Dieci anni di intimidazioni agli amministratori locali: una ogni 20 ore. Presentato il X° Rapporto di Avviso Pubblico “Amministratori sotto tiro”.

In dieci anni di raccolta dati Avviso Pubblico ha censito su tutto il territorio nazionale 4.309 casi di minaccia e aggressione nei confronti di amministratori locali e personale della Pubblica
Amministrazione, una media di 36 intimidazioni al mese, una ogni 20 ore.


È quanto emerge dal 10° Rapporto “Amministratori sotto tiro”, presentato questa mattina, giovedì 4  novembre 2021, in diretta streaming sui canali social di Avviso Pubblico, alla presenza del ministro  dell’Interno, Luciana Lamorgese.


Il maggior numero di casi è stato censito nelle quattro regioni a tradizionale insediamento
mafioso nell’ordine Sicilia, Calabria, Campania, Puglia che insieme raccolgono 2.555 casi (il 59%  del totale). Seguono Sardegna, Lazio, Lombardia, Toscana, EmiliaRomagna e Veneto.

 

Tutte le province italiane hanno fatto registrare almeno un atto intimidatorio o di minaccia nel
corso di questi 10 anni (20112020). Domina la classifica la provincia di Napoli, seguita da quella di  Cosenza e Reggio Calabria. L’unica presente nella top ten a non essere collocata nel Sud/Isole è quella  di Roma (5° posto). La prima provincia per atti intimidatori del Nord è Milano (15° posto).

“Quando dieci anni fa Avviso Pubblico ha iniziato a monitorare il fenomeno delle minacce e delle intimidazioni agli amministratori locali e al personale della Pubblica Amministrazione, in molti pensavano ad un esperimento destinato a durare poco, ritenendola una questione prettamente meridionale, limitata  alle regioni a tradizionale insediamento mafioso – ha dichiarato Roberto Montà, Sindaco di Grugliasco (Torino) e Presidente di Avviso Pubblico nel suo intervento di apertura – I numeri, emersi  nel corso degli anni, hanno raccontato una realtà completamente diversa: il caso Amministratori sotto tiro  coinvolge l’intero territorio nazionale, nessuna regione esclusa, e non è limitato alla sola sfera criminale,  ma investe il rapporto tra cittadini e politica, influenzato dalle condizioni socio-economiche dei territori”.

“Questo Rapporto è nato non solo con l’intento di denunciare una situazione intollerabile, ma anche per  ricordare che esiste la buona politica”, ha concluso il Presidente di Avviso Pubblico, Roberto Montà.
“La maggioranza degli amministratori locali è composta da persone perbene e capaci, animate da spirito  di servizio, che vengono colpite perché si impegnano a ripristinare la legalità violata, a portare trasparenza  negli uffici pubblici, a tutelare i beni comuni. Donne e uomini che vanno sostenuti, incoraggiati e non  lasciati soli”.


“Il Rapporto di Avviso Pubblico rappresenta un lavoro prezioso, capace di offrire chiavi di lettura  aggiornate, attraverso cui decodificare le linee evolutive del fenomeno degli atti intimidatori nei confronti  degli Amministratori locali”, ha dichiarato il ministro dell’Interno Luciana Lamorgese. “Ogni volta  che un amministratore locale viene minacciato e intimidito diventiamo tutti un po’ meno liberi, perdiamo  una parte della nostra libertà. Noi come ministero dell’Interno siamo impegnati per vincere questa sfida  insieme a voi”.


Nel suo intervento il ministro Lamorgese ha poi dedicato ampio spazio ad alcune delle proposte  presentate dalla nostra Associazione durante l’ultima riunione con
l’Osservatorio sul fenomeno degli atti intimidatori nei confronti degli amministratori locali del ministero dell’interno, alla quale ha partecipato anche una delegazione di Avviso Pubblico.

“A seguito delle proposte emerse vi anticipo che sono state avviate interlocuzioni con il ministero dell’Economia proprio per prevedere un veicolo normativo che possa consentire la copertura finanziaria necessaria a creare un Fondo di una durata triennale. Il Fondo potrebbe rappresentare un segno tangibile anche al mondo delle autonomie soprattutto per i giovani amministratori”, ha aggiunto il ministro Lamorgese. “Abbiamo inoltre avviato un approfondimento tecnico-giuridico con gli uffici del ministero della Giustizia per accendere un faro anche sul versante repressivo degli atti intimidatori”.


“Sul tema della formazione il dipartimento per gli Affari interni territoriali convocherà invece a breve il tavolo di lavoro, all’interno del quale ci sarà anche Avviso Pubblico, per programmare le attività formative per il prossimo anno – ha aggiunto il ministro – Bisogna educare i giovani alla democrazia e alla libertà. In questo il ruolo del ministero dell’Istruzione avrà un ruolo strategico e per questo abbiamo ritenuto fondamentale coinvolgerli direttamente nella costruzione del percorso che sarà avviato nei prossimi mesi”.

“Durante l’ultima riunione dell’Osservatorio è emerso infine che i Report periodici da noi elaborati e  quelli di Avviso Pubblico fanno perno su criteri di monitoraggio diversi che quindi generano anche  risultanze diverse ha concluso il ministro . Questa secondo me non è una criticità ma un punto di forza perché le due rivelazioni consentono una lettura comparativa dello stesso fenomeno e quindi una maggiore comprensione”.


2020: INTIMIDAZIONI IN CALO, MA RECORD DI PROVINCE COINVOLTE


Nel corso dell’anno, profondamente influenzato dal Covid19, sono stati 465 gli atti intimidatori, di minaccia e violenza rivolti contro sindaci, assessori, consiglieri comunali e municipali, amministratori regionali, dipendenti della Pubblica Amministrazione (17% rispetto al 2019, quando furono 559), registrati da Avviso Pubblico in tutto il Paese. Ben 89 le Province coinvolte, il dato più alto mai registrato in 10 anni di monitoraggio. Per la terza volta nella storia di questo Rapporto i precedenti nel 2017 e 2019 sono stati censiti atti intimidatori in tutte le regioni d’Italia.


Sul calo delle intimidazioni complessive emerse nel 2020 ha senza dubbio influito la pandemia. Non solo il lockdown imposto nei mesi di marzo e aprile, ma anche il rinvio delle Elezioni Amministrative e Regionali che, inizialmente previste nella tarda primavera, si sono svolte ad inizio autunno. Il periodo che va da marzo a giugno, solitamente coincidente con la campagna elettorale, fa spesso registrare un picco di atti intimidatori che lo scorso anno non si è palesato. Nel 2020, i casi censiti sono stati 169, mentre furono 199 nel 2019 e 210 nel 2018.


LA CAMPANIA CONFERMA IL PRIMATO. LOMBARDIA E LAZIO I TERRITORI PIÙ A RISCHIO AL NORD E AL CENTRO


Per il quarto anno consecutivo è la Campania a far registrare il maggior numero di intimidazioni a livello nazionale, con 85 casi censiti (furono 92 nel 2019). Seguono appaiate Puglia e Sicilia con 55 atti intimidatori, che fanno segnare un evidente calo rispetto al 2019, rispettivamente del 23 e del 17 per cento. In discesa anche la Calabria (38 casi rispetto ai 53 del 2019), che prosegue un trend iniziato da alcuni anni, che si colloca al 4° posto. La Lombardia si conferma la regione più colpita del Nord Italia (37 casi, nove in meno del 2019), seguita dal Lazio (36 casi, stabile). Chiudono le prime 10 posizioni Veneto (30 casi, uno dei pochi territori in aumento), EmiliaRomagna (25), Toscana (23) e Sardegna (21).


Analizzando i dati per macroaree geografiche si evince che il 57,5% del totale dei casi censiti (267) si è registrato nel Mezzogiorno, in particolare il 41,1% dei casi nel Sud e il 16,4% nelle Isole. Il restante 42,5% del totale (198 casi censiti) si è verificato nel CentroNord, dove si riscontra un aumento del 3,5% dell’incidenza sul totale dei casi rispetto al 2019. Da segnalare come il calo generalizzato dei casi registrati caratterizzi tutte le aree geografiche, ad eccezione del Nord-Est, che passa dai 59 atti censiti nel 2019 ai 68 del 2020.

L’IMPATTO DELLA PANDEMIA SUL FENOMENO

Anche sul fronte della tipologia di intimidazioni, si fa sentire l’impatto della pandemia. Nel 2020, i social network sono diventati il primo strumento per minacciare. La piazza virtuale, già negli anni passati contenitore di varie frustrazioni, durante le fasi più calde della pandemia ha amplificato queste sue caratteristiche. Le amministrazioni e la Polizia locale sono spesso finite in pasto dei leoni da tastiera, a causa delle ordinanze emesse e dei controlli effettuati per far rispettare le regole anticontagio, per la concessione di aiuti economici, sussidi o per scelte che non riguardavano l’amministrazione locale, ma il governo centrale.


Inoltre il Covid19 ha finito per influire anche su una speciale casistica che il Rapporto monitora da alcuni anni: intimidazioni ed aggressioni che giungono da comuni cittadini. Situazioni che pesano sensibilmente sul numero complessivo dei casi. Nel 2020 sono stati 168, il 36% del totale (erano il 29% nel 2019). Una larga percentuale (il 42%) di tali atti ha riguardato infatti episodi scaturiti dalle restrizioni imposte dalla pandemia. Un altro 22% trae origine dal malcontento suscitato da una scelta amministrativa sgradita. Il 12% si riferisce invece a casi di estremismi di entrambe le sponde politiche. Nell’11% dei casi si tratta di un vero e proprio disagio sociale, come la richiesta di un sussidio economico o problemi legati
al tema del lavoro.

LE INTIMIDAZIONI NEI COMUNI SCIOLTI PER MAFIA

Il 14,4% degli atti intimidatori censiti nel 2020 (67 casi) si sono verificati in 41 Comuni che, in un passato più o meno recente, sono stati sciolti per infiltrazione mafiosa. Dal 2016, primo anno in cui Avviso Pubblico ha iniziato ad estrapolare questa casistica, gli atti intimidatori verificatisi in Enti locali sciolti per mafia sono stati complessivamente 346 (il 13,4% dei casi registrati nel quinquennio 20162020 su tutto il territorio nazionale). Gli Enti locali coinvolti Comuni e Municipalità sono stati 121.

Considerando che, al 31 agosto 2021, i Comuni sciolti per infiltrazione mafiosa dal 1991 sono stati complessivamente 266, negli ultimi cinque anni si sono verificati atti intimidatori nel 45% di questi territori. Va ricordato come il quinquennio 20162020 abbia visto decretare lo scioglimento di ben 84 Enti locali, tra Comuni, Municipalità e Aziende Sanitarie Provinciali. Per riscontrare un numero così alto di scioglimenti, in un medesimo arco temporale, bisogna tornare ai primi anni di applicazione della legge (periodo 1991 1995), quando furono complessivamente 80.