Coronavirus, dimesso dall’ospedale dopo 115 giorni e 28 tamponi a Bergamo.

Una veduta esterna dell'ospedale di Bergamo Papa Giovanni XXIII dove, dopo tre giorni in terapia intensiva, è deceduto il bambino di sei anni che si era accasciato al suolo uscendo da scuola lunedì a Roncadelle, in provincia di Brescia, 19 settembre 2019. ANSA/Tiziano Manzoni

E’ tornato a casa ad Albino, in provincia di Bergamo, Marco Carrara, dopo un’odissea durata mesi. Il 43enne – a cui ha anche scritto il premier Giuseppe Conte – è infatti stato ricoverato per Coronavirus 115 giorni e ha dovuto fare 28 tamponi prima del via libera.

Era il 31 marzo quando è entrato in ospedale al Giovanni XXIII, poco dopo la morte per Covid del papà Valerio.

Ci resta un mese e mezzo, poi un mese lo trascorre alla clinica San Francesco e quando le sue condizioni peggiorano di nuovo torna al Giovanni XXIII.

L’8 giugno inizia la riabilitazione alla Fondazione Piccinelli di Scanzorosciate, sempre in provincia di Bergamo. Il 24 luglio viene dimesso ma “non potevo tornare a casa – racconta lui stesso all’Eco di Bergamo – perché i tamponi erano ancora positivi. Così mi sono messo in quarantena nell’appartamento di mio padre, con i miei ci guardavamo dal terrazzo ma niente di più”.

Insomma nessun contatto con la moglie e i due figli. Solo ieri si sono potuti riabbracciare, alle 14, mentre le campane del paese suonavano a festa per il suo ritorno.
Durante questi mesi, in risposta a una mail che gli aveva inviato il premier Conte “attraverso la sua segretaria mi ha fatto le condoglianze per la morte di mio padre e a me gli auguri”, e poi c’è stata una telefonata del vicario generale del Papa Angelo Comastri e del vescovo di Bergamo Francesco Beschi.

Adesso “vorrei andare al cimitero a trovare i miei genitori, poi per qualche giorno – conclude – rimanere a casa con i miei figli e mia moglie”. (ANSA).