia sin dal XVI secolo. Nel corso del decennio successivo, il linguaggio del Pitocchetto subì un cambiamento contraddistinto dal raggiungimento di un pittoricismo tipicamente veneto e dall’elaborazione di opere a carattere mitologico e di storia, dagli esiti sorprendenti. Ceruti dipinse la tela con Diana e le ninfe sorprese da Atteone in un momento di grande attenzione per le tematiche profane ed arcadiche. Di questa attenzione sono testimonianza due preziose telette Diana e Endimione e Diana scopre la gravidanza della ninfa Callisto.
La mostra propone al pubblico l’unico documento autografo di Giacomo Ceruti a noi giunto, datato 9 gennaio 1733, che chiarisce le ragioni della partenza da Brescia e ne definisce la data certa. La lettera fu stilata nel momento finale del periodo bresciano del pittore, costretto a lasciare la città per l’impossibilità di far fronte a impegni di carattere economico, ed è oggi custodito dall’Archivio di Stato di Brescia. Giunto in Veneto, Ceruti comprese che la pittura più richiesta dalla ricca committenza era quella aggiornata al gusto veneziano e internazionale di Giovan Battista Pittoni, Tiepolo o dei grandi maestri internazionali, come gli esponenti della pittura rococò francese. Al cambiamento geografico di committenza seguì quindi un cambiamento stilistico come testimonia la grande opera di proprietà Sorlini Diana e le ninfe sorprese da Atteone. Fondamentale l’accesso alla Collezione veneziana del Maresciallo di origine tedesca Johann Mathias von der Schulemburg, grande collezionista in rapporto con i maggiori artisti del suo tempo, che permise a Ceruti di entrare in contatto con opere di artisti contemporanei come Sebastiano Ricci, Gianantonio Guardi, Giambattista Pittoni, Gianantonio Pellegrini. All’interno della Collezione Sorlini, e così in mostra, è conservato un dipinto descritto negli inventari della Collezione Schulemburg: si tratta della tela con Santa Caterina d’Alessandria, realizzata tra il 1730 e il 1735 da Gian Antonio Pellegrini, di cui ancora oggi è visibile in basso a sinistra il “286”, numero in grado di ricondurla alla raccolta del Maresciallo tedesco. Alla Collezione Schulemburg Ceruti contribuì con alcune opere, tra cui alcune con soggetto di natura morta, oggi divise tra collezioni pubbliche e private.
Tra queste:
– il disegno a sanguigna autografo Ceruti, prestito della Veneranda Biblioteca e pinacoteca Ambrosiana di Milano. Trovato da Frangi nel 1989 all’interno di un codice di 250 disegni. Mai esposto al pubblico. Gli studiosi erano al corrente della sua esistenza ma le rare riproduzioni sui cataloghi erano in bianco/nero. il disegno è esposto unitamente all’intero codice ed il prestito eccezionale, motivato dal fatto che è stato dimostrato come tale disegno sia preparatorio del fregio di 12 metri in cui Ceruti ha raffigurato le storie di Diana (proprietà MarteS – Sorlini).
– “La Vecchia Contadina”, tela di proprietà MarteS-Sorlini, considerata capolavoro assoluto della fase pauperistica di Ceruti, paragonata dagli storici al realismo di Courbet ed esposta da Longhi nella grande e celeberrima mostra “Pittori della Realtà” a Palazzo Reale nel 1959.
Infine la lettera scritta da Ceruti prima di scappare da Brescia per debiti, alla volta del veneto. E’ l’unico documento esistente autografo del pittore, consrvato presso l’Archivio di Stato, e la sua scoperta ha costretto gli storici ha rivedere cronologia e datazione delle opere del pittore.