Il vero tabù delle donne chiamate guerriere: rifarsi il seno dopo un tumore

di Alessia Cattelan

Ottobre è il «mese rosa», un appuntamento fondamentale per informare e sensibilizzare le donne sull’importanza della prevenzione del tumore al seno e un’ottimo pretesto per continuare a non abbassare la guardia.

Spostiamo l’attenzione dal tumore al protagonista: il seno, per parlare della medesima cosa, ma non dallo stesso punto di vista.

Questo cancro colpisce una donna su otto. Invadente e invasivo più di altri lascia cicatrici profonde sul corpo e nell’anima di una donna. Una cicatrice con cui si può convivere, una cicatrice che si può amare, una cicatrice che può anche annichilirti e farti sentire meno donna.

Sì, meno donna. Per questa affermazione qualcuno griderà allo scandalo e qualcuno scomoderà l’eccessiva mercificazione del corpo femminile dicendo che è una cicatrice da guerriera, ma sfido chiunque a farsi mutilare volontariamente una qualsiasi parte di sé ed esserne felice. Figuriamoci una parte così delicata e intima, che per sua natura fa parte della sessualità. Il seno, come le donne, è multitasking: dona piacere, può nutrire ed è qualcosa che attrae e che ci piace vedere sotto la nostra maglietta. Racconta la nostra storia accompagnandoci nella nostra evoluzione di donne e di persona.

Si parla di tabù sulla malattia, ma non di quello che c’è sul parlare della ricostruzione del seno, quasi che essere un’amazzone moderna sia più lodevole che voler essere come prima e che volersi sentire belle davanti allo specchio o quando ci si spoglia diminuisca il calvario di questa malattia che non ti abbandona nemmeno quando sei guarita.

 

Abbiamo quindi deciso di parlarne con il Dottor Giuseppe Colombo (https://www.instagram.com/drgiuseppecolombo/), chirurgo plastico specializzato nella ricostruzione plastica ed estetica del viso e della mammella, attraverso le domande di Cristina, Rita e Silvia che si sono trovate con un risultato positivo tra le mani a diversi stadi della malattia.

  1. Qual è la differenza tra quadrantectomia e mastectomia?

La differenza è nel quantitativo di tessuto che viene asportato, nel primo caso, appunto una piccola porzione definita quadrante, nel secondo caso l’intera ghiandola mammaria

 

  1. Chi esegue l’intervento? Un chirurgo o un chirurgo estetico?

L’intervento è eseguito da un chirurgo senologo, che può avere la specializzazione in chirurgia generale o plastica, ancora meglio, come spesso accade nelle breast unit, l’intervento è eseguito da entrambi gli specialisti per scegliere l’approccio chirurgico più favorevole al fine  di ottenere l’esito estetico più gradevole.

L’intervento è eseguito da un chirurgo senologo, che può avere la specializzazione in chirurgia generale o plastica, ancora meglio, come spesso accade nelle breast unit, l’intervento è eseguito da entrambi gli specialisti per scegliere l’approccio chirurgico più favorevole al fine di ottenere l’esito estetico più gradevole.

Lei lo ha citato e io lo puntualizzo: la figura del chirurgo estetico è un’invenzione tutta italiana. La specializzazione di riferimento è quella in chirurgia plastica e ricostruttiva.

 

 

  1. Posso far eseguire l’intervento in regime sanitario da un chirurgo plastico di fiducia?

Se il chirurgo plastico di fiducia lavora in strutture convenzionate con il SSN o direttamente in un ospedale del SSN , assolutamente sì,  altrimenti no e bisogna accettare il chirurgo che si trova nell’ospedale dove si è scelto di farsi operare, che sicuramente, occupandosi di tale patologia, sarà erudito ed esperto su tutte le principali tecniche ricostruttive di ultima pubblicazione.

 

  1. Dopo sei mesi di chemio il mio terrore era la recidiva quindi nel dubbio ero favorevole alla mastectomia – decisione presa dalla testa ma non dal cuore – anche se l’idea che mi venisse tolto il capezzolo era allo stesso modo paralizzante. Come sarebbe svolto il tutto e quale il risultato anche a livello estetico?

La tipologia d’intervento demolitivo deve essere discussa con il chirurgo di riferimento. Non sempre è utile la mastectomia e qualora lo fosse, non necessariamente il capezzolo deve essere rimosso, vi è una tecnica che lo risparmia, garantendo comunque tutti gli standard di sicurezza in termini oncologici che ci si possa aspettare da un intervento cosi radicale

 

  1. Dopo quanto tempo si può ricostruire il seno? Quali i tempi di drenaggio?

Nelle breast unit, ovvero le unità operative dove sono presenti tutti gli specialisti per seguire una donna in questo percorso di ri-nascita. La ricostruzione post mastectomia può essere anche immediata, contestuale all’intervento demolitivo, per offrire, nel minor tempo possibile, il meglio in termini estetici alla paziente, dopo purtroppo una situazione cosi difficile.

A volte pero questo non è possibile, ma ciò che conta è l’indicazione migliore all’intervento ricostruttivo, inserendolo in questo percorso, nel momento più adeguato per sortire il miglior esito possibile.

Riguardo al drenaggio dipende dal singolo caso, ovvero da 24 ore sino a qualche giorno, ma ormai sono così piccoli e flessibili che inficiano veramente poco la qualità della vita dei giorni post operatori. Credo che vedere la luce in fondo al tunnel faccia passare in secondo piano il piccolo disagio causato dal drenaggio.

 

  1. Posso pensare di avere un rapporto e provare piacere anche attraverso il seno o rimarrà insensibile?

Le situazioni che risparmiano il complesso areola capezzolo, lasciano anche una buona sensibilità della zona interessata.

 

  1. È sempre possibile la ricostruzione?  Se sì, e non si dovesse salvare il capezzolo, vengono utilizzate altre parti del nostro corpo per ricostruire? (pancia, altro)

Allo stato attuale dell’arte, si può dire che vi è sempre, per quanto riguarda la mammella, una via di uscita “ricostruttiva” anche dalle situazione demolitive più brutte e complesse. La chirurgia plastica, per fortuna, ha fatto passi da gigante, pertanto o con l’ausilio di impianti protesici o  con il trapianto del proprio grasso (lipofilling), o con i cosiddetti lembi (losange di tessuto che vengono mobilizzate, ad esempio, dall’addome o dal dorso), si riesce a far fronte alle più svariate situazioni, garantendo sempre un buon esito estetico.

Ci tengo a sottolineare che non sempre bisogna pensare necessariamente a una ricostruzione post demolitiva,  perchè il combinarsi della chirurgia mammaria oncologica con la chirurgia plastica, ha dato origine ad una specifica branca che prende il nome di oncoplastica, ovvero un mix di tecniche di chirurgia plastica, volte a rimodellare il seno, combinate con i principi di sicurezza demolotiva oncologica, che ci garantiscono ottimi risultati, in totale sicurezza senza per forza dover avere l’aggressività demolitiva di un tempo.

La vera bravura del team dedicato alla mammella è dare l’indicazione migliore al trattamento.

 

  1. È necessario un supporto psicologico per affrontare questo enorme cambiamento?

Il tumore al seno è un trauma, colpisce la femminilità, non solo la salute. Colpisce l’anima ferendone la sua Bellezza e intimità.  Essere supportati è sempre utile; a volte può bastare un familiare, un’amica speciale, a volte invece, potersi lasciare andare con una persona esterna o uno specialista diventa liberatorio e fondamentale allo stesso tempo. Il percorso può essere lungo, camminare insieme aiuta tutti, non solo le pazienti.

 

  1. Come saranno le mie cicatrici?

Dove passa il bisturi vi sarà sempre una cicatrice, compito della chirurgia plastica è cercare di farle cadere in zone dove si possano occultare con facilità o dove la guarigione sia migliore. Inoltre, tutta una serie di piccole accortezze ed ausili post operatori ci forniscono la possibilità di migliorarne moltissimo la qualità.

 

  1. Per la sua esperienza cosa significa per una donna poter avere un bel seno? Aiuta nell’autostima e nella ripresa di una vita normale anche a livello relazionale?

È una domanda difficile: la donna non si misura dal seno, ma il seno è parte integrante della sua femminilità, del suo essere donna. Un seno florido o bello non sempre aiuta l’autostima in sé e per sé, o meglio non per tutte, ma a volte, anzi molto spesso, sì. Lo dicono i numeri stessi, pensate al quantitativo di interventi di mastoplastica additiva a finalità prettamente estetiche che vengono eseguiti ogni anno.

Ma qui il discorso è diverso, qui va letta con un’altra chiave, spesso lo step ricostruttivo è la firma della donna stessa contro la lotta al cancro, è la firma di chiusura al capitolo dolore e malattia, la rivincita finale “sono, non come ero, ma sono meglio, perchè ho vinto, perchè sono consapevole, perchè sono io, di nuovo, ri-nata, completa”.

 

Un percorso estremamente difficile da affrontare pieno di punti d’ombra.

Per quanto guerriere, per quanto forti non dobbiamo sentirci sole e partendo dalla prevenzione dobbiamo poter chiedere, anche mille volte.

 

Non c’è una scelta giusta o una sbagliata, ma deve esserci la possibilità di scegliere senza sentirsi sbagliata.

 

 

*le foto sono  di Cristina che ha voluto immortalare il prima, non sapendo come sarebbe stato il poi, condividendo con noi la potenza di questi scatti colmi di paura e tenerezza. Ph Sofia Carola Retta https://www.instagram.com/sofia_carola_retta/