Pfas nelle acque potabili, l’esposto di Greenpeace

Undici campioni su 31, pari a circa il 35% del totale, rivelano la presenza di PFAS (composti poli- e perfluoroalchilici) nelle acque potabili di diversi comuni lombardi. È quanto evidenzia il nuovo rapporto “PFAS e acque potabili in Lombardia, i campionamenti di Greenpeace Italia” diffuso oggi dall’organizzazione ambientalista in cui vengono resi pubblici gli esiti di un monitoraggio condotto in tutte le province lombarde.

I campioni, analizzati da un laboratorio indipendente, sono stati raccolti tra il 12 e il 18 maggio scorso, per la maggior parte da fontane pubbliche, spesso ubicate in parchi giochi o in prossimità di scuole primarie: si tratta di “punti sensibili” perché i minori potenzialmente esposti alla contaminazione sono soggetti a maggior rischio. In quattro casi è stata riscontrata una contaminazione da PFAS superiore al limite della Direttiva europea 2020/2184, pari a 100 nanogrammi per litro: è avvenuto a Caravaggio e Mozzanica, in provincia di Bergamo, e a Corte Palasio e Crespiatica, in provincia di Lodi.

Si tratta di concentrazioni che richiedono un intervento immediato, come avvenuto di recente in casi simili in altre regioni italiane. Lo scorso luglio, per esempio, a Montebello Vicentino (in provincia di Vicenza) la presenza di valori superiori a 100 nanogrammi per litro ha portato a sospendere per alcuni giorni l’erogazione dell’acqua potabile al fine di evitare rischi per la salute.

In Lombardia, i livelli di contaminazione più alti sono stati rilevati a Crespiatica, dove si sono addirittura superati i 1.000 nanogrammi per litro. Per fare un confronto, in presenza di concentrazioni analoghe, oltre venti comuni veneti furono inseriti dalla Regione nella cosiddetta “area rossa” e la popolazione fu sottoposta a screening sanitari per verificare l’insorgenza di patologie associate ai PFAS.

Nei restanti sette campioni lombardi risultati contaminati, le analisi hanno evidenziato concentrazioni comprese tra 12 nanogrammi litro (Pontirolo Nuovo, Bergamo) e 54 nanogrammi litro (Mariano Comense, Como). In cinque dei sette casi (Capriolo, Somma Lombardo, Mariano Comense, via Civitavecchia e via Cusago a Milano) le concentrazioni erano superiori ai valori più cautelativi per la salute umana vigenti in Danimarca o proposti negli Stati Uniti. Infatti, come evidenzia l’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA), i PFAS sono sostanze bioaccumulabili in grado di causare effetti negativi sulla salute umana anche a concentrazioni estremamente basse.

“Nella maggior parte dei casi le nostre analisi confermano le criticità già evidenziate nei mesi scorsi consultando i dati ottenuti dai gestori e dagli enti pubblici lombardi. Per limitare i rischi dei PFAS sono necessarie campagne di monitoraggio capillari e periodiche, basate sulla trasparenza e la condivisione dei dati con la cittadinanza, e interventi concreti per tutelare l’ambiente e la salute dei cittadini. A nostro avviso, in molti casi le istituzioni lombarde preposte sono manchevoli: per questo abbiamo presentato una serie di esposti presso le Procure competenti”, commenta Giuseppe Ungherese, responsabile della campagna Inquinamento di Greenpeace Italia.

A seguito delle analisi, infatti, Greenpeace Italia ha presentato sei esposti destinati alle Procure lombarde di riferimento per le province dove sono stati raccolti gli 11 campioni di acqua potabile in cui è stata rilevata la presenza di PFAS: Bergamo, Brescia, Como, Milano, Lodi, Varese. L’organizzazione ambientalista ha chiesto alle Procure interessate di “adottare i provvedimenti cautelari necessari ad impedire il protrarsi della somministrazione di acque contenenti PFAS alla popolazione”. A seguito delle informazioni richieste, il Dipartimento di Brescia di ARPA Lombardia sta provvedendo a effettuare ulteriori accertamenti in merito. Ad oggi, Greenpeace Italia non ha avuto notizie ulteriori dalle altre Procure lombarde interessate.

Greenpeace Italia ha promosso una petizione per chiedere al governo, al Parlamento e ai ministeri competenti di varare in tempi brevi un provvedimento che vieti l’uso e la produzione di tutti i PFAS sul territorio nazionale. L’organizzazione ambientalista chiede a Regione Lombardia di individuare tutte le fonti inquinanti, al fine di bloccare l’inquinamento all’origine e riconvertire le produzioni industriali che ancora utilizzano queste sostanze. Greenpeace Italia chiede inoltre di varare un piano di monitoraggio regionale sulle acque potabili, rendendo disponibili alla collettività gli esiti delle analisi, e garantire il diritto della cittadinanza a disporre di acqua pulita e non contaminata.

Leggi il report

Consulta la mappa dei campionamenti