La telenovela, o meglio l’affare della vendita dello stadio di S. Siro, ha occupato tanti schermi e pagine di giornali. Un po’ meno sono state le azioni nei confronti della cittadinanza e dei corpi intermedi.
Tutto è terminato con una delibera (o meglio una non delibera della Giunta Comunale di Milano) che poi è passata in Consiglio Comunale solo per difetto, o meglio per “accordi politici“ e non per procedure.
<<La questione – interviene il segretario Generale UIL Lombardia Enrico Vizza – che ha tenuto impegnati per mesi media, giornali e il comitato SiMeazza, quest’ultimo impegnato per non svendere San Siro, alla fine regala uno dei “gioielli di famiglia” alla speculazione senza nemmeno conoscere l’intero progetto urbanistico>>.
Parlando di numeri, l’area su cui sorge lo stadio e che sarà interessata dalla vendita ha una superficie di circa 280.000 mq. Il progetto prevede che almeno 80.000 mq di quest’area saranno destinati a verde pubblico, di cui circa 50.000 mq saranno cosiddetto “verde profondo”. Oltre allo stadio sono previste funzioni e servizi all’interno del compendio di cui non si conoscono i progetti.
Il prezzo di vendita è pari a 197.075.590 euro; 73 milioni saranno versati al Comune di Milano contestualmente alla sottoscrizione del contratto, la restante parte sarà rateizzata e garantita da apposite fideiussioni bancarie o assicurative.
<<La UIL Lombardia si pone alcune legittime domande – continua Vizza – e lo fa non per partito preso contro il sindaco Sala e la sua giunta ma perché vogliamo capire che impatto avrà sulla cittadinanza questa operazione che a nostro giudizio appare avventata. Dove saranno impegnate le risorse che si ricaveranno? Quanti oneri di urbanizzazione generanno gli interventi edilizi? Cosa andranno a finanziare? Ce lo chiediamo perché in più di una occasione ci siamo trovati di fronte a non sapere e conoscere cosa il Comune di Milano stesse facendo (e in alcuni casi, vedi PNRR, non lo sappiamo nemmeno ora!). Messa così ci sembra una operazione che pone uno spartiacque tra chi non ha nessun interesse economico e chi spinge perché ne ha uno. Ecco a questo si aggiunge pure il controsenso che si è venduto a chi dal 2019 non ha compiuto un’opera di manutenzione dello stadio, che non ha pagato il canone di due anni e le imposte di pubblicità dal 2012. Davanti a questo la cosa non può non farci scaturire le domande che ci siamo posti, perché per il bene dei cittadini e anche dei lavoratori da sindacato libero dobbiamo porcele. Parliamo di persone che non possono affittare o comprare casa a Milano e la paura è che ci si trovi di fronte a una nuova speculazione, a un nuovo impoverimento dei lavoratori con conseguente fuga dalla città e diseguaglianza a favore dei soliti che si possono permettere affitti “monstre” nella vecchia Milano da bere….(ora da mangiare) senza che vengano messe reali risorse sull’edilizia residenziale mettendo così a rischio ancora di più la tenuta sociale del territorio >>.
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