Quando a metà giugno sono scattati i primi sequestri, in pochi avevano colto l’ampiezza dell’onda giudiziaria che stava per travolgere Milano. Oggi, a distanza di poche settimane, l’inchiesta sul presunto “governo ombra del territorio” ha bloccato oltre 150 cantieri, paralizzato l’edilizia pubblica e privata, e messo sotto accusa figure chiave dell’urbanistica cittadina. L’indagine, avviata dalla Procura di Milano, tocca i vertici istituzionali, tecnici e imprenditoriali che hanno gestito la trasformazione della città nell’ultimo decennio.
L’inchiesta: cosa contestano i magistrati
Al centro dell’indagine c’è l’ipotesi di un sistema radicato che avrebbe orientato le scelte urbanistiche della città al di fuori dei canali istituzionali formali. Secondo la ricostruzione degli inquirenti, un nucleo ristretto di funzionari, consulenti, assessori e imprenditori avrebbe influenzato le pratiche edilizie attraverso un piano parallelo di gestione del territorio, fondato su relazioni privilegiate, pressioni interne agli uffici tecnici e utilizzo distorto delle procedure semplificate.
Tra i reati ipotizzati figurano corruzione, falso in atto pubblico, induzione indebita a dare o promettere utilità, abuso d’ufficio, turbativa d’asta e lottizzazione abusiva. Le irregolarità avrebbero prodotto non solo vantaggi economici indebiti per alcuni costruttori, ma anche un danno erariale consistente, legato al mancato versamento degli oneri di urbanizzazione.
I numeri del blocco
Le ripercussioni sono tangibili: oltre 150 cantieri risultano sospesi, congelati o in attesa di riesame, per un valore stimato di 12 miliardi di euro in investimenti diretti e fino a 38 miliardi se si considerano gli effetti a catena su forniture, credito edilizio e occupazione. Tre cantieri sono stati formalmente sequestrati, tra cui quello nell’area del Parco delle Cave e dello Scalo Farini, mentre decine di altri sono stati messi in stand-by per motivi cautelativi. Il blocco amministrativo ha ora effetti anche sulla gestione ordinaria: molti uffici comunali operano con estrema cautela, nel timore di commettere irregolarità.
Le figure chiave nel mirino
Giuseppe Sala
Sindaco di Milano, ex AD di Expo 2015, è iscritto nel registro degli indagati per false dichiarazioni e concorso in induzione indebita. Le accuse non riguardano episodi di corruzione diretta, ma il suo ruolo nella gestione dell’urbanistica e nei rapporti tra amministrazione e privati. Sala ha dichiarato pubblicamente: «Sono sereno. Le mie mani sono pulite». Il Partito Democratico ha confermato il suo sostegno, pur chiedendo un cambio di passo nella governance.
Giancarlo Tancredi
Ex assessore all’Urbanistica e già direttore della Programmazione Urbanistica, è ritenuto dalla Procura il punto di snodo tra dirigenti comunali, consulenti e società immobiliari. È uno dei sei indagati per i quali i magistrati hanno chiesto la misura cautelare ai domiciliari. Il 21 luglio ha rassegnato le dimissioni da ogni incarico istituzionale.
Manfredi Catella
Fondatore di Coima, importante operatore immobiliare, è indagato per la partecipazione a incontri informali e per aver beneficiato di percorsi facilitati per interventi su aree strategiche. Anche per lui è stata richiesta la misura degli arresti domiciliari. Dopo l’interrogatorio del 23 luglio, ha depositato una memoria difensiva e si è autosospeso dai ruoli esecutivi in azienda.
Stefano Boeri
Architetto e presidente della Triennale, risulta coinvolto per la sua attività di progettazione su interventi poi finiti nel mirino dell’inchiesta. Il suo studio è stato perquisito; Boeri ha ribadito di aver operato sempre in trasparenza e nel rispetto delle regole.
Giuseppe Marinoni
Ex presidente della Commissione paesaggio del Comune, è stato interrogato dal Gip e si è avvalso della facoltà di non rispondere, consegnando una memoria scritta. Secondo gli inquirenti, avrebbe fornito pareri favorevoli in contesti privi dei presupposti formali.
Dirigenti e tecnici comunali
Numerosi funzionari e dirigenti del Comune sono coinvolti per presunte omissioni nei controlli o per aver avallato pratiche urbanistiche con documentazione carente. Le indagini puntano a verificare se siano stati soggetti a pressioni o parte attiva del sistema.
Un sistema oltre le carte
A rendere complesso il caso è la natura ibrida delle condotte: non sempre si tratta di episodi penalmente rilevanti, ma spesso di zone grigie, dove discrezionalità tecnica, relazioni politiche e interessi economici si sono sovrapposti. L’inchiesta non riguarda solo tangenti, ma un modello sistemico di gestione del territorio orientato da reti informali più che da strumenti pianificatori.
Secondo la Procura, il punto critico sarebbe l’utilizzo sistematico della SCIA (Segnalazione Certificata di Inizio Attività) in contesti che avrebbero richiesto piani attuativi. Ciò avrebbe permesso ai promotori di ridurre tempi e costi, eludendo la verifica pubblica e il confronto in Consiglio comunale.
Il corto circuito tra urbanistica e politica
La vicenda ha aperto una riflessione ampia sul rapporto tra amministrazione pubblica e grandi interessi immobiliari. Milano, negli ultimi 20 anni, è stata il laboratorio della rigenerazione urbana italiana: Porta Nuova, CityLife, gli Scali Ferroviari. Ma questa trasformazione è avvenuta anche grazie a deroghe, accordi integrativi e iter semplificati, ora finiti sotto la lente giudiziaria.
A preoccupare non è solo ciò che è accaduto, ma ciò che rischia di accadere: con decine di procedimenti ora rallentati o congelati, molti uffici comunali temono il blocco operativo, anche su pratiche ordinarie. Il rischio è la paralisi del sistema, in attesa che il quadro normativo e giudiziario si chiarisca.
Il fronte giudiziario
Il 23 luglio si sono conclusi gli interrogatori di garanzia davanti al giudice per le indagini preliminari. Il Gip si esprimerà sulle richieste di misure cautelari a partire dal 30 luglio. Parallelamente, la Procura ha ottenuto il rinvio a giudizio per sei persone coinvolte in un altro filone dell’inchiesta, quello delle “Park Towers” in zona Crescenzago: il processo inizierà il 12 novembre.
Il Comune ha avviato una revisione interna delle pratiche edilizie a partire dal 2020. Intanto, la Regione osserva con attenzione lo sviluppo dell’inchiesta, che potrebbe avere conseguenze anche oltre i confini milanesi.
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