Traffico illecito di fanghi non depurati in agricoltura: un danno ambientale e per la salute di enorme portata.

Un efferato traffico illecito di rifiuti è stato individuato dai Carabinieri Forestali del Gruppo di Brescia: 150mila tonnellate di fanghi tossici rilasciati nei campi agricoli con la connivenza degli agricoltori. Per massimizzare i profitti, la ditta ometteva di sottoporre i fanghi al trattamento previsto e anzi vi aggiungeva ulteriori inquinanti, come l’acido solforico derivante dal recupero di batterie esauste. I fanghi venivano spacciati per fertilizzanti e smaltiti su circa 3.000 ettari di terreni agricoli nelle regioni Lombardia, Piemonte, Veneto ed Emilia-Romagna.

 

«Quello dello spandimento di fanghi da depurazione e gessi di defecazione è una delle pratiche che più sta mettendo a dura prova la vita dei residenti nei territori della bassa bresciana – dichiara Barbara Meggetto, presidente di Legambiente Lombardia –.  Troppo spesso vengono segnalate dai cittadini situazioni al limite a cui però spesso non seguono fatti concreti per limitare i danni alla salute dei cittadini. Una situazione insostenibile, che ha generato situazioni al limite come questa, un vero e proprio sistema criminale. Più volte in questi anni abbiamo denunciato le pratiche illegali presenti nel territorio bresciano, ma frequenti ovunque anche nel resto della Lombardia. Per questo serve urgentemente un cambio di passo con controlli più puntuali e stringenti, alimentare un circuito agricolo virtuoso e la definizione di un percorso di economia circolare del sistema della depurazione. Nel ringraziare le Forze dell’ordine per l’attività di indagine svolta, auspichiamo un intervento anche di Regione Lombardia, affinché limiti la pratica dello spandimento al suolo e promuova un maggiore rigore nella concessione delle autorizzazioni».

 

In questo caso i proprietari dei terreni venivano convinti ad accettare lo spandimento sui propri terreni dei fanghi inquinati classificati come “gessi di defecazione” con l’offerta a titolo gratuito delle sostanze, compresa la successiva aratura dei campi di cui si faceva carico la società di recupero dei rifiuti, rendendo di fatto gli agricoltori ignari complici di un danno ambientale di notevole portata

 

«Si tratta di un ciclo produttivo fraudolento pericoloso, sviluppato intorno alla svendita del territorio. Un business criminale ai danni dell’ambiente e della salute dei cittadini dalla portata enorme. Il mancato trattamento di igienizzazione dei fanghi ed il loro successivo spandimento sui terreni, infatti, è anche un pericoloso potenziale veicolo di malattie, compreso il virus covid-19 che è riscontrato possa sopravvivere fino a 96 ore nei fluidi corporei, condizione che rende i procedimenti di inertizzazione dei fanghi provenienti dagli impianti di depurazione ancor più cruciali. È un problema annoso che affligge il territorio quella della gestione illecita dei rifiuti e che rende la necessità di controlli a tappeto e sistematici ancor più necessaria. Infatti è notizia di oggi anche un’indagine dei carabinieri del Noe di Milano sul traffico illecito di 2.700 tonnellate di rifiuti metallici e sulla gestione di rifiuti non autorizzata nel lecchese» conclude Meggetto.