Il caso San Raffaele riporta al centro una questione che UIL Lombardia solleva da tempo: i rapporti tra Regione e sanità privata accreditata non possono essere governati in assenza di regole chiare sul lavoro, sull’organizzazione dei servizi e sulla qualità dell’assistenza.
Le dichiarazioni dell’assessore al Welfare, Guido Bertolaso, che si dice privo degli strumenti per imporre adempimenti ai soggetti privati contrattualizzati con il Servizio sanitario regionale, mettono in evidenza un limite dell’attuale impianto normativo, ma non escludono la possibilità di un intervento regolatorio coerente con l’ordinamento costituzionale.
«La sentenza della Corte costituzionale – evidenzia il segretario confederale UIL Lombardia Salvatore Monteduro – chiarisce un punto fondamentale :le Regioni possono intervenire, se lo fanno nel perimetro corretto. Non si tratta di legiferare sul lavoro privato, ma di stabilire le condizioni per l’erogazione di servizi pubblici finanziati con risorse pubbliche. Nel caso della sanità accreditata questo principio è ancora più rilevante>>.
Un chiarimento rilevante arriva dalla recente sentenza n. 188/2025 della Corte costituzionale, che ha riconosciuto la legittimità dell’intervento delle Regioni nel fissare condizioni sociali e contrattuali vincolanti per l’accesso a risorse pubbliche, in particolare:
- l’obbligo di applicazione dei contratti collettivi nazionali di lavoro sottoscritti dalle organizzazioni sindacali e datoriali comparativamente e maggiormente rappresentative;
- il contrasto a pratiche di dumping contrattuale negli appalti e nei servizi finanziati con fondi pubblici.
«Nel caso della sanità accreditata – continua Salvatore Monteduro – questo principio è ancora più rilevante. Chi opera per conto del Servizio sanitario regionale deve rispettare regole chiare sui contratti applicati, sull’organizzazione del lavoro e sulle responsabilità professionali. L’affidamento strutturale di prestazioni sanitarie convenzionate a cooperative o a soggetti terzi non può diventare una scorciatoia per aggirare questi principi. La giurisprudenza costituzionale offre oggi indicazioni precise anche per la Lombardia: è possibile rafforzare i requisiti di accreditamento e contrattualizzazione, vincolandoli all’applicazione dei CCNL maggiormente rappresentativi e a modelli organizzativi coerenti con la qualità delle cure e la sicurezza dei pazienti. La qualità del lavoro è parte integrante della qualità del servizio. Non può esistere un servizio sanitario pubblico solido se fondato su lavoro frammentato, esternalizzato e precario».
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