Indagine Everli: gli italiani e la pasta “alternativa”. L’80% l’ha provata almeno una volta e quasi 1 su 5 (18%) ormai la consuma abitualmente più spesso di quella “tradizionale”.

Domani non solo in Italia ma in tutto il mondo è il "carbonara day". L'hanno promosso le associazioni Aidepi (Industrie del Dolce e della Pasta Italiane) e Ipo (International Pasta Organisation) per celebrare il celebre piatto, famoso non solo in Italia ANSA

Il 25 ottobre ricorre il World Pasta Day, un’occasione per celebrare uno dei piatti tricolore più famosi e amati nel mondo. Per l’occasione, Everli – il marketplace della spesa online – ha voluto approfondire il rapporto degli abitanti dello Stivale con la pasta, analizzandone i consumi e investigando il loro approccio verso quelle “alternative”, ovvero quelle diverse dalla pasta all’uovo, di semola di grano duro e ripiena. Dai dati emerge il forte interesse verso questi prodotti: infatti, l’80% dei consumatori tricolore ha comprato almeno una volta pasta “alternativa”. Tra gli sperimentatori, spiccano le donne – che sono oltre la metà (60%) – e di queste il 58% ha tra i 25-39 anni. Tuttavia, gli italiani per ora preferiscono continuare a mangiare entrambe: solo meno di 1 su 10 (8%) ha completamente abbandonato la pasta “tradizionale” in favore di quella “alternativa”.

Ma quali sono le più consumate nel Paese, quali quelle preferite e perché?

 

“Pasta addicted”: è a Grosseto, Trento e Bolzano dove si spende di più per l’acquisto di pasta

Benché l’acquisto di pasta sia esteso da nord a sud del Paese, secondo quanto rilevato da Everli nel 2020 ci sono alcune regioni più “pasta addicted” di altre: in primis la Lombardia con ben 3 province incluse nella top 10 di quelle in cui si è speso di più per l’acquisto di pasta (Lodi 7°, Sondrio 8° e Varese 9°), seguita a pari merito da Trentino Alto Adige e Abruzzo con due città ciascuna, rispettivamente Trento (2°) e Bolzano (3°) e L’Aquila (4°) e Pescara (5°). Anche se la corona di città più innamorata della pasta è la toscana Grosseto (1°).

 

Paiono non esserci dubbi su quale tipologia di pasta prediligano gli italiani: quella di semola e corta! Nello specifico, se si guarda al ranking delle 10 province in cui nel 2020 si è speso di più per l’acquisto di pasta, fanno eccezione solo Biella, Bolzano e Lodi, dove ravioli e tortellini la fanno da padrone –seconda scelta questa invece per quasi tutte le restanti province, fatta eccezione di Caserta, dove sono gnocchi e la pasta “alternativa” a chiudere il podio. Curioso notare che solo 3 province su 10 (L’Aquila, Sondrio e Pescara) inseriscono tra le prime tre preferenze di acquisto anche la pasta di semola lunga.

 

 

La top 10 delle province italiane in cui si spende di più per l’acquisto di pasta
1. Grosseto (Toscana) 6. Caserta (Campania)
2. Trento (Trentino Alto Adige) 7. Lodi (Lombardia)
3. Bolzano (Trentino Alto Adige) 8. Sondrio (Lombardia)
4. L’Aquila (Abruzzo) 9. Varese (Lombardia)
5. Biella (Piemonte) 10. Pescara (Abruzzo)

 

 

Pasta “alternativa”: nel 2020 incremento d’acquisto a doppia cifra a Livorno (58%), Como (36%) e Pesaro e Urbino (12%)

In base all’analisi di Everli, in alcune province d’Italia si compra maggiormente pasta “alternativa” rispetto ad altre aree. Ma dove? Capolista di questo speciale ranking è Treviso, subito seguita da Trento e Livorno. Quest’ultima, in particolare, è la località che ha registrato il maggior incremento di spesa in paste “alternative”, toccando una crescita del 58% nel 2020 rispetto ai precedenti 12 mesi, seguita da Como (36%) e Pesaro e Urbino (12%).

Anche quando si guarda alle paste non-tradizionali, non c’è storia: vince sempre quella corta. Considerando, infatti, i 10 prodotti più comprati dagli italiani, la tipologia di pasta “alternativa” più apprezzata è quella integrale (8 su 10) e corta (7 su 10). Chi non opta per l’integrale è perché compra pasta gluten free oppure pasta di mais e riso (sempre senza glutine).

 

Interessante approfondire poi le motivazioni che spingono gli italiani verso le paste “alternative”. Nonostante per quasi la metà (49%) l’assaggio di pasta non classica sia stato dettato da un sentimento di semplice curiosità, per ampie fette di rispondenti i motivi sono ben ponderati e frutto di scelte personali consapevoli. Infatti, i consumatori tricolore pensano che la pasta “alternativa” sia più sana di quella tradizionale (35%), più digeribile (31%) e che possa contribuire ad aumentare l’apporto di fibre (23%); inoltre, viene considerata un alimento “amico” della linea, scelto da oltre 1 consumatore su 10 (13%) che desidera perdere peso. Se per il 31% degli italiani, questo nuovo approccio più healthy è stato dettato da un’iniziativa personale, quasi 1 consumatore su 3 (30%) è stato supportato e consigliato nell’optare per la pasta “alternativa” da medici o nutrizionisti, mentre un quinto (20%) si è lasciato ispirare dalle esperienze di amici e parenti.

Infine, guardando a quanto queste paste facciano ormai parte della quotidianità degli italiani, è interessante notare che oltre un quinto dei rispondenti (21%) consuma in egual misura pasta tradizionale e pasta “alternativa” e quasi 1 su 5 (18%) mangia più spesso paste “alternative” rispetto a quelle tradizionali. Infine, per ben oltre un terzo dei rispondenti (35%) la pasta “alternativa” è prevista in tavola almeno una o due volte la settimana e una percentuale analoga di consumatori (34%) acquista tendenzialmente dai tre ai cinque tipi differenti di pasta “alternativa”.

 

 

La top 10 delle province italiane in cui spende di più per l’acquisto di pasta “alternativa”
1. Treviso (Veneto) 6. Rimini (Emilia-Romagna)
2. Trento (Trentino Alto Adige) 7. Pesaro e Urbino (Marche)
3. Livorno (Toscana) 8. Vicenza (Veneto)
4. Pescara (Abruzzo) 9. Como (Lombardia)
5. Forlì-Cesena (Emilia-Romagna) 10. Caserta (Campania)