FILMMAKER FESTIVAL 2025, dal 15 al 23 novembre sugli schermi di Arcobaleno Film Center, Cineteca Milano Arlecchino, Cineteca Milano MIC e Careof.
Novanta film, nove giorni di proiezioni, decine di ospiti: l’appuntamento con Filmmaker rinnova l’incontro con le espressioni più interessanti e nuove del cinema di ricerca, cercando gli sguardi più curiosi e informati, ma anche e soprattutto le espressioni più consapevoli e le forme più convincenti. Perché in un momento tragico, ma non privo di speranze come questo, alla testimonianza occorre accostare la riflessione, alla presa di posizione l’approfondimento storico e la ricerca interdisciplinare. Nella consapevolezza che a Milano tutto o quasi accade prima.
Il programma si articola in sette sezioni: Concorso Internazionale, Concorso Prospettive, Fuori Concorso, Retrospettiva VALIE EXPORT, Filmmaker Moderns, Interferenze, Filmmaker Expanded per un totale di 90 titoli di cui 38 prime mondiali e 14 prime italiane.
SERATA DI APERTURA
FILMMAKER 2025 inaugura con Ghost Elephants di Werner Herzog, sabato 15 novembre alle 21.30 all’Arcobaleno Film Center. Il potere delle immagini, la prevalenza della rappresentazione sulla testimonianza, la forza del mito sulla realtà: con Ghost Elephants Herzog riflette sul cinema documentario, interroga l’ambiguo potere dello sguardo e diverte con la sua beffarda narrazione. Un inizio perfetto per FILMMAKER, un festival che ai suoi spettatori propone sguardi critici senza mai trascurare il fascino delle seduzioni.
“Non dovete aspettarvi un film sugli animali selvatici: questo è un film su una missione. Gli elefanti compaiono per pochi secondi nelle immagini confuse di un cellulare perché nessun altro è riuscito a vederli. Ma quello che volevo era restituire il loro spirito”. Werner Herzog continua con Ghost Elephants la propria esplorazione dei rapporti fra l’uomo e la natura, e il suo avventuroso viaggio tra la disordinata bellezza dei sentimenti che sono l’unica verità nella menzogna. Il protagonista, Steve Boyes, è un biologo sudafricano con l’ossessione di catturare le immagini degli “elefanti fantasma”, creature misteriose che abitano gli altopiani dell’Angola e della Namibia e che forse nessuno ha mai visto. In fondo egli spera di non trovarli mai così da continuare a vivere il suo sogno, quella ricerca infinita che dà senso alla sua esistenza. Herzog lo segue, anche lui non interessato agli elefanti ma piuttosto agli incontri con uomini e animali, alle epifanie improvvise di un paesaggio, alla registrazione dell’ostinazione spesso eroica del desiderio. Un regista sempre riconoscibile nelle infinite variazioni dei suoi lavori, fiducioso del suo gesto filmico, capace di regalarci illuminazioni sempre feconde.
SERATA DI CHIUSURA
Gioia mia, l’esordio folgorante di Margherita Spampinato, è stato uno dei colpi di fulmine dell’anno. Un romanzo di formazione nel passaggio dell’estate, orchestrato con dolce complicità in un confronto alla pari fra i due protagonisti – Aurora Quattrocchi nei panni della burbera zia e Marco Fiore, bambino iperconnesso costretto a rinunciare ai comfort cui è abituato – al di là dei settant’anni che li separano. In un mondo di antichi palazzi scricchiolanti, di ironia e di misteri, di pomeriggi al mare e di tarocchi reinventati da uno sguardo infantile che unisce la zia e il nipote. Una regia perfetta per un film pieno di immaginazione, perfetto per guardare al futuro e salutarci con leggerezza.
CONCORSO INTERNAZIONALE
Tredici i titoli, tutti in anteprima italiana o mondiale, che intrecciano generi, linguaggi, vissuti e accolgono la sfida che attraversa l’intera programmazione del Festival: una forma capace di confrontarsi con le domande del presente. Ogni autrice e autore traccia un segmento di una ideale mappa del nostro tempo che esplora le guerre in corso, i femminismi e le questioni di genere, l’ecologia e i fenomeni migratori, la ricerca di una società più giusta e inclusiva a partire dall’invenzione di una politica del cinema – prima che di un cinema politico.
- Paul, Denis Coté – prima italiana
- Nuit obscure-Ain’t I a Child? Sylvain George – prima italiana
- Mater Insula, Fatima Bianchi – prima mondiale
- L’albero di trasmissione 2-La vendetta, Fabrizio Bellomo – prima mondiale
- Tales of the Wounded Land, Abbas Fadhel- prima italiana
- The Vanishing Point, Bani Khoshnoudi – prima italiana
- Mare’s Nest, Ben Rivers – prima italiana
- Morgenkreis, Basma Alsharif – prima italiana
- Little Boy, James Benning – prima italiana
- After lives, Kevin B. Smith – prima italiana
- As Estaçoes, Maureen Fazendeiro – prima italiana
- Di notte, Anouk Chambaz – prima mondiale
- Merging Bodies, Adrian Paci – prima italiana
Il corpo delle donne come campo di battaglia dalla traumatica rivoluzione khomeinista nel 1979 a oggi è al centro di The Vanishing Point della regista e artista iraniana – con base a Parigi – Bani Khoshnoudi. Muovendosi intorno a un “tabù” famigliare – la vicenda della cugina uccisa in carcere dal regime – il film arriva fino a oggi, al movimento Donna Vita Libertà che ha riportato iraniane e iraniani a chiederne la fine.
Le questioni di genere risuonano in Mater Insula di Fatima Bianchi – uno dei due titoli italiani della sezione, in prima mondiale – in cui la regista mette al centro l’esperienza della maternità nelle sue complessità insondabili. Cinque donne sono riunite in uno studio di registrazione e parlano liberamente del proprio vissuto di donna e di madre.
Anouk Chambaz, artista e videomaker, esplora in Di notte le memorie infantili e i loro traumi. Un film sulla frontiera geografica e delle immagini.
Che cinema fare ai tempi di Gaza? Con questa domanda, che riecheggia negli immaginari sensibili attuali si confronta Abbas Fahdel, iracheno, autore nel 2015 di Homeland: Iraq Year Zero definito dalla autorevole rivista “Sight and Sound” uno dei dieci documentari del millennio. Tales of The Wounded Land, premio della Giuria allo scorso festival di Locarno, è un diario che narra a partire dal vissuto del regista l’attacco di Israele al Libano, dove abita con la moglie e la figlioletta. Quest’ultima diviene lo sguardo narrante: è attraverso le sue emozioni che seguiamo la loro fuga, il ritorno dopo l’intermittente cessate il fuoco, la devastazione e il dolore degli abitanti e dei luoghi. Una forma personale che si fa espressione di un trauma collettivo.
È invece il paesaggio degli Stati Uniti – sociale e politico – che indaga James Benning, filmmaker e artista americano in Little Boy. Il titolo, ispirato al nome della bomba sganciata su Hiroshima nel 1945 dagli americani, ne traccia una storia attraverso i discorsi dei presidenti Usa, da Eisenhower a Trump.
Ci pone domande estremamente attuali Kevin B.Lee in After lives, un desktop film che si mescola al video essay per indagare la rappresentazione della violenza contemporanea. Mentre Adrian Paci, artista con la passione per le immagini in movimento, esplora in Merging Bodies la tensione fra il corpo degli operai, la materia e il ritmo della fabbrica in una idea di “reincantamento” della propria attività quotidiana.
Le distopie delle emozioni sono la materia su cui lavora Denis Coté in Paul. Il pluripremiato regista del Quebec si relaziona con un ragazzo sovrappeso e depresso che ha trovato la sua dimensione nel nickname social con cui si propone come “slave”. Storia di una rinascita che interroga un sentimento comune: cosa è reale? ciò che siamo o ciò che mostriamo?
Parlano di migrazioni i lavori di Sylvain George (Nuit obscure- Ain’t I a Child?) e di Basma al-Sharif (Morgenkreis). Nel primo, che conclude la trilogia Nuit obscure, il cineasta francese ritrova i ragazzi che ha filmato per diversi anni a Melilla a Parigi, dove le loro strategie di sopravvivenza rivelano la crisi delle democrazie europee. La stessa messa in evidenza da al-Sharif, di origini palestinesi, oggi a Berlino, nella vicenda di un padre e di un figlio in Germania alle prese col questionario dell’integrazione.
Come sarebbe un mondo senza adulti? Prova a immaginarlo Ben Rivers in Mare’s Nest. Dopo un’apocalisse sono rimasti soltanto i bambini, anche il linguaggio è mutato, forse è possibile ripartire verso un futuro di pace. Ispirato a un racconto di Don De Lillo.
L’invenzione di un territorio modula la narrazione di Maureen Fazendeiro nel suo lungometraggio di esordio, As Estaçoes (Le stagioni). Girato nell’Alentejo, in Portogallo, in 35 mm, ritrova le tracce della Rivoluzione portoghese del 25 aprile, i miti, le leggende di una terra e dei suoi abitanti, le contraddizioni del presente. Un “film di archeologia” attraverso il ciclo delle quattro stagioni.
Bari ieri e oggi, le incessanti gentrificazioni. Nel ritorno ai personaggi del suo film di undici anni fa Fabrizio Bellomo con L’albero di trasmissione 2 – La vendetta – secondo titolo italiano del concorso in prima mondiale – indaga le trasformazioni forzate di un quartiere e dei suoi abitanti.
CONCORSO PROSPETTIVE
Cosa pensa la Generazione Z? Quali sono desideri, paure, riferimenti di chi è cresciuto nel flusso della rete e in una possibile infinita rappresentazione di sé e del mondo? È questo il terreno su cui lavora la selezione del Concorso Prospettive, riservato alle giovani registe e ai giovani registi italiani fino ai 35 anni che si pone dalla sua nascita come un laboratorio dove indagare le tendenze a venire. Venti titoli in prima mondiale o nazionale che esprimono i sentimenti della contemporaneità.
- GRWM, Alice Pettorazzi – prima mondiale
- Le isole non si sentono mai sole, Andrea De Fusco – prima mondiale
- Suspension of belief, Cosimo Iannunzio – prima mondiale
- Manual of Self-Destruction, Elisa Baccolo – prima mondiale
- La lucciola, Fabrizio Bartolini – prima mondiale
- Léa Est Partie Avec Les Fleurs, Francesco Alessandro Cogliati – prima mondiale
- unidentified, Francesco Zanatta – prima mondiale
- Proprio Qui, Gaetano Di Gaetano – prima mondiale
- Dote femminile, Laura Macaluso, Salvatore Tummineri – prima mondiale
- Sueña Ahora, Gabriele Licchelli, Francesco Lorusso – prima mondiale
- Disco D(e)ad, Lilly Di Rosa – prima italiana
- We are Animals, Lorenzo Pallotta – prima italiana
- Waltzer, Luca Guanci – prima mondiale
- The Silent Majority of Good Romanian People, Luca Pinteala – prima italiana
- Outside the Box: An Authentic Portrait of Charlemagne Palestine, Nicola Pietromarchi – prima mondiale
- Frana Futura, Sofia Merelli – prima mondiale
- Il passaggio, Giovanni Santostasi – prima mondiale
- Imaging, Chiara Ferretti – prima italiana
- Il viaggio di ritorno, Alessandro Guerriero – prima mondiale
- Corpi estranei, Maria Begossi – prima mondiale
La rappresentazione di sé, tra vero e falso, pubblico e intimo, messinscena e pudore è uno dei temi ricorrenti. Da Imaging di Chiara Ferretti, che sceglie come terreno di indagine la moda, luogo “privilegiato” dell’apparenza, a Manual of Self-Destruction di Elisa Baccolo fra solitudine e AI; e ancora, Proprio Qui di Gaetano di Gaetano; GRWM di Alice Pettorazzi; Corpi estranei di Maria Begossi.
Che fare se il Pianeta brucia? Il grido inascoltato dei più giovani echeggia ugualmente vicino e lontano. Nella Liguria che vede sgretolarsi il suo territorio (Frana futura di Sofia Merelli) e nella Laguna di Venezia (Le isole non si sentono mai sole di Andrea De Fusco); fra la gentrificazione di Milano (Il Passaggio di Giovanni Santostasi) e le tracce di un presente di guerra nella sua archeologia (Suspension of belief di Cosimo Iannunzio).
A Cuba dove la notte è senza elettricità (Suena ahora di Gabriele Licchelli, Francesco Lorusso e Andrea Settembrini), nell’ incontro forse impossibile fra l’uomo, l’animale e la sua rappresentazione (La lucciola di Fabrizio Bartolini; Il viaggio di ritorno di Alessandro Guerriero), in un paesaggio di linee senza tempo (unidentified di Francesco Zanatta), nel contrasto luce/buio della natura (We are Animals di Lorenzo Pallotta).
La famiglia rimane un punto di partenza per indagare la dimensione collettiva, nei rapporti coi genitori (Disco D(e)ad di Lilly De Rosa; Léa est partie avec les fleurs di Francesco Alessandro Cogliati), in una memoria famigliare che narra anche un Paese, la Romania (The Silent Majority of Good Romanian di Luca Pinteala) e nella violenza di genere nascosta in una relazione (Dote femminile, Laura Macaluso, Salvatore Tummineri).
Infine, due eccentrici ritratti come allenamento del cinema: Outside The box: An authentic Portrait di Nicola Pietromarchi e Waltzer di Luca Guanci.
FUORI CONCORSO
Cinque proposte, cinque sguardi diversi che mettono al centro la cronaca, l’analisi, la letteratura, le immagini cercando le fratture invece che le risposte “semplici” alle domande del nostro tempo.
Put Your Soul in Your Hands and Walk narra Gaza e il genocidio attraverso il dialogo fra la regista Sepideh Farsi, iraniana della diaspora, e Fatima Hassona, giovane giornalista e fotoreporter palestinese che sta a Gaza City assediata dagli israeliani. Fin dai primi scambi a distanza fra le due donne, il film racconta la distruzione. Lo fa con le parole di Fatima, col suo bellissimo sorriso, che si apre generoso sul suo volto nonostante le bombe esplodano a poca distanza. La sua speranza era quella di “trovare la bellezza anche tra le macerie” e far vedere con le sue foto la realtà di Gaza al mondo. Perché i palestinesi non siano soli nel loro dolore dobbiamo essere noi che a Gaza non siamo, a guardare. Come mostrare allora il genocidio, la tragedia del nostro tempo? Put Your Soul on Your Hand and Walk osa guardare nell’inferno della guerra senza filtri, attraverso semplici videochiamate. Fino al finale, quando Fatima e la sua famiglia vengono uccise dall’esercito israeliano, lo scorso aprile.
Alla stessa domanda, “come parlare del genocidio?” prova a rispondere dall’interno di Israele Nadav Lapid in Yes, uno spietato smascheramento della società israeliana, delle sue viltà, delle sue responsabilità. Lapid, israeliano che ha scelto di vivere a Parigi, da sempre molto critico verso il suo Paese dove è poco amato, in uno stile punk e dissonante, accetta senza compromessi la responsabilità di realizzare un film nell’oscenità di un paese genocidario, colpevole del massacro quotidiano di migliaia e migliaia di palestinesi e dell’apartheid. Uno dei casi cinematografici dell’anno.
Si può filmare la letteratura? È il punto di partenza per Claire Simon in Ecrire la vie. Annie Ernaux racontée par des lycéennes et des lycéens. Lo sguardo della regista francese incontra la scrittura di Annie Ernaux. Entrambe attive nella pratica del femminismo e narratrici di vite mettono le loro sensibilità artistiche alla prova della realtà. Filmando in diverse scuole della Francia, fra le giovani e i giovani liceali che leggono i testi di Ernaux, Premio Nobel per la letteratura nel 2022, Simon ne cerca la corrispondenza coi loro vissuti che esprimono le questioni universali: rapporti famigliari, ricerca di sé, identità di genere, sessualità. La parola letteraria è restituita al presente, viva, come uno spazio in cui riconoscersi.
È un film saggio Leibniz – Chronicle of a Lost Painting di Edgar Reitz, nel quale il grande regista tedesco, autore di Heimat, oggi più che novantenne, spostandosi indietro nei secoli esplora il ruolo delle immagini e il loro potere di rappresentazione, Al centro di questa nuova “cronaca” vi è la figura di Leibniz che la regina Carlotta di Prussia vuole far ritrarre da un famoso pittore. L’artista e Leibniz però non si intendono: il primo cerca la somiglianza, il secondo la considera una mascherata. Così la sovrana chiama una giovane artista olandese che, invece di riprodurre le sembianze del filosofo, cerca di cogliere il mistero dell’uomo, e il film prende il volo.
Con Il damo, in prima mondiale, Luca Ferri, autore eccentrico nel panorama del cinema italiano, realizza un nuovo capitolo nella sua ricerca di visioni e forme strabiche. L’intreccio di tre solitudini metropolitane viene orchestrato tra pieni e vuoti, equilibri impossibili e una grande attenzione agli spazi di un teatro domestico che rimane sulla soglia.
“BODY DOCUMENTS” RETROSPETTIVA VALIE EXPORT
È dedicata all’artista austriaca VALIE EXPORT la retrospettiva di Filmmaker 2025. Col titolo BODY DOCUMENTS, il focus curato da Tommaso Isabella, e realizzato con la collaborazione del Forum Austriaco di Cultura a Milano, vuole esplorare l’opera di una figura che è oggi un’icona dell’arte contemporanea, riferimento per molte artiste delle generazioni successive – da Marina Abramovic a Cindy Sherman – fra le prime a mettere in discussione lo sguardo maschile e il patriarcato con la pratica della performance nello spazio pubblico.
Performer, fotografa, filmmaker, femminista, VALIE EXPORT (Linz, 1940) in oltre sessant’anni di carriera ha attraversato una molteplicità di media e pratiche, mostrando in ogni suo intervento un senso affilato per la provocazione e una prospettiva politica radicale. Sin dai suoi esordi, negli anni Sessanta, che creano scandalo e sconvolgono la scena artistica austriaca del tempo, dalla quale sarà a lungo ostracizzata, EXPORT nome d’arte ispirato a una marca di sigarette austriaca, afferma un gesto creativo in rivolta, la cui materia e strumento è il corpo femminile e femminista dell’artista, in relazione allo spazio pubblico, al suo ambiente sociale e culturale.
“Cosa sarebbe l’arte se non derivasse dal desiderio di cambiare il mondo?” si chiede. Una domanda che è un’affermazione poetica e politica, resa visibile in performance diventate leggendarie come Tapp-und Tastkino (1968) in cui, indossando una protesi a forma di box, invita i passanti nelle strade di Vienna a assistere a un cinema sensoriale che ha per oggetto il suo stesso corpo o Aus der Mappe die Hundigkeit dove, ribaltando i tradizionali rapporti di potere tra i sessi, vagabonda tenendo al guinzaglio l’artista concettuale e curatore Peter Weibel o ancora Aktionshose Genitalpanik (1969) quando, con lo sguardo fisso verso l’obiettivo, un fucile semiautomatico puntato contro lo spettatore e i genitali in mostra, fa irruzione in un cinema di Colonia capovolgendo la percezione del “body” e trasformandolo in un simbolo di violenza. Un percorso artistico grazie al quale, attraverso l’esplorazione del corpo come portatore di domande e conflitti, EXPORT stimola il pubblico a mettere in discussione le strutture di potere dietro l’erotismo, lo sguardo maschile, le questioni di genere, i ruoli del femminile in un continuo rovesciamento che diviene il punto di partenza per una critica alla società. E che risuona nel nostro presente.
Articolata in quattro programmi, la retrospettiva, ospitata alla Cineteca Milano MIC, verte principalmente sui cortometraggi sperimentali, sulle documentazioni delle performance nonché su alcuni lavori documentari realizzati da EXPORT nella fase più avanzata della sua carriera. I diversi programmi saranno introdotti da artiste e curatrici che hanno particolari legami con la sua opera.
PROGRAMMA 1
Selbstportrait mit Kopf (Self-Portrait with Head), 1966-1967; Body Tape, 1970; Interrupted Line, 1971-1972; Hauchtext: Liebesgedicht (Breath Text: Love Poem), 1970-1973; Sehtext: Fingergedicht (Visual Text: Finger Poem), 1973; Adjungierte Dislokationen (Adjunct Dislocations), 1973; Raumsehen und Raumhören (Space-Seeing – Space-Hearing), 1973-1974; Remote… Remote…, 1973; Hyperbulie, 1973; Asemie – die Unfähigkeit, sich durch Mienenspiel ausdrücken zu können (Asemie or the Inability Expressing Oneself through Facial Expressions), 1973; Syntagma, 1984; Vaginan, 1997
PROGRAMMA 2
Orgasmus, 1966-1996; TAPP und TASTKINO (Touch Cinema), 1968-1989; Die süße Nummer. Ein Konsumerlebnis (The Sweet Number. An Experience of Consumption), 1969; Facing a Family, 1971; Mann & Frau & Animal (Man & Woman & Animal), 1970-1973; Schnitte/Elemente der Anschauung (Cuts/Elements of Observation), 1971-1974; Body Politics, 1974; Delta. Ein Stück (Delta. A piece) 1976-1977; Ein perfektes Paar oder die Unzucht wechselt ihre Haut / Lust, 1986
PROGRAMMA 3
Gedichte (Poems), 1966-1980; Elfriede Jelinek. News from Home 18.8.88, 1988; Das Unsagbare Sagen (The Unspeakable Speaking), co-dir. Ingrid Wiener, Oswald Wiener, 1992; i turn over the pictures of my voice in my head, 2009
PROGRAMMA 4
Unsichtbare Gegner (Invisible Adversaries), 1977
FILMMAKER MODERNS
Vuole essere quest’anno lo spazio aperto per un cinema italiano “fuori norma”, che persegue una ricerca creativa fra generi e formati. Così come è la pratica cinematografica del suo “ispiratore”, il modern Francesco Ballo di cui vedremo un nuovo programma fra “esperimenti” e “passeggiate”.
È una fiaba lisergica al presente e in 16 mm 1799, diario di Fulvio Risuleo, regista anomalo nel cinema italiano che si muove sul confine di metropoli e fumetti. Davide Palella crea il suo universo post-apocalittico con gli archivi del passato (Cacciatori di uranio), mentre Antonio Morra in Los Ingràvidos realizza un racconto di formazione in lingua maya tra violenza umana e natura. Una ricerca quella della relazione con l’ambiente che accompagna anche le immagini di Alberto Baroni (L’hermite).
Lavora si bordi della letteratura e della memoria Filippo Ticozzi che, con il suo Io mi sono conosciuto nel sogno esplora l’universo poetico di Guido Morselli unendo alle parole i film in 8mm dello stesso scrittore.
INTERFERENZE: BERIO E IL CINEMA
Nel centenario della nascita di Luciano Berio (1925-2003), uno dei più geniali compositori del Novecento abbiamo cercato le interferenze fra il suo pensiero sempre aperto alla contemporaneità e un’immagine altrettanto rivoluzionaria.
Il primo incontro è con Chris Marker, uno dei più grandi sperimentatori della storia del cinema, la musica di Berio è nella bellissima sequenza di apertura di Le fond de l’air est rouge, il capolavoro di Marker, realizzato nel 1977: le tracce delle rivoluzioni e delle utopie perdute o mai avvenute in un movimento a ritroso che riavvolge la Storia fino a dieci anni prima.
Il programma, realizzato in collaborazione con MMT Creative Lab, presenta anche Il canto d’amore di Prufrock (1967) di Nico D’Alessandria, uno dei ribelli del nostro cinema, che ispirato all’omonimo poema di T. S. Eliot unisce la recitazione di Carmelo Bene alla musica di Berio, e due cortometraggi di Nelo Risi con la musica di Berio realizzati nel 1960 per Olivetti che celebrano il potere liberatorio dei calcolatori elettronici: Elea classe 9000, La memoria del futuro.
FILMMAKER EXPANDED
Confermata per il quarto anno la sezione dedicata alle esperienze immersive e XR Filmmaker Expanded, iniziativa organizzata in collaborazione con XR Lab (Centro di Ricerca Coordinata EXT – Extended Realities) e ERC Advanced Grant AN-ICON, ospitati dal Dipartimento di Filosofia “Piero Martinetti” dell’Università degli Studi di Milano.
Protagonista del public program, un percorso espositivo di opere immersive e interattive che esplorano il rapporto tra territorio, conflitto e rappresentazione: Counter-Archives: Politics of Display and Territorial Imagination sarà allestita presso Careof dal 18 al 23 novembre, ad accesso gratuito. Nel contesto dell’esposizione, sono inoltre previsti due talk di approfondimento con autori italiani e internazionali.
Altri titoli verranno annunciati nei prossimi giorni.
LA LOCANDINA E LA SIGLA DI FILMMAKER
La locandina e la sigla di FILMMAKER 2025 sono opera dell’artista visivo Stefano Ricci.
FILMMAKER è realizzato con il contributo di Ministero della Cultura – Direzione Generale Cinema e audiovisivo, Regione Lombardia, Comune di Milano e di XR Lab – EXT Centro di ricerca Coordinata sulle Realtà Estese dell’Università degli studi di Milano, Forum austriaco di cultura, Goethe-Institut Mailand, Nikon.
In collaborazione con MMT Creative Lab, Apulia Film Commission, Careof, CSC Cineteca Nazionale, Naba – Nuova Accademia di Belle Arti, Start, Fuori Orario.
Green partner è Zity. Partner Tecnici sono Arti Grafiche Fimognari, Arcobaleno Film Center, Cineteca Milano, IBIS, Nama. Media Partner sono Film Tv, Edizioni Zero, Radio Popolare, Taxi Drivers.
Filmmaker è parte di Uno, due, tre… festival! Afic e Milano Film Network
ABBONAMENTI | BIGLIETTI | CATALOGO
Abbonamento Intero 35€ | Ridotto 30€ | Sostenitore 100€
Biglietto d’ingresso 8,50€
Catalogo 5€
Filmmaker Expanded | ingresso gratuito
I LUOGHI DEL FESTIVAL
Arcobaleno Film Center | Viale Tunisia, 11 – Milano
Cineteca Milano Arlecchino | Via San Pietro all’Orto, 9 – Milano
Cineteca Milano Mic | Viale Fulvio Testi, 121 – Milano
Careof | Via Giulio Cesare Procaccini, 4, 20154 – Milano
INFORMAZIONI
Associazione Filmmaker
Tel. 02 49445934 – segreteria@filmmakerfest.org
Website: filmmakerfest.com
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