Stilista uccisa, fidanzato accusato di omicidio volontario.

Carlotta Benusiglio in una foto tratta dal profilo Facebook Blume Blu. Roma, 2 giugno 2016. +++ ATTENZIONE L'IMMAGINE NON PUO' ESSERE PUBBLICATA O RIPRODOTTA SENZA L'AUTORIZZAZIONE DELLA FONTE DI ORIGINE CUI SI RINVIA +++

La Procura di Milano, dopo oltre quattro anni dai fatti, ha chiuso le indagini con l’accusa di omicidio volontario a carico di Marco Venturi per la morte della stilista di 37 anni Carlotta Benusiglio trovata impiccata con una sciarpa ad un albero, nel capoluogo lombardo, il 31 maggio 2016.

Venturi, secondo la ricostruzione del pm Gianfranco Gallo, è accusato di aver ucciso la fidanzata “per futili motivi, con dolo d’impeto, stringendole al collo una sciarpa oppure il proprio braccio” e quindi strangolandola. La ragazza, anche perché affetta dalla “sindrome di Eagle”, sarebbe “deceduta subito dopo per asfissia meccanica da strangolamento” e lui avrebbe simulato “una impiccagione sospendendo parzialmente” con la sciarpa il cadavere ad un albero nei giardini di piazza Napoli, il 31 maggio di quattro anni fa, verso le 3.40 di notte.

Venturi, come si legge nell’atto di chiusura indagini, è anche accusato di episodi di stalking e lesioni contro la fidanzata, tra il 2014 e il 2016. Gli viene contestato di averla più volte presa a schiaffi, di averla minacciata, di averla colpita con calci, anche per “moti di gelosia”. I familiari della donna nel procedimento sono assistiti dai legali Gian Luigi Tizzoni e Pier Paolo Pieragostini.

Venturi, difeso dal legale Andrea Belotti, ha vissuto una vera e propria parabola giudiziaria nelle complesse indagini: da persona informata sui fatti, col fascicolo in via di archiviazione, a indagato per istigazione al suicidio fino ad accusato di omicidio volontario aggravato. Il gip ha negato l’arresto chiesto dal pm. Secondo una perizia disposta dal gip nel 2018, la donna è morta “con grande probabilità” a causa di una “asfissia prodotta da impiccamento” e sul cadavere riesumato non c’erano “lesioni scheletriche” riconducibili ad un “eventuale strangolamento, parziale o totale, con successiva sospensione del corpo”. (ANSA)