Regno Unito, Liz Truss nuova leader dei Conservatori e nuova premier, il congedo di Boris Johnson, oggi a Balmoral il passaggio di consegne davanti alla Regina Elisabetta.

epaselect epa10161363 New leader of the Conservative Party Liz Truss speaks after the announcement of her win at the Queen Elizabeth II Centre, in London, Britain, 05 September 2022. Truss has won the vote held among Conservative Party members for the new Tory leader and British Prime Minister, the chairman of the 1922 Committee announced on 05 September 2022. EPA/NEIL HALL

Boris Johnson si è congedato stamane da Downing Street prima di recarsi a Balmoral in Scozia per “passare il testimone” a Liz Truss, come ha detto.

Dinanzi a familiari e sostenitori, ha ribadito di essere fiero di quanto fatto nei suoi 3 anni di governo, enfatizzando il sostegno militare dato a Kiev contro la Russia e che a suo dire potrebbe aiutare l’Ucraina a rovesciare le sorti “della peggiore guerra in Europa in 40 anni”, ma anche il calo della disoccupazione.

Quanto alla crisi economica attuale, ne ha imputato parte della responsabilità a Vladimir Putrin che comunque non riuscirà mai a “bullizzare” il Regno e il suo popolo.

Johnson ha detto di voler “tornare all’aratro” del lavoro politico dietro le quinte, e ha confermato quindi indirettamente di voler mantenere il suo seggio da deputato per garantire “il sostegno più fervido” alla sua erede Liz Truss, finora ministra degli Esteri, proclamata eletta ieri nuova leader Tory in sua sostituzione e destinata a succedergli più tardi come premier dopo il passaggio di consegne nelle mani della regina a Balmoral. BoJo ha poi rivendicato il suo lavoro e ha ringraziato tra l’altro in tono appassionato “il popolo britannico”.

Una premier donna – terza nella storia britannica e conservatrice come le altre due – per provare a riprendere per i capelli la legislatura e dare una scossa a un Regno Unito minacciato dalla crisi attraverso la promessa di un’accelerazione a destra forse senza precedenti nei programmi e nella retorica. Liz Truss, classe 1975, è da oggi la nuova leader del Partito Conservatore, forza di maggioranza a Westminster: prescelta dalla base degli iscritti per succedere automaticamente anche sulla poltrona di primo ministro al dimissionario Boris Johnson, travolto a luglio da scandali e congiure. La proclamazione, largamente attesa, è arrivata con la lettura del risultato del ballottaggio finale fra lei, ministra degli Esteri in carica rimasta fedele a BoJo fino all’ultimo minuto, e il 42enne Rishi Sunak, ex cancelliere dello Scacchiere di radici familiari indiane che un mese e mezzo fa, con la sua uscita dal governo, aveva spianato la via alla caduta del trionfatore delle elezioni politiche di tre anni fa. Liz, ha certificato sir Graham Brady, presidente del Comitato 1922 che sovrintende alle rese dei conti in casa Tory, ha incassato il 57,4% dei suffragi dei 172.000 voti espressi dai militanti contro il 42,6 di Sunak: un vantaggio netto, anche se meno debordante di quanto previsto da alcuni sondaggi; e inferiore di una decina di punti allo score di Boris Johnson nel 2019.

Margine in ogni modo più che sufficiente a spalancarle la porta del numero 10 di Downing Street e a garantirle l’ovazione di rito della platea di partito. Riunita a Westminster, nel giorno della riapertura delle Camere dopo la pausa estiva, per assistere plaudente – al di là di perduranti divisioni intestine – alla tradizionale cerimonia dell’annuncio. E’ poi seguito l’esordio sul podio della neoleader: pronta a questo punto a ereditare le redini del governo da Johnson domani, nell’ambito d’un passaggio di consegne che la 96enne regina Elisabetta – impossibilitata a compiere un viaggio extra di mille chilometri fino a Londra – presiederà per la prima volta dalla residenza scozzese estiva di Balmoral, ricevendo in rapida successione il quattordicesimo e la quindicesima premier dei suoi 70 anni di regno da highlander. Monocorde come sempre, nel suo abito blu ton sur ton con i colori dei vessilli Tory, Truss si è intanto annunciata ribadendo le parole d’ordine di una piattaforma “coraggiosa”, da “vera conservatrice”. Fatta di richiami al mito della lady di ferro Margaret Thatcher e d’impegno a una sostanziale continuità programmatica (se non sugli aspetti più controversi del comportamento individuale) rispetto a “Boris”: l’uomo che da ministra di medio rango 12 mesi orsono l’aveva promossa titolare del Foreign Office; e che stasera ha ricevuto l’ultimo omaggio grato dal presidente dell’Ucraina, Volodymyr Zelensky. Una continuità piena in politica estera, segnata in particolare alla volontà di restare in prima linea nel sostegno anche militare di Kiev contro l’invasione russa (non senza arrivare a sbandierare il deterrente nucleare), oltre che di tener testa all’Ue sul protocollo dell’Irlanda del Nord e gli altri dossier del post divorzio; corretta da toni ideologicamente più rigidi di matrice liberista in materia economica, con la promessa di aiuti alle famiglie contro il caro vita e il caro bollette energetiche oscurata – in tempo d’inflazione record – da quella di un taglio di tasse generalizzato, ricchi in testa, per privilegiare “la crescita sulla redistribuzione”. Dal mondo rimbalzano nel frattempo le congratulazioni di alleati e partner (inclusi Mario Draghi e Giorgia Meloni). Condite, nel caso della presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, dall’auspicio-monito sulla necessità di “un rapporto costruttivo” con Bruxelles improntato al “rispetto dei nostri accordi”. Mentre è già polemica dai banchi dell’opposizione laburista alla Camera dei Comuni, il cui leader, Keir Starmer, si è mostrato pronto a denunciare da subito la scure fiscale come una priorità sbagliata e a chiedere a Truss dove “prenderà i soldi”. Oltre a sfidarla a sottoporsi al vaglio d’una legittimazione popolare diretta per ora latitante, in mancanza della prospettiva di elezioni anticipate che ad oggi Liz esclude, insistendo di voler arrivare sino al termine della legislatura di “fine 2024”. Ma che potrebbe essere costretta ad affrontare comunque, sullo sfondo delle nuove, implacabili fronde interne Tory a cui il Mirror già guarda: senza escludere addirittura un contro golpe nei prossimi mesi per provare a ri-sostituirla con un Johnson la cui ombra – nonostante tutto e in barba al sostegno dichiarato o agli appelli all’unità – rimane ingombrante dietro di lei. (ANSA)