Caldaie a gas, Unione Artigiani lancia allarme

«È un passo indietro sul piano della sicurezza domestica, della salute, dell’efficienza energetica e della tutela ambientale la bozza del nuovo DPR che riscrive le regole per il controllo degli impianti termici (DPR 74/2013), a partire dalle caldaie e dalle pompe di calore per il riscaldamento domestico. Il testo prossimo alla promulgazione azzera di fatto le ispezioni in situ sugli impianti esistenti sotto i 70 kW: praticamente tutte le 19 milioni di caldaie installate nelle abitazioni italiane, di cui almeno 7 milioni con oltre 15 anni di anzianità, verrebbero controllate quasi esclusivamente tramite verifiche documentali.
Per queste ragioni il provvedimento allo studio del Ministero dell’Ambiente deve essere rivisto immediatamente”.

È quanto chiede Marco Accornero, Segretario Generale Unione Artigiani Milano Monza Brianza, organizzazione che rappresenta, tra gli altri, alcune centinaia di impiantisti e manutentori degli impianti di climatizzazione.

Tra i principali aspetti critici evidenziati dai tecnici dell’associazione c’è quanto previsto nell’articolo 8 c.3 della bozza: la decisione di sostituire le ispezioni a domicilio sugli impianti domestici con accertamenti esclusivamente documentali, attivabili solo in presenza di specifiche condizioni di rischio, l’anzianità elevata dell’impianto, la mancata trasmissione dei rapporti o segnalazioni.

«I catasti regionali funzionano però a macchia di leopardo e senza una reale interoperabilità tre le banche dati disponibili – commenta Unione Artigianie i controlli, con poche eccezioni territoriali, risultano complessivamente insufficienti. Ad oggi, ad esempio, in molte zone d’Italia non si riesce a far dialogare i sistemi dei fornitori di gas con i dati catastali, anagrafici, di abitabilità con i dati dell’impianto.
«Questa scelta – prosegue l’associazione – rappresenta di fatto un incentivo ad evadere la manutenzione, con ricadute dirette sulla sicurezza delle abitazioni, sui consumi energetici e sulla qualità dell’aria».

In tale contesto risultano paradossali le sanzioni da 2.000 a 12.000 euro previste per il mancato rispetto dei limiti di temperatura e dei periodi di accensione: controlli che non possono che essere riscontrati fisicamente.

La riduzione delle ispezioni in situ non ha conseguenze negative soltanto sul piano ambientale ed energetico, ma incide direttamente anche sulla sicurezza delle persone.

«Le verifiche sul campo rappresentano infatti uno strumento essenziale di prevenzione, in grado di individuare criticità legate alla combustione, all’installazione o all’evacuazione dei fumi che difficilmente emergono dalla sola analisi documentale – ricorda Unione Artigiani – In un Paese come il nostro caratterizzato da un parco impiantistico in parte importante obsoleto, l’ eliminazione dei controlli diretti rischia di abbassare in modo significativo il livello di tutela della sicurezza domestica, aumentando l’esposizione dei cittadini a incidenti evitabili».

Con le nuove regole, inoltre, scompaiono dal Catasto Impianti e dai relativi controlli i generatori di calore fino a 10 kW, oggi utilizzati anche per la climatizzazione di condomìni di 4-6 unità immobiliari. Questi impianti non avranno più un libretto e non saranno più censiti, con un’ulteriore perdita di controllo sul parco installato.

La bozza del DPR fissa come standard nazionale un solo controllo di efficienza energetica delle caldaie casalinghe ogni quattro anni, salvo che le Regioni dispongano diversamente ma motivandolo in modo “robusto”.
In Lombardia, dove oggi il catasto e il sistema dei controlli funzionano, viene ispezionato come da legge il 5% degli impianti con uscite affidate, tra gli altri agli artigiani impiantisti e manutentori più esperti. Inoltre, sempre in Lombardia, i check-up sull’efficienza si alternano ogni anno nel nostro caso con la pulizia delle caldaie (non obbligatorie per legge ma utile), garantendo meno inquinamento, più sicurezza e maggior risparmio energetico ed economico.

Il forte ridimensionamento delle ispezioni pone anche un tema di coerenza complessiva del sistema dei controlli.
I contributi richiesti ai cittadini – comunemente noti come “bollini” – sono stati introdotti per sostenere i costi delle attività di verifica sugli impianti. Se tali attività vengono drasticamente ridotte o sostituite quasi esclusivamente da controlli documentali, diventa legittimo interrogarsi sul senso degli strumenti economici nati per finanziare un presidio che rischia di essere svuotato. Un sistema credibile deve garantire un equilibrio chiaro tra oneri richiesti ai cittadini e servizi effettivamente resi in termini di sicurezza, tutela ambientale ed efficienza energetica.

“Questo dimostra come la qualità del sistema non dipenda solo dall’architettura normativa o informatica, ma soprattutto dalla possibilità di svolgere controlli effettivi sugli impianti. Il rischio – conclude Unione Artigianiè che le Regioni si adeguino al nuovo assetto nazionale con l’idea di far risparmiare qualche decina di euro l’anno ai cittadini, sottovalutando i rischi e le responsabilità legate alle mancate manutenzioni.
A Regione Lombardia – dicono gli artigiani milanesi – chiediamo fin da ora di mantenere la qualità degli standard esistenti».

Le caldaie senza controllo in Italia continuano infatti a uccidere, ferire e inquinare. Secondo i dati del Comitato Italiano Gas (CIG – rielaborati da Unione Artigiani – tra il 2019 e il 2023 si sono registrati 1.119 sinistri da gas canalizzato per usi civili, con 128 decessi e 1.784 infortunati.
A questi si aggiungono le morti premature, stimate da altre fonti, in almeno 20.000 l’anno, causate dal mix di emissioni di CO₂, NOx e polveri sottili, a cui il riscaldamento domestico contribuisce per oltre la metà: valori ancora troppo elevati per abbassare la guardia.


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