L’Italia è arbitro dell’equilibrio mondiale.

di
Achille Colombo Clerici

Il Sole 24 Ore ha diffuso i dati riguardanti l’indebitamento globale che negli ultimi sei anni ha subito un’impennata, crescendo di piu’ del 20 % con una accelerazione galoppante, proprio in questi ultimi tempi.

Nella scorsa primavera ascendeva gia’ad oltre 253mila miliardi di dollari, vale a dire il 322 % del Pil globale.
E tralasciamo pure di parlare del problema dei derivati che rappresentano un altro fattore potenzialmente destabilizzante le economie e le societa’ del mondo intero.

Il quadro che abbiamo sotto gli occhi, ci presenta la situazione di un mondo, basato sull’indebitamento reciproco di tutti i soggetti economici (stati, enti pubblici, operatori della finanza, dell’industria del commercio, famiglie ) che sta in equilibrio grazie all’azione di forze che ovviamente travalicano i singoli governi e che muovono da posizioni metapolitiche.

Sicche’, in prima battuta, ci sarebbe da chiedersi quanto la nostra democrazia, a livello sia nazionale, sia europeo, possa considerarsi arbitra del proprio destino.

Ma, pur trascurando il dilemma, se far acquiescenza o meno a questa deriva ed accettare supinamente per quieto vivere la via della omologazione, resta l’interrogativo di fondo.

Quousque tandem. Fino a quando tale stato di cose potra’ durare e che sorte attende noi ed i nostri figli e nipoti ?

La storia ci dice quanto dissennata sia sempre stata la via di uscita da situazioni del genere, seguita dai nostri progenitori.

E fortunatamente l’interdipendenza dei vincoli che legano tutti gli attori sulla scena mondiale, non uno escluso, ci pone nella condizione del ‘too big to fail’.

Ma cio’ non ci esime dal riflettere sul ruolo che il nostro Paese, leader culturale nel mondo intero, puo’ e deve esercitare.

Un ruolo che, grazie alla grande ricchezza di valori culturali, materiali e immateriali, dovrebbe essere quello di cerniera fra i vari popoli, di guida, nella moderazione e nella saggezza, verso un futuro di progresso economico certamente, ma prima ancora di civilta’.

E su quanto abbia da perdere l’intera umanita’, ove , nel gioco di quell’ equilibrismo, la nostra cultura venisse dispersa. Rischio non remoto.