Allevamenti intensivi, Pavia non deve diventare terra di conquista

Quanto a estensione delle superfici coltivate la provincia di Pavia è la prima provincia agricola lombarda, e l’unica a presentare una agricoltura altamente differenziata, orientata com’è alla produzione di alimenti, in una regione che invece si caratterizza per la produzione di foraggi destinati ad una specializzazione zootecnica diventata oggi estremamente intensiva e inquinante.

L’agricoltura pavese ha anche una spiccata vocazione alle produzioni di qualità, come certifica il dato delle aziende che hanno scelto di produrre con metodo biologico (oltre il 10% del totale), in una regione che invece è l’ultima della classe, in Italia, per questa modalità di produzione. La presenza di aree protette (in primis il parco del Ticino, ma anche i siti della rete europea Natura 2000 come quello della Lomellina) rappresenta un elemento di pregio in più dell’offerta di qualità territoriale che può e deve potersi tradurre in una distintività delle aziende del territorio, che assicuri ai consumatori alimenti sani e di alta qualità, e ai produttori una adeguata remunerazione.

Una agricoltura con un’alta vocazione alla qualità e all’eccellenza territoriale, e soprattutto con grandi disponibilità di superfici che fanno gola a molti, in primo luogo ai costruttori di capannoni, e tra questi gli imprenditori della zootecnia industriale. Altrove questa attività ha esaurito gli spazi di crescita, soprattutto nelle province in cui l’eccessivo carico di animali allevati è divenuto la principale causa di crisi ambientale e di emissioni nocive, sia in atmosfera (metano, ammoniaca e polveri sottili) sia nelle acque.

Forse è proprio per questo che negli ultimi mesi le comunità locali si sono dovute misurare con grandi progetti di allevamenti intensivi: si è cominciato con il progetto da 200.000 galline ovaiole a Casei Gerola, e si è continuato con quello di Travacò Siccomario, dove se ne vorrebbero altre 40.000. In entrambi i casi, l’opposizione locale, sostenuta anche dalle associazioni ambientaliste e animaliste, è risultata efficace, ma il rischio è sempre dietro l’angolo. Per questo le associazioni Legambiente Lombardia, Essere Animali e Terra!, che stanno collaborando per promuovere sistemi agroalimentari sostenibili in Lombardia nell’ambito di un progetto supportato da Fondazione Cariplo, lanciano un appello agli enti di governo locale della Provincia di Pavia: in primis all’amministrazione Provinciale, ma anche al Parco del Ticino e ai comuni.

“Chiediamo che sia tutelato un paesaggio agricolo unico insieme alle sue produzioni alimentari, spiegano le organizzazioni promotrici, “in una regione che soffoca sotto il peso dell’inquinamento e in cui i numeri eccessivi dell’allevamento sono parte del problema, la provincia pavese può essere in prima linea per una transizione agroecologica che punti su cibi sani prodotti in un ambiente sano. Per questo, occorre impedire che un sistema agroalimentare con vocazione all’eccellenza venga manomesso da parte di imprese che invece puntano tutto sull’allevamento industriale.”

Proprio traendo spunto dall’iniziativa assunta dal comune di Travacò, che si è impegnato a dotarsi di uno strumento che impedisca l’insediamento di allevamenti intensivi, le associazioni chiedono che l’iniziativa sia condivisa ed estesa.

“Quanto chiediamo a comuni ed enti provinciali non è diverso dai contenuti della proposta di legge sulla conversione agroecologica degli allevamenti intensivi, depositata da parlamentari di diverse forze politiche nel marzo 2024. Mentre la legge segue il suo iter a livello nazionale, è però bene che i territori, soprattutto quelli che soffrono di condizioni più severe di inquinamento, si attrezzino per prevenire l’espansione degli allevamenti intensivi,” dichiara Federica Ferrario, responsabile campagne dell’associazione Terra!.

La proposta di legge (PdL 1760, Disposizioni in materia di riconversione del settore zootecnico per la progressiva transizione agroecologica degli allevamenti intensivi), che si avvale del sostegno di un’ampia alleanza di associazioni ambientaliste, chiede, oltre alla moratoria sui nuovi allevamenti intensivi, anche misure per sostenere la transizione verso modalità e dimensioni più sostenibili per gli allevamenti esistenti, ponendo in primo piano sia il tema del benessere degli animali allevati, sia quello del sostegno e dell’assistenza alle piccole aziende agricole, insieme alle garanzie di cibo sano per i consumatori.

“Il sistema intensivo di allevamento non è dannoso solo per gli animali allevati, ma anche per le aziende agricole e i consumatori,” spiega  Damiano Di Simine, responsabile scientifico di Legambiente Lombardia. “Puntare tutto su produttività ed economia di scala risponde all’interesse dell’industria alimentare, non a quello delle piccole e medie aziende agricole: non è un caso se in Lombardia, nonostante il numero di animali allevati sia elevatissimo, vi sia una grave mortalità per gli allevamenti, che chiudono al ritmo di quasi due aziende al giorno.”.

L’intento delle tre associazioni è di operare su più livelli per il cambiamento del sistema agroalimentare, dalla produzione del cibo al suo consumo consapevole, coniugando sostenibilità ambientale e salute umana.

“E’ sempre più chiaro e riconosciuto in tutte le sedi che è prioritario, prima di tutto per la salute umana, adottare comportamenti alimentari responsabili, che contemplino la riduzione dei consumi di alimenti di origine animale,” conclude Chiara Caprio dell’associazione Essere Animali. “Per questo è necessaria una trasformazione del sistema dell’allevamento, della trasformazione e della distribuzione alimentare, per puntare sulla qualità anziché sulla quantità delle produzioni. L’agricoltura dei territori pavesi ha molte carte da giocare nella transizione verso sistemi agroalimentari sostenibili”


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