Avrebbe palpeggiato due anziane ospiti della Rsa. Per questo un infermiere è stato arrestato nella mattinata di martedì 23 dicembre dai carabinieri della compagnia di Legnano per maltrattamenti e violenza sessuale.
Le indagini coordinate dalla procura di Busto Arsizio e condotte dalla sezione operativa del Nord di Legnano, sono state avviate dopo la denuncia presentata lo scorso ottobre da parte dei familiari di una delle due vittime, che avevano notato sul corpo dell’anziana segni di violenza.
Dopo le prime verifiche, è stata avviata un’indagine più accurata, con telecamere installate all’interno della struttura. Nelle immagini si vede l’infermiere, un peruviano di 46 anni residente a Parabiago nel Milanese, avvicinare in più occasioni alle due donne, sole a letto.
Sul 46enne – evidenzia il comando provinciale dei carabinieri di Milano in un comunicato stampa – sono stati raccolti “forti elementi indiziari”. L’infermiere, dipendente della struttura, è stato sottoposto agli arresti domiciliari.
La notizia di gravi violenze nei confronti di anziani in una RSA di Parabiago lascia senza parole. È necessario, però, parlarne e denunciare questo orrore quasi indicibile e anche la denuncia non basta. Un fatto così grave deve diventare uno spunto per riflettere sulla vecchiaia e sull’inadeguatezza degli strumenti e delle strutture esistenti.
Le forze dell’ordine e la magistratura indagheranno e, ce lo auguriamo, puniranno i colpevoli. Eppure, c’è da domandarsi come fatti del genere possano succedere senza che le direzioni delle strutture e le autorità competenti ai controlli siano state in grado di prevenirli o, perlomeno, di denunciarli per tempo. Da quanto si legge sui giornali, la denuncia è venuta da familiari delle vittime e non dalla direzione.
Bisogna riflettere sulla natura e sul funzionamento delle residenze socio-assistenziali partendo da un presupposto. Le RSA dovrebbero essere strutture (che hanno, peraltro, tariffe carissime e non alla portata di tutti), dove si cerca un conforto, un luogo dove vivere gli ultimi anni di vita. Spesso, però, gli anziani ci arrivano in condizioni di salute molto precarie e in età avanzata. Così, le RSAassomigliano sempre più ad ospedali di lunga degenza piuttosto che a strutture di residenza, vengono posti limiti alla libertà dei degenti, alla presenza dei familiari, alla libertà di movimento (spesso preclusa anche dalle condizioni di salute). È questo contesto che favorisce lo sviluppo di abusi verso persone fragili. La carenza di personale e spesso il loro sfruttamento non fa che peggiorare la situazione. Dopo il periodo del Covid, non in tutte le RSA si è tornati agli orari di apertura per i parenti previsti in precedenza. Il rapporto con le famiglie per gli anziani ricoverati è prezioso, perché è l’unico legame che ancora hanno con la loro vita precedente.
L’isolamento favorisce la demenza e, in questo modo, un luogo che dovrebbe favorire il benessere degli ospiti, ne accelera il decadimento cognitivo e fisico.
Le RSA vanno completamente ripensate, va applicata la legge sulla non autosufficienza che ancora una volta non è stata adeguatamente finanziata dalla legge di bilancio. Va avviato un confronto ampio su RSA e loro alternative tra Regione, ATS (adibite ai controlli delle RSA), comuni, sindacati dei pensionati e associazioni dei familiari.
Le RSA vanno aperte al territorio, devono essere più trasparenti. Gli anziani ricoverati sono innanzitutto delle persone che vanno ascoltate, rese partecipi, pur nei limiti delle loro capacità cognitive. Solo attraverso una maggiore trasparenza e un maggior controllo del territorio potremo prevenire altri fatti gravissimi come quelli di Parabiago.
Luigi Maffezzoli, Segretario Generale Fnp Milano Metropoli
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