Semplicemente Donna, conosciamo Daria Khramtsova, ragazza ucraina di Kharkiv.

di Viviana Bazzani

“Kharkiv è bella voglio immaginarla ancora così”… inizia così il suo raccontarsi di una bella ragazza ucraina che ha lasciato nella sua città i suoi ricordi, le sue passioni, i suoi giorni spensierati e la sua voglia di vivere e sognare una vita che stava costruendo.

D – Raccontaci chi era Daria prima del 23 febbraio, giorno dell’invasione Russa in Ucraina?
R – Daria era una ragazza felice che trascorreva le sue giornata ad insegnare in due scuole musicali da me ideate e create la “Colibrì Music School” di Kharkiv. In Ucraina la musica è molto amata e molti erano i ragazzi che si erano iscritti per imparare a suonare chitarra classica, acustica e l’Aculele uno strumento che, quando lo ascolti, ti parla della mia terra, dei suoi colori e dei suoi profumi. La mia vita lavorativa andava molto bene tanto da aprire un altra scuola musicale nella capitale Kiev. Le mie scuole erano belle, come entravi la musica ti rallegrava e il cantare dei miei allievi allietavano piacevolmente tutto il vicinato. Un mese prima dell’invasione avevo acquistato alcune chitarre, un amplificatore e dei microfoni… ero felice e con me la mia famiglia che mi ha sempre supportato in questo cammino imprenditoriale. Ero felice fino al mattino del 24 febbraio…
D – Raccontaci di quel giorno che ha cambiato la vita di voi ucraini.
R – Premesso che noi non avevamo, nei giorni precedenti, la percezione che qualcosa di grave stava succedendo. Quella notte mi trovavo sul treno che da Kiev mi riportava a kharkiv quando, mia madre, mi chiamò dicendomi che la città era stata attaccata da missili. Alle sei del mattino, una volta scesa dal treno, corsi verso la metropolitana e li trovai i tornelli aperti e alcuni soldati che invitavano le persone a rifugiarsi e di non allarmarsi. Io riuscii a raggiungere la mia abitazione dove mi attendevano mia madre, mio padre e mia zia.
Quel giorno eravamo tutti scioccati, nessuno parlava solo i nostri sguardi erano rivolti verso le finestre che, abitando al settimo piano, ci permettevano una visuale chiara e drammatica di quello che stava succedendo.
D – Quando avete pensato di spostarvi nel rifugio e come trascorreva le giornate?
R – Abitando nella zona antica della città di Kharkiv le case, costruite prima della seconda guerra mondiale, hanno il loro rifugio condominiale. Dovete sapere che, negli ultimi anni, molti rifugi erano stati trasformati in locali piano bar, ristoranti tipici e discoteche. Questo la dice lunga sul desiderio di costruire una nazione dove, la voglia di vivere, era nella testa di tutti i giovani ucraini.
Il 25 febbraio iniziammo, con altri amici inquilini, a trascorrere intere giornate nel rifugio al freddo, con poco cibo e poca acqua da razionare. Le sirene d’allarme suonavano in continuazione e lo scoppio dei missili facevano tremare anche le fondamenta. Ricordo quella settimana interminabile, nessuno poteva uscire fuori perché, i cecchini russi, erano sui tetti di alcune case pronti ad uccidere…. poi arrivo l’ok per percorrere un corridoio umanitario (corridoio verde) messo a disposizione per alcune ore. Siamo usciti solo con i documenti e uno zaino che conteneva acqua, medicine e un solo cambio di vestiario.
D – Chi vi ha comunicato di questa apertura del corridoio umanitario?
R – Non potendo vedere i notiziari, i cellulari sono stati la nostra fonte di notizie e di comunicazioni. A turno accendevamo un cellulare alla volta  per non sprecare la batteria non potendo ricaricarli.
D – Una volta raggiunto la stazione centrale di kharkiv cosa è successo?
R – Alcuni soldati ci dicevano di salire su un treno che era diretto a Ovest e precisamente a Leopoli che si trova a 30km dal confine polacco e 1000km dalla mia amata città. Una volta arrivati a Leopoli abbiamo preso un pullman pronto a portarci in Polonia. Non finirò mai di ringraziare il popolo polacco che ci ha soccorso eci ha riscaldato, non solo con  piatti caldi ma, anche,  tanto amore.Una famiglia polacca si prese cura di me, di mia madre e mia zia accogliendoci nella loro casa per tre giorni in attesa di poter prendere un treno per raggiungere la Germania.
D – Tuo padre è rimasto in Ucraina?
R – Certo sta facendo il suo dovere, quello di difendere la nostra terra. Mio padre è, oggi, un volontario a kharkiv non un soldato poiché da giovane fu esonerato dal servizio militare. Quando può  chiama e, ci dà notizie dei miei nonni paterni ultra ottantenni che, non riescono a scappare via, perché la gente non si fida più dei corridoi umanitari.
Tutti gli uomini sono in guerra, solo gli anziani, i minori e i padri di famiglia con più di tre figli sono esonerati.
D – Ora vivi a Monaco di Baviera dove hai già trovato lavora in una scuola di musica.
R – SÌ, la musica non ha confini, non ha barriere parla la stessa lingua. Oggi, oltre ad insegnare sono volontaria in aiuto dei bambini ucraini fuggiti dalla guerra e  insegno a loro, suonare la chitarra….. sai la musica è la giusta terapia per superare i traumi dei bombardamenti.
D – Per due gg sei stata ospite da una signora italiana, Tiziana Asinari, ad Alessandria per partecipare ad una iniziativa benefica per il tuo popolo… oggi Daria cosa sogna e che messaggio vuole dare all’Europa?
D – Mi sto prodigando per aiutare la popolazione di kharkiv ancora intrappolata dall’esercito russo e dai cecchini e, vi assicuro, non è semplice.
Abbiamo bisogno di una Europa più sicura, coraggiosa e che non ci abbandoni.
Ho molti sogni sopratutto uno… quello di ritornare a casa, nella mia terra, in PACE.