Photo Grant Deloitte 2025, mostra in Triennale

27 novembre 2025 – 25 gennaio 2026

Triennale Milano presenta la mostra della 3° edizione del premio Photo Grant Deloitte, promosso da Deloitte Italia con il patrocinio di Fondazione Deloitte, in collaborazione con Triennale Milano, la direzione artistica di Denis Curti e il team di BlackCamera.

La mostra accoglie – nelle sue due sezioni – i progetti fotografici Hero, Father, Friend di Carlos Idun-Tawiah (1997), il fotografo e regista ghanese vincitore di questa edizione 2025, categoria Segnalazioni, e Reinas di Fabiola Ferrero (1991), la fotografa venezuelana vincitrice dell’edizione 2024, categoria Open Call.

È presentata anche un’anteprima del progetto Go Live di Atefe Moeini (1998), l’artista iraniana vincitrice dell’edizione 2025, categoria Open Call.

Dopo aver indagato i concetti di Connections e Possibilities, al centro rispettivamente della prima e della seconda edizione, quest’anno il Photo Grant di Deloitte ha promosso il tema Contrast. L’edizione 2025, infatti, ha invitato fotografe e fotografi a indagare i contrasti tra uguaglianze e disuguaglianze, prendendo come riferimento i diversi aspetti contraddittori insiti nella società contemporanea. I partecipanti al concorso hanno avuto il compito di dare voce a chi spesso rimane inascoltato, offrendo così i presupposti per la creazione di uno spazio libero e votato al confronto, dove l’immagine fotografica può contribuire significativamente alla costruzione di un dialogo edificante su un tema urgente e attuale.

Il lavoro fotografico Hero, Father, Friend di Carlos Idun-Tawiah si presenta come un diario intimo, un viaggio profondo attraverso la memoria, innescato dal lutto e dalla ricerca della propria identità. L’autore affronta infatti il vuoto creato dalla perdita del padre, segnato dalla scarsissima, se non nulla, documentazione fotografica che testimonia il loro rapporto. L’assenza di immagini visive ha reso i ricordi sbiaditi, diventando così una ricostruzione mentale e immaginaria di quel legame.

Protagonisti delle fotografie sono momenti sulla spiaggia con lo zio, lezioni di pianoforte con il nonno, partite di calcio con i cugini più grandi: queste esperienze hanno colmato l’assenza del padre e hanno ricordato all’artista che l’amore spesso arriva in modi inaspettati. Nasce così una riflessione sulla paternità non solo come un ruolo biologico o di responsabilità, ma come un dono che può manifestarsi in molte forme.

Il lavoro vive così nella tensione tra realtà e finzione, intrecciando due linee temporali: una radicata nelle esperienze vissute con zii, mentori e anziani della chiesa che hanno preso il posto del padre dopo la sua scomparsa; l’altra immaginaria, plasmata da ciò che avrebbe potuto essere. La fotografia diventa così uno strumento capace di collocare passato, presente e futuro in un’unica dimensione atemporale.

Il lavoro presentato da Fabiola Ferrero si è concentrato su due aspetti identitari del Venezuela: la produzione del petrolio e la bellezza delle donne. Ancora oggi, il Paese detiene la più grande riserva di petrolio al mondo e il maggior numero di titoli internazionali di bellezza.

Negli anni ‘50, grazie agli stretti legami con gli Stati Uniti e l’Europa per investimenti esteri e immigrazione, il Venezuela entrò in un’epoca di grande sviluppo. Il concorso Miss Venezuela, introdotto nel 1952 dalla compagnia americana PanAm Airlines, faceva parte di questo periodo fiorente ed esprimeva gli ideali di progresso attraverso la figura femminile.

Negli ultimi sei anni, Fabiola Ferrero ha concentrato il proprio lavoro sul declino del Venezuela, esplorando le conseguenze del deterioramento dell’industria petrolifera e la perdita degli ideali a essa legati. Attualmente, la sua ricerca si spinge verso aspetti più profondi dell’identità del Paese, indagando, attraverso l’archetipo della reginetta di bellezza, ciò che resta del mito di crescita e modernità che ha segnato il boom economico nella seconda metà del Novecento.

Il progetto fotografico Go Live di Atefe Moeini nasce da un’esperienza biografica dell’artista: nel 2018 è stata arrestata dalla polizia morale a Teheran per aver indossato jeans strappati, un foulard rosso e un cappotto lungo. Questo evento è stato l’inizio di Go Live, lavoro fotografico ancora in corso, incentrato sulle vite delle donne iraniane, la cui presenza nello spazio pubblico è costantemente sorvegliata, giudicata e punita.

Moeini ritrae donne che, come lei, sono state arrestate o ammonite per il loro abbigliamento, chiedendo loro di indossare proprio quegli abiti incriminati. Alcune mostrano il volto, altre scelgono l’anonimato. Insieme, danno forma a una ribellione silenziosa, una memoria visiva di resistenza, orgoglio e sopravvivenza. Go Live è una testimonianza potente sull’essere viste, dopo anni in cui è stato imposto di non esserlo.


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