Spunti sulla decarbonizzazione del settore auto

di Maurizio Podico, presidente APPSA

La riduzione delle emissioni di CO2 e di calore da fonti fossili sta condizionando il futuro del settore automobilistico anche per effetto dei divieti draconiani di vendita di auto a benzina e diesel dal 2035 (tutto da confermare per il possibile utilizzo di e-fuels, carburanti sintetici o idrogeno nei motori attuali*).

Tale evoluzione porterebbe all’impiego diffuso di mezzi dotati di batterie elettriche di cui la più iconica è Tesla tallonata, forse, superata dalla innovativa Cinese BYD*.

L’utilizzo delle auto ibride, che comportano solo una parziale decarbonizzazione, non costituiscono la soluzione più efficiente  ai problemi ambientali e, per tale motivo, sta prendendo sempre più consistenza l’alternativa costituita dall’uso diffuso dell’idrogeno.

La sua teconologia, infatti, lo vede come vettore (trasportatore) di energia da fonti rinnovabili (fotovoltaico, eolico, geotermico) per alimentare autovetture a trazione elettrica mediante l’uso di fuel cells che lo riconvertono in energia elettrica.

Lo schema energetico attualmente proposto potrebbe essere sintetizzato così:

 

  • Fonte rinnovabile (solare, eolica, geotermica) -> idrogeno
  • Idrogeno -> conversione in corrente elettrica con fuel cells -> motore elettrico.

 

La criticità di questa soluzione è nel trovare metodologie che siano in grado di  connettere la prima fase con la seconda essendo l’immagazzinamento e la distribuzione dell’idrogeno difficili e costose da realizzare oggi.

Un’alternativa allo studio è quella di immagazzinare l’energia direttamente in batterie saltando la fase dell’idrogeno.

Il problema delle batterie consiste nella loro produzione a partire da sostanze e processi inquinanti, la loro gestione e, non ultimo, dal loro smaltimento.

Già da alcuni anni si è ridestato l’interesse per un modo differente di immagazzinare l’energia elettrica: i condensatori.

La corrente elettrica, infatti, si può immagazzinare come energia chimica (batterie di vario tipo) o come cariche elettriche in un condensatore.

I condensatori sono, da sempre, componenti importanti di circuiti elettrici ed elettronici, ma che non avevano mai dimostrato di poter immagazzinare delle quantità consistenti di energia elettrica, finora.

Da alcuni anni l’affacciarsi di nuove tecnologie per la loro costruzione in grado di incrementarne la capacità hanno portato ad un nuovo interesse sia nel mondo dell’automotive che più in generale.

La loro evoluzione ha infatti moltiplicato gli studi al punto che già nel 2019 un brand automobilistico di grandissimo prestigio come Lamborghini ha stretto un accordo, in tal senso, niente meno che con il MIT, uno dei più prestigiosi atenei e istituti di ricerca a livello mondiale.

Oggi si inizia a vedere sul mercato l’offerta di supercondensatori (supercapacitors o supercaps) impiegati, oltre che nei gruppi di continuità, anche per alimentare apparecchiature elettriche sempre più grandi.

La loro capacità si sta, infatti, avvicinando rapidamente a quella delle batterie al Litio e il loro costo si sta progressivamente riducendo.

Inoltre, sono costruiti con alluminio, carbonio, carta, plastica, materie prime comuni che ci potrebbero liberare dalla dipendenza dalle fonti litio, nichel, manganese, cadmio e, speciamente, dai processi inquinanti necessari sia per produrre le batterie che per il loro smaltimento.

Ma non sono dei semplici sostituti delle batterie, perché se dovessero divenire ancora più economici e performanti, potrebbero costiuitre una interessante soluzione per molti dei nostri problemi.

In campo automobilistico, perché hanno una caratteristica enormemente interessante: si ricaricano non in ore, ma in poche decine di secondi e possono essere ricaricati almeno un 1.000.000 di volte in assenza di un degrado della loro capacità.

Nella filiera energetica, perché se le loro capienza specifica dovesse aumentare ulteriormente potrebbero divenire il serbatoio in cui immagazzinare l’energia elettrica da fonti rinnovabili senza dover ricorrere all’idrogeno che, ricordo, per essere prodotto per elettrolisi dall’acqua, immagazzina solo la metà dell’energia impiegata in quanto metà viene dissipata per la produzione di ossigeno.

L’idrogeno, comunque, ammettendo che si riesca a risolvere il problema dello stoccaggio e, specialmente, della sua distribuzione ,sta ritrovando anche un suo nuovo impiego come carburante, in economici motori endotermici, nel rispetto del citato veto del 2035, nelle auto oggi funzionanti con carburanti fossili.

Riassumendo, se i condensatori divenissero uan soluzione alternativa valida economicamente, oltre che tecnicamente, alle batterie si potrebbero avere delle auto in grado di ricaricarsi in tempi brevissimi senza i problemi attuali.

Se, poi, divenissero veramente efficienti potrebbero essere una alternativa all’idrogeno nell’immagazzinare l’energia elettrica che verrebbe distribuita mediante le collaudate tecnologie di distribuzione attraverso le attuali reti elettriche, ovviamente, da modificare e implementare.

È chiaro che il panorama presentato è potenzialmente molto vantaggioso per decarbonizzare la nostra civiltà e contribuire grandemente a ridurre il riscaldamento del nostro Pianeta e, anche se è ancora tutto da verificare, non pare del tutto improponibile o impossibile per avviare l’epoca dell’antropocene(civiltà) green.

 

*Già negli anni 80 sia BMW che Mercedes hanno prodotto macchine con motori termici bifuel idrogeno benzina.

**Chi è BYD (Buid Your Dreams)?

Nasce nel 1995 e viene quotata dal 2002 alla borsa di Hong Kong, è il principale produttore mondiale di batterie al nichel cadmio e il secondo produttore di battetie al litio, oggi, forse, il maggior produttore di auto elettriche.

Dall’inverno scorso le sue auto, molto interessanti, sono sbarcate in Europa e sono in vendita anche in Italia da alcuni mesi.