La presente riflessione esprime una chiara preoccupazione per l’attuale stato della democrazia in Italia, denunciando pratiche che sembrano minare i principi fondamentali su cui essa si basa. La persona che parla si identifica come un elettore di sinistra, ma dichiara apertamente la propria delusione verso la sua parte politica, suggerendo che alcune delle azioni compiute siano in realtà contraddittorie rispetto ai valori che la sinistra dovrebbe sostenere. In primo luogo, egli critica aspramente la decisione di spingere Totti alle dimissioni, definendo tale comportamento come “tipicamente fascista.” Questo termine non è utilizzato alla leggera: l’accusa è che tali pratiche evocano metodi autoritari e antidemocratici, che vanno contro il libero esercizio delle funzioni pubbliche senza un giusto processo. L’autore sostiene che, se un pubblico ministero (PM) può obbligare un governatore alle dimissioni basandosi semplicemente su un’indagine preliminare, senza alcuna sentenza giudiziaria definitiva, siamo entrati in un’era di “sentenze mediatiche.” Questa critica rivela un profondo disagio per ciò che viene visto come una pericolosa invasione della sfera giudiziaria nella politica, minando il principio di presunzione di innocenza. La menzione della possibilità di “abolire la magistratura” serve come un’espressione iperbolica per esprimere il punto che, se i media e l’opinione pubblica possono decretare colpevolezza senza processo, allora il sistema giudiziario in sé diventa superfluo. Questo ci porta a riflettere su una realtà in cui la giustizia viene strumentalizzata, perdendo di vista le sue fondamenta più profonde. Inoltre, l’autore sottolinea l’inutilità di proseguire con lunghe indagini e sentenze che richiedono molti anni per essere emesse. La critica qui si concentra sulla disconnessione tra il processo giudiziario e il pubblico, che potrebbe non avere né il tempo né l’interesse per seguire vicende che risalgono a molti anni prima. Questo solleva un problema di percezione e comprensione della giustizia tra i cittadini, evidenziando un disallineamento tra ciò che è legalmente rigoroso e ciò che è mediaticamente e socialmente rilevante. Infine, viene esposto un serio avvertimento: il rischio di stabilire un precedente pericoloso. Se un qualunque PM può indagare e chiedere le dimissioni di figure di altissimo livello, come il presidente della repubblica o del consiglio dei ministri, senza il supporto di un giudizio formale, allora si crea un potenziale strumento di controllo e manipolazione politica estremamente potente e temibile. L’autore chiude il suo pensiero con un’espressione di vergogna verso lo stato attuale dell’Italia, esprimendo una profonda delusione per i percorsi che il paese sembra aver intrapreso. In questa chiusura, si coglie una nota di amarezza e preoccupazione per il futuro democratico della nazione, invitando implicitamente a una riflessione più attenta e critica su come preservare ed effettivamente mettere in pratica i valori democratici.
A.M