Canoni concordati: i due accordi locali di Milano a confronto

Dopo un primo periodo di rodaggio, con l’inizio di settembre, i due accordi locali stipulati in tema di canoni concordati, sono entrati nel vivo, pronti per essere giudicati dal mercato immobiliare milanese che potrà scegliere a quali Organizzazioni di proprietari ed inquilini rivolgersi.

Il primo accordo, sottoscritto a giugno e successivamente integrato, ha lasciato finalmente alle spalle quello precedente che per oltre un ventennio ha relegato Milano come Cenerentola nella stipula dei contratti a canone concordato, è stato quello stipulato da Unioncasa, Confabitare Feder.casa ed Assocasa.

Un’intesa ben strutturata e moderna in linea con l’evoluzione del mercato abitativo e che a Milano, come espresso dai rappresentanti del Comune presenti alla presentazione, necessitava per rilanciare il settore delle locazioni.

Sicuramente è stato di stimolo anche per il secondo accordo, giunto circa un mese dopo e sottoscritto da altre organizzazioni maggiormente rappresentative presenti sul territorio.

Mentre a Roma ed in altre città, proprio in questo periodo, si sono rinnovati accordi territoriali separati che hanno dato negli anni passati ottimi risultati ed un rilevante consenso a giudicare dai numeri dei contratti stipulati, per Milano è invece la prima volta.

Un esercizio di democrazia che dopo un inizio immotivatamente contrastato, sta suscitando il risveglio e l’interesse per questo tipo di contratto sia esso 3+2, transitorio da 1 a 12 mesi e per studenti universitari da 6 a 36 mesi.

Nonostante l’assessorato avesse premuto per il raggiungimento di un accordo metropolitano, né i Sindaci né le parti sociali hanno dimostrato interesse, sia per la oggettiva difficoltà di applicazione sia anche per questioni di legittimità sollevate da più parti.

I due accordi oggi in vigore prevedono entrambi rispetto al precedente una riduzione sensibile delle zone, che passano rispettivamente da 12 a 4, canoni su livelli decisamente più adeguati al mercato, ed una revisione degli elementi che, soprattutto nel primo accordo vede in evidenza aspetti molto in linea con l’evoluzione del settore immobiliare quali la domotica, la presenza di Hub condominiali tipo Amazon, la ricarica elettrica dei veicoli, ma considera anche di ridurre i valori delle abitazioni ubicate al piano seminterrato.

Una particolarità che sta destando parecchie perplessità riguarda invece il secondo accordo, sponsorizzato dall’Assessore Maran, e cioè la possibilità di affittare uno stesso appartamento ad es. in zona 2 subfascia 1 scegliendo:

– Appartamento intero ad un canone che fa riferimento alla tabella e relativi elementi;
– oppure a stanze di 12 mq con un canone forfetario che può anche essere più del triplo o del quadruplo in quanto fissato a 600 euro a camera, senza considerare alcun parametro.
Prendendo un caso limite ma possibile, ad esempio, uno stesso appartamento composto da 3 camere, un soggiorno che si trasforma in camera, tutte di almeno 12 mq sommando una cucina di 9 metri in condivisione ed un unico bagno può essere affittata “a discrezione”:
– Canone concordato: primo accordo: tra 159 e 258 euro/mq;
– secondo accordo: tra 130 e 194 euro/mese
– Canone forfetizzato: 600 euro/mese.

Questo vale sia per camere seminterrate, fatiscenti o al 5 piano senza ascensore sia in perfette condizioni, senza distinzione.

Se l’obiettivo era quello di aumentare le stanze per studenti e lavoratori sicuramente verrà raggiunto ma a quale prezzo? Era questa la promessa del comune di risolvere i problemi delle camere per gli studenti campeggiati di fronte alle università? E i sindacati inquilini che l’hanno firmato cosa dicono?

Si incentiverà la parcellizzazione delle unità immobiliari, ed anche le camere più grandi potranno essere agevolmente ridotte con un cartongesso per portarle agli standard previsti e raddoppiare le entrate.

Senza considerare la discutibilità dal punto di vista giuridico di tale accordo che, contrariamente agli altri presenti sia a Milano che su tutto il territorio nazionale, non segue l’indicazione ben espressa dall’Agenzia delle Entrate secondo la quale un immobile può essere affittato anche frazionatamente, ma i singoli canoni non possono superare il valore complessivo dell’unità immobiliare che, ai sensi del DM 16/1/17 del MIT deve osservare criteri ed elementi ben definiti che portino a canoni differenziati. Un tema che sicuramente dovrà essere approfondito e risolto.

Adesso quindi anche Milano, come già altre città d’italia può contare su due accordi, che sarà il mercato a giudicare, nella speranza che ci si possa lasciare alle spalle un passato dove l’unica alternativa era quella di affittare a canone libero.