Consegnata Laurea Iulm Ad Honorem a Marco Bellocchio.

L’Università IULM ha conferito oggi, lunedì 9 dicembre, la Laurea Magistrale honoris causa in Televisione, Cinema e New Media a Marco Bellocchio, uno dei maggiori registi italiani che con la sua opera attraversa più di cinquant’anni del nostro cinema e della storia del nostro Paese.
Il riconoscimento è stato conferito dal Rettore, professor Gianni Canova. Sua la Laudatio Immagini che ci guardano, immagini che ci riguardano.

“Ci sono registi che riescono a essere presenti al proprio tempo per una ventina d’anni, pochi lo sanno fare per più di mezzo secolo, come Bellocchio – ha spiegato il Rettore Canova. – Da L’ora di religione in poi, passando per Il regista di matrimoni, Vincere e Fai bei sogni fino a Il traditore i suoi film sono capolavori perché mettono lo sguardo dentro le piaghe aperte della società, perché danno forma ai fantasmi che popolano l’immaginario collettivo. I film di Marco Bellocchio hanno sempre più registri stilistici che si intersecano. Anche ne Il traditore: la ricostruzione filmica sulla vicenda storica di Tommaso Buscetta, la cronaca e la parte visionaria con gli spettri mentali che passano nella testa del traditore. Mescolando e sovrapponendo questi tre registri, Bellocchio realizza un cinema che non ha eguali in Italia, di assoluta originalità e capace di emozionare e di farci capire meglio alcuni aspetti del mondo in cui viviamo”.

Marco Bellocchio, nato a Bobbio nel 1939, è regista, sceneggiatore, produttore cinematografico e docente. Esponente del Nuovo cinema italiano degli anni Sessanta, Bellocchio – si legge nella motivazione della Laurea ad honorem – ha saputo rinnovarsi costantemente, rimanendo sempre fedele a uno stile inconfondibile e ad alcuni temi che ne definiscono l’orizzonte di ricerca. Tra questi, il rapporto con la Legge, con l’autorità e con il Padre; ma anche la malattia e la follia come specchi deformi di una normalità sottomessa a dinamiche pulsionali; la Storia e il passato, a cui si guarda senza nostalgia perché luogo di trasformazione tradita.

Le sue opere vanno da I pugni in tasca – con cui vinse al Festival di Locarno nel 1965 – al recentissimo Il traditore (2019) sulla figura di Tommaso Buscetta e candidato per l’Italia al Premio Oscar 2020. In mezzo, tra i suoi lavori, ricordiamo Matti da slegare (1975/76) – film collettivo realizzato nel manicomio di Colorno a sostegno della battaglia di Franco Basaglia –, Marcia trionfale (1976) – sulla vita militare come riflesso di una repressione autoritaria –, Buongiorno, notte (2003) sul terrorismo e la prigionia di Aldo Moro e Vincere (2009) sul legame di Mussolini con Ida Dalser e film più premiato ai David di Donatello 2010.
Bellocchio ha al suo attivo più di cinquanta pellicole, tra lungometraggi di finzione e documentari. Tra i premi che gli sono stati consegnati, il Leone d’oro alla carriera che gli ha assegnato la Mostra del cinema di Venezia nel 2011 e il Pardo d’onore del Festival di Locarno nel 2015. Dal 1995 Marco Bellocchio organizza ogni estate a Bobbio, il borgo in provincia di Piacenza in cui è nato, il laboratorio di regia Fare cinema e dal 2014 è Presidente della Fondazione Cineteca di Bologna.

Qui di seguito la motivazione del conferimento della Laurea Magistrale honoris causa a Marco Bellocchio in Televisione, Cinema e New Media.

“Marco Bellocchio è uno dei maggiori registi italiani: la sua opera – che attraversa più di cinquant’anni del nostro cinema – continua a provocarci, forte di una singolare capacità di interrogare il proprio tempo senza mai assumerne le parole d’ordine. Proprio questa “sfasatura” rende Bellocchio un autore tanto contemporaneo quanto inattuale: capace di cogliere il presente in forza di una distanza, a partire da una “marginalità” consapevolmente perseguita. Regista spesso controcorrente, restio perfino a riconoscersi come “autore”, tenacemente indipendente e smarcato rispetto ai percorsi del cinema italiano, Bellocchio ha coltivato con radicale onestà un’idea di cinema innovativo eppure mai d’avanguardia, di impegno politico eppure di grande libertà, a partire da quella di cambiare forme e modi del fare cinema, senza mai preoccuparsi di essere al passo coi tempi. Sempre, invece, all’altezza del proprio tempo. Esponente del Nuovo cinema italiano degli anni Sessanta, Bellocchio ha tenuto fede nell’arco di tutta la sua lunga attività artistica all’imperativo del “nuovo” che muoveva i suoi esordi: pochi registi, come lui, hanno saputo rinnovarsi costantemente, pur rimanendo fedele sia a uno stile inconfondibile – segnato dall’eccesso (recitativo, visivo, onirico) come forma in cui l’inconscio si rende visibile – sia ad alcuni temi che ne definiscono l’orizzonte di ricerca: il rapporto con la Legge, con l’autorità e con il Padre; la malattia e la follia come specchi deformi di una “normalità” comunque sottomessa a dinamiche pulsionali, tanto più quanto represse dentro un ordine; la Storia come teatro patologico; il passato come luogo di una trasformazione tradita, di una possibilità che si è persa e a cui si guarda senza nostalgia, con una lucidità garantita dalla distanza. Costante è poi l’intenzione morale che percorre tutto il suo cinema: la stessa tensione civile e critica anima opere diversissime come Matti da slegare (1975/76) – film collettivo realizzato nel manicomio di Colorno, a sostegno della battaglia di Basaglia – o Buongiorno, notte (2003) – sul terrorismo e la prigionia di Aldo Moro – Marcia trionfale (1976) – sulla vita militare come specchio di una più generale repressione autoritaria – e Vincere (2009) – sul legame di Mussolini con Ida Dalser – fino al recentissimo Il traditore (2019) sulla figura di Buscetta, occasione per confrontarsi con l’ennesimo teatro del Potere e, insieme, con una delle tante facce della cultura dell’autorità, qui dichiaratamente criminale, che governa la storia del nostro paese.