Perché non un’architettura italiana?

di Achille Colombo Clerici

Mentre negli Usa, loro patria storica, si assiste ad una forte contestazione dei grattacieli (basata su  argomenti di tipo ambientale e più spesso socio-economico), l’ U.E. imbocca decisamente la strada a sostegno di questa tipologia edilizio-urbanistica.

Tema affascinante, quello dell’architettura. Secondo il filosofo e saggista spagnolo Josè Ortega y Gasset  l’architettura è ‘pensare, costruire, abitare’.  I sindaci devono scegliere quale architettura è adatta ad interpretare la cultura delle città che governano.   L’architettura, base peraltro dell’ urbanistica, ha il compito di far vivere e lavorare meglio le persone: come pensava Adriano Olivetti che riuscì a realizzare l’utopia di una grande fabbrica a misura d’uomo, integrata con una comunità che potesse superare le storture e gli aspetti disumani delle due grandi realtà economiche dominanti alla metà del secolo XX: il capitalismo fordista e il marxismo applicato alle fabbriche sovietiche.

Viviamo l’epoca del primato dell’architettura internazionale, globalizzata, decontestualizzata. Una architettura autoreferenziale che sovrasta ogni stilema architettonico. Un’architettura del capitale finanziario che ha soppiantato la lezione razionalista e funzionalista. Casi emblematici, a Milano, i progetti Garibaldi-Repubblica e CityLife dove non si è tenuto in alcun conto quanto elaborato nell’arco di un cinquantennio per dare soluzione a un ambito di valenza metropolitana e, nel contempo, ricucire, connettere e relazionare lacerti urbani storicamente significativi.

Messaggio universale che l’U.E. sembra non avere recepito con la recente Raccomandazione n. 16 che disciplina le nuove costruzioni nei centri storici limitando i finanziamenti per progetti che non siano “stilisticamente corretti”. Vale a dire contemporanei “nel design”e nella funzionalita’. In sostanza, grattacieli anche nei centri storici. Se in Italia, come del resto negli altri Paesi dell’Unione, si vogliono i finanziamenti europei occorre adeguarsi alle indicazioni progettuali dell’Europa: siano esse rispettose o meno della cultura del luogo.

Una ‘scuola italiana’ di architettura è quanto ho auspicato al convegno “Rinnovare il moderno” dell’Ordine degli Architetti di Milano. Non è una proposta nuova. Sulla stessa linea sono schierati da tempo  alcuni tra i più noti architetti e urbanisti del Paese.