Semplicemente Donna, conosciamo Antonella Paola Ferrari, restauratrice d’arte.

di Viviana Bazzani
Innamorarsi di un opera d’arte vuol dire saper guardare , da un angolazione più complessa, la bellezza storica creata e tramandata da artisti con la loro unicità. Solo il passar del tempo e gli avvenimenti climatici hanno fatto sì che si creasse uno studio tecnico-scientifico volto a conservare le testimonianze materiali del passato garantendo la continuità temporale.

Anni di studio e importanti riconoscimenti sono gli elementi che sottolineano la grande maestria di Antonella Paola Ferrari, una Donna che ha fatto dell’arte , con le sue  innovative tecniche di restauro, il fulcro della sua vita.
D – Quando e quale opera le ha fatto capire che tutelare l’arte, attraverso il restauro,  era la sua missione?
R – Avevo 18 anni, a breve avrei iniziato l’ultimo anno di liceo. Un giorno di fine primavera, andai in centro a Milano con un amico. Non avevo mai pensato al restauro fino a quel momento. Mi trovai in piazza dei Mercanti. C’era una luce particolare. Mi accorsi per la prima volta che esistevano i monumenti! Mi chiesi ad alta voce, guardando il broletto diroccato, chissà se esiste una scuola dove ti insegnano a recuperare queste cose belle. Mi sentii illuminata da quel fascio di luce. Era come se avessi aperto gli occhi per la prima volta.
D – Ci parli dei suoi studi, per meglio fare comprendere alle nuove leve come questa professione richieda non solo passione ma, anche, continui aggiornamenti nella ricerca di tecniche sempre meno invasive sull’opera in questione.
R -A conclusione del liceo non c’erano molte possibilità: tre erano gli istituti che avrebbero potuto darmi questo tipo di istruzione. Istituto centrale a Roma, l’Opificio delle pietre dure a Firenze e la scuola regionale di Botticino, in provincia di Brescia. Feci l’esame per entrare in quest’ultima e ci riuscii. Il corso era triennale, specifico per restauro di affreschi. Conclusa la scuola andai a lavorare da Pinin Brambilla Barcillon per 7 anni. Nel ’92 aprii una mia ditta individuale e iniziai a viaggiare. Nel 2003 aprì la prima università a distanza di Scienze dei beni culturali a Ferrara e dopo 3 anni presi il diploma di laurea breve. Nel 2000 avevo cambiato laboratorio, ne avevo preso uno più grande per organizzare corsi di aggiornamento per me e i colleghi. Avevo i bambini piccoli e già viaggiavo troppo. Non volevo lasciarli anche per seguire corsi di aggiornamento in altre città.Così decisi che se avessi fatto venire dei docenti in studio, io e altri colleghi avremmo potuto aggiornarci. Ho dato inizio a un filone che poi hanno portato avanti anche altri. Ora non li organizzo quasi più perchè si sono svegliati in tanti e sono anche fin troppo i corsi, non si riesce a seguirli tutti. 
D –  Quanti tipi di restauro ci sono?
R – Un tempo si poteva dire che i restauri potevano essere di tipo museale, conservativo e imitativo nell’ambito antiquariale. Avendo una formazione scientifica ho sempre preferito fare lavori di ricerca e studio delle opere, tralasciando gli antiquari. Oggi le cose sono molto cambiate e l’ impostazione di studio, con approfondimento e’ sempre quella che guida i restauri del nostro studio. Nel 2018 l’attività individuale è stata definitivamente chiusa dal momento che nel 2015 abbiamo aperto una società a conduzione famigliare  con figli e marito. La società ha scelto come simbolo il serpente, in greco OPHIS, che ogni anno muta, cambia la pelle. Logo che metaforicamente richiama il restauro,  ilrinnovo dell’opera d’arte.
 
D – Ieri e oggi come è cambiato il restauro?
R –  Si’ il restauro è cambiato. L’approccio è diverso, molto più scientifico, con analisi chimiche, diagnostica per immagini, diagnostica con strumenti ecc. Quando si affronta un restauro importante vengono fatti accertamenti preliminari propedeutici alla progettazione. Oggi infatti la figura del restauratore accompagna molti progetti di studi di architettura.
D- La ricerca di colori per il restauro di opere risalenti ad epoche lontane, come avviene?
R – Occorre conoscere molto bene le diverse tecniche pittoriche nei vari ambiti sia nei dipinti murali che nei dipinti mobili o nelle sculture L’esperienza fa immagazzinare una serie di informazioni che aiutano a distinguere nelle opere gli stili e quindi le datazioni. Le analisi servono proprio per confermare le ipotesi iniziali. Nella mia mente c’è un database che di fronte a nuove superfici elabora le immagini nella mente fino ad identificare il modello giusto: a quel punto si identifica epoca e area artistica.
D – A quale fondamentale principio devono attenersi i restauratori delle opere d’arte?
R – Il restauro deve essere eseguito in modo scientifico e non personale. L’aspetto scientifico serve per mettere in rilievo dati utili al riconoscimento dell’opera e della sua patologia di degrado. L’oggettività e l’iter operativo seguono sicuramente un protocollo che viene adeguato a seconda delle opere e delle casistiche. Nel restauro estetico finale poi entra in gioco un insieme di fattori che fondamentalmente sono guidati dall’esperienza e dalla abilità manuale dell’operatore. Tema importante per la conservazione delle opere d’arte è che il lavoro di restauro possa essere reversibile, ossia rimovibile dai posteri dando loro la possibilità di mantenere l’opera,rinnovando il restauro. 
D – Nel 2018, durante i lavori di restauro al Santuario della Madonna dell’albero, venne fatta da lei e dal suo gruppo di lavoro un importante scoperta… ci racconti cosa avvenne !
R – Il 2017 ricorreva il 5 centenario del santuario della Madonna dell’albero a Carimate. Mi venne chiesto di procedere con un’operazione di manutenzione poichè erano passati circa 40 anni dall’ultimo intervento. Il vecchio parroco mi disse che era stato già scoperto tutto,e che era stato già portato a vista. Era un invito a non approfondire.
Fu la soprintendenza che mi chiese di fare degli accertamenti preliminari. Feci dei saggi stratigrafici in diversi punti della piccola chiesa. Nel due absidiole laterali mi accorsi che vi erano degli intonaci antichi che non erano mai stati segnalati. Chiesi consenso sia alla soprintendenza che all’allora parroco don Paolo, di poter approfondire e allargare i saggi. Emersero intonaci molto antichi ascrivibili al periodo dei cavalieri templari ( medievo) secondo l’iconografia dei graffiti emersi e un dipinto murale che raffigurava una crocifissione con un paesaggio quattrocentesco. Sovrapposto vi era una seconda pellicola pittorica seicentesca che riprendeva solo alcuni tratti del Cristo. Oprazioni di recupero molto lunghe e delicate, per le quali si è reso indispensabile l’utilizzo di laser.
Ciò che guida, in queste strategie di recupero di pitture antecedenti, è l’occhio che è abituato a riconoscere tecniche e pellicole pittoriche. Ci sono dettagli che costituiscono la carta d’identità di un dipinto e guidano l’operatore nell’analisi corretta dell’opera.
D – La sua opinione sul “restauro aperto” e, quindi , quel contatto con il pubblico intento ad osservarvi durante l’opera di restauro.
R – Il restauro è costituito da tante operazioni. Ogni operazione richiede concentrazione e poche distrazioni. Il restauro visibile agli occhi di visitatori potrebbe essere interessante, Ma le domande che verrebbero fatto sicuramente porterebbe il restauratore a distaccarsi da quanto sta facendo.nPuò essere sicuramente interessante far vedere a chi si occupa di altro le diverse operazioni. Non molti si potrebbero immaginare che durante i restauri di dipinti murali, molto spesso sono le donne che eseguono gli intonaci. E’ una professione molto delicata ma con mansioni anche molto pesanti. Come del resto il consolidamento di volte affrescate che talvolta presentano problemi di staticità. Questo è un tema che mi diverte, mi sfida e che è molto difficle. Saper consolidare i soffitti voltati è un’operazione particolarmente difficile. Occorre abilità e intelligenza.
D – Muffa e vernice …. per citarne alcuni, quale di questi elementi sono l’incubo di voi mestri del restauro?
R – I vecchi interventi di restauro,molto spesso celano problemi gravi che sono stati mascherati appunto da restauri pittorici che hanno occultato tutte le “magagne”. 
Un tempo venivano usati metodi molto aggressivi per rimuovere la sporcizia e in particolare il nero fumo.. Dipinti con velature scure venivano devastati da solventi che rimuovevano le ultime pennellate dell’artista.
Un altro problema importante sono le infiltrazioni che affiorano nei palazzi con problemi di umidità di risalita. Sono problematiche che si affrontano con tecnici, architetti o ingegneri, impiegando metodologie sofisticate. Non sempre sono risolutiva, ma spesso migliorative.
D – l’Italia paese dell’arte che, tutto il mondo, ci invidia. Cosa abbiamo bisogno per migliorare questo patrimonio artistico senza rischiara il degrado e l’abbandono ?
R – Occorrerebbe separare le imprese edili da quelle di restauro. Da anni hanno fatto in modo che i lavori vengano accorpati e affidati a grosse imprese che in realtà non hanno dipendenti che operano direttamente ( muratori, ecc), ma presentano team di solo tecnici di riferimento , prevalentemente architettio geometra. I lavori vengono subappaltati tirando i prezzi ai veri operatori. Il lavoro di restauro e’ sempre poco remunerato poichè il guadagno viene risucchiato dalle grosse ditte. C’è ancora troppa presunzione e ignoranza, soprattutto nell’edilizia. L’ignoranza è dura da combattere perchè e’ ben mascherata dalla presunzione! 
D – Il suo sogno nel cassetto da un punto di vista lavorativo, Antonella Paola Ferrari quale opera vorrebbe dare nuova vita?
R – Ho avuto molte soddisfazioni di scoperte che ho fatto nel corso di questi quasi quarant’anni.Non ho grandi obiettivi. Mi piace poter continuare a far bene il mio lavoro. Non ho bisogno di mettermi in mostra. I restauratori generalmente amano essere in prima pagina. Non ne ho bisogno. Sono contenta del mio ruolo.