Semplicemente Donna, conosciamo Le Thui Ai.

di Viviana Bazzani

Ti colpisce l’eleganza del suo volto, t’incanta sentirla parlare, ti emoziona osservare la sua maestria nel mescolare la cultura occidentale e quella orientale attraverso le sue opere. Colori, materiali e tecniche che t’avvolgono urlando vissuti di vita che, magistralmente, riaffiorano dal profondo dell’anima.

La prima volta che incontri LE THUI AI, hai la sensazione di trovarti dinnanzi ad una donna priva di scalfiture per poi scoprire la sua capacità nel nascondere ferite che parlano di infanzia difficile in una terra lontana. Oggi si racconta come Donna, madre e soprattutto artista apprezzata in tutto il mondo.
D – Il tuo nome LE THUI AI quando lo pronunci emana la delicatezza di un fiore raro, come mai le tue opere portano la firma artistica di “Mary Thuy”?
R – Ho scelto questa nome perché volevo dare una svolta alla mia vita certa che ero pronta per iniziare una vera e forte avventura di vita piena di speranza e positività.
Il mio nome LE THUI AI mi riporta a sofferenze e dolori del mio passato.
D – La tua terra, il Vietnam, riporta a noi occidentali ricordi storici drammatici fatti di guerre e distruzioni. La scelta di partire è raggiungere l’Italia a cosa si deve?
R – Non è stata una scelta ma una necessità dovuta a circostanze molto delicate. Mio padre era un colonnello dell’esercito vietnamita che collaborò con l’esercito americano. Al termine del conflitto dovette fuggire perché considerato un “traditore”. Così fece lasciando me, mia madre e i miei due fratelli in Vietnam. La mia infanzia fu complicatissima perché, pur non essendo colpevoli delle scelte politiche di mio padre, eravamo isolati da tutti. Mia madre venne costretti a farci crescere dai miei nonni paterni perché di rango nobiliare mentre lei dovette lavorare vivendo in povertà in casa dei suoi genitori contadini.
Poi, come ogni favola arrivò la bella notizia di nostra padre che in Italia era riuscito ad ottenere il “ricongiungimento familiare”. Quindi si parti in pochi giorni lasciando in Vietnam solo brutti ricordi e un solo giocattolo rotto.
La mia vita grigia stava prendendo colore come un dipinto che nasce sotto le mani dell’artista che, in questo caso, portava il nome di Dio.
D – L’occidente è sempre stato affascinato dalla vostra cultura orientale, dai profumi, dalla lenta quotidianità e dalla bellezza atipica delle donne.
Com’è stato l’incontro con il popolo e la cultura italiana?
R – L’Italia è Arte, Storia e Moda. Sono stata, con la mia famiglia, accolta benissimo ed è per questo che l’ho sempre amata e mai la tradiro’.
Soffro quando la vedo ferita e umiliata da sporcizia, degrado e abbandono dei siti storici tra i più belli del mondo.
Alcuni italiani non comprendono il valore della loro Terra ricca di arte pittorica e scultorea. Fu proprio un dipinto della “Madonna del Caravaggio” che mi ha avvicinata alla fede e al percorso artistico.
D – Cosa ti ha affascinato dell’Italia e cosa no?
R – Amo l’energia positiva, l’allegria e la genialità del popolo italiano.
Umano, unico, ironico ma sempre con eleganza. Elementi che non trovi in altre culture.
Non mi piacciono, quei pochissimi italiani, che hanno pregiudizi sugli stranieri. Li ho sempre giustificati pensando alla loro poca conoscenza del mondo che li circonda oltre i confini italiani.
D – Le tue numerose “gallerie d’arte” sono state apprezzate da molti critici nel settore, uno in particolare… Vittorio Sgarbi! raccontaci di queste riconoscenza.
R – La mia arte è stata riconosciuta e premiata in quasi tutto il mondo.
Biennale di Barcellona, Parigi, New York, Miami e Los Angeles.
In Italia ho avuto riconoscimenti alla biennale di Venezia, Uffizi Brunelleschi, Premio cultura a Palermo e onorata anche del Premio internazionale Raffaello a Roma. È stato un piacere avere belle recensioni e apprezzamenti non solo del professor Sgarbi ma anche di Paolo LEVI, Angelo CRESPI,
P. DAVERIO e José Van Dali figlio del grande Salvador Dali.
D – Oggi chi ti è vicina in questi tuoi percorsi artistici ricchi di successo?
R – Ieri, oggi è domani c’è lei… mia figlia Benedetta Vong che mi ha dato con Il suo amore tutta la forza per andare avanti facendo scelte giuste. Scelte, molte delle quali, fatte assieme.
D – Quando hai capito che l’arte della pittura è della scultura sarebbe stata la terapia giusta per uscire dalla tristezza della tua anima?
R – La mia salvezza è iniziata con la grazia della Santa Madre di Caravaggio. La sua devozione mi ha aiutata a lasciarmi alle spalle la triste e burrascosa separazione da mio marito.
Il dolore era insopportabile ma la fede mi ha salvata indacandomi il nuovo mio percorso di vita. Ho avuto una mia nuova rinascita.
D – Le tue tecniche di pittura sono svariate partendo dall’acrilico, passando dalla tecnica del carboncino, la china, il pastello per poi appaddionarti alle tempere atossiche utilizzate nell’arte del body-painting. Che sensazioni provi dal dipingere su una tela a dipendere su un corpo umano?
R – La differenza è che sulla tela respiri un emozione mentale con il rilassamento dell’anima. Dipingere su di un corpo è emozione pura. Mi sembra di vivere, in questa tecnica, un viaggio nell’universo permettendo alla mente di volare in ignoti orizzonti.
D – Esiste una tua opera che non ha mai voluto vendere?
R – Si ed è “LA FORZA DELL’ AMORE DI BENEDETTA”, quest’opera racconta l’amore di una figlia per sua madre.
D – Come vedi il tuo futuro?
R – Il mio sarà un futuro pieno d’amore e vicino a chi ha bisogno. Il mio desiderio è di aprire una casa dell’accoglienza per gli “ultimi” che sono stati abbandonati a causa di destini o errori di vita. Tutti hanno il diritto di riprendere la loro vita sotto la protezione di colei che mi ha trovata e aiutata la Madonna del Caravaggio. Questa struttura si chiamerà “la casa della madre di Caravaggio”.