Nulla è come prima, il romanzo di Francesco Granito.

“Francesco Granito s’inoltra con passo sicuro nei vasti e insidiosi territori del fantastico: in Nulla è come primaha concepito con indubbi tratti d’originalità una lucida distopia (o, se si preferisce, cacotopia o antiutopia), che coniuga la raffigurazione cruda d’un totalitarismo prossimo venturo a suggestioni tipiche del filone post-apocalittico, ampiamente frequentato nella pagina scritta come nella cinematografia. 

La vicenda si dipana in una stravolta Milano del secondo millennio. La pianura padana è ormai una landa riarsa, desertificata, sulla quale spira un vento caldo, saturo di sabbia. La vita in città è difficile, scarseggiano cibo ed energia elettrica. Smarrito ogni seppur remoto simulacro di democrazia, al governo si sono insediati i Lord protettori, anonimi e oppressivi burocrati. Per reprimere le violenze dilaganti, escogitano una nuova e crudele forma di pena: chi è ritenuto colpevole d’un qualsiasi reato non è rinchiuso in carcere, ma subisce la “progressione”, cioè un invecchiamento pari al tempo della condanna che dovrebbe scontare. 

È, questa, la fulminante invenzione di Granito, che invano cercheremo nei molti autori, alcuni grandissimi e inarrivabili, che prima lui hanno immaginato catastrofi globali. I fantasmi del futuro sono evocati, com’è ovvio, quale monito rivolto alle minacce del presente, che il lettore non mancherà di decifrare. Non è per esempio difficile scorgere nei Lord protettori una metafora della finanza mondialista e dei suoi spietati padroni, così come la “progressione” denuncia i possibili guasti dell’ingegneria genetica. Sarebbe tuttavia riduttivo considerare Nulla è come prima una parabola o un romanzo a tesi. Lungo il filo delle pagine, in una narrazione serrata che non risparmia i colpi di scena, emerge prima di tutto la realtà umana dei personaggi, a cominciare dall’io narrante, un modesto blogger trascinato dagli eventi in una spirale che lo condurrà a misurarsi con un destino tragico. L’unica possibile salvezza è nel passato, cioè il nostro oggi: spetta a noi costruirlo o almeno cercare di comprenderlo.”