L’attività di Home Restaurant è legale.

a cura di Home Restaurant Hotel

Visto il forte dibattito che si è sollevato negli ultimi giorni sulla materia degli Home Restaurant, rispondiamo alle numerose domande e commenti ricevuti con delle considerazioni che speriamo possano essere utili a fornire delucidazioni e spunti di ragionamento. Buona Lettura!

Cosa è un Home Restaurant?

Un ​Home Restaurant è uno spazio, normalmente privato, che grazie all’iniziativa e l’intraprendenza di chi ama cucinare diventa luogo d’incontro occasionale per amici, viaggiatori o semplicemente sconosciuti che hanno interesse a condividere ricette, sapori autentici e specialità oltre che sperimentare una nuova occasione di socialità.

L’Home Restaurant è, a tutti gli effetti, un comparto della c.d. Industria 4.0 e nello specifico, un’espressione del “Social Eating”.

E’ possibile nel nostro ordinamento avviare un Home Restaurant? I Fondamenti giuridici e la libertà d’iniziativa economica privata.

L’Articolo 41 della Costituzione

L’Iniziativa economica è una libertà tutelata dalla Costituzione Italiana all’Art. 41 che recita:

L’iniziativa economica privata è libera.Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali – cfr. art.43.

Art. 41 Costituzione Italiana

La norma in esame riconosce e allo stesso tempo legittima l’iniziativa economica privata.

  • Il secondo comma introduce dei limiti alla libera iniziativa economica dati dai principi dell’utilità sociale e dalla necessità di garantire la sicurezza, la libertà e l’iniziativa umana.
  • Il terzo comma impone allo Stato di adottare misure legislative che garantiscano il raggiungimento dei fini che si propone lo stesso articolo 41 della Costituzione.

Da questa norma discendono sui cittadini diritti ed obblighi da rispettare.

Per quanto concerne il versante dei diritti, dall’articolo 41 derivano una serie di facoltà pacificamente riconosciute dall’ordinamento giuridico.

Gli individui hanno la facoltà di poter scegliere l’attività economica da intraprendere; ovviamente ciò non esclude che l’iniziativa debba sottostare a condizionamenti amministrativi riguardanti diversi profili dell’attività:

  • Il se: può essere previsto un controllo d’idoneità del candidato ad una certa attività
  • Il come: può essere previsto l’inserimento dell’impresa in un settore soggetto a specifici controlli pubblici
  • Il dove: può essere prevista l’esclusione di certe attività in determinate zone per la tutela di altri diritti più a rischio, come ad esempio quello ambientale

Allo stesso modo è costituzionalizzata la facoltà di reperire investimenti e di organizzare le risorse dell’attività.

E’ altresì riconosciuta la facoltà di portare avanti le attività lecitamente iniziate per tutelare il singolo ma anche il libero mercato e la concorrenza, con una particolare attenzione agli obblighi assunti con l’adesione all’Unione Europea.

Infine, dall’art. 41 della costituzione ne discende la facoltà di richiedere un compenso congruo per i beni ed i servizi prestati, purché giustificato dai costi sostenuti.

Nessun operatore economico deve essere danneggiato o costretto ad uscire dal mercato perché altri abusano della loro posizione dominante.

Grazie alla tutela riconosciuta a ciascuno dall’Art. 41 della Costituzione, se un’attività economica non è ancora coperta da una fonte avente rango di Legge Ordinaria, questa situazione di vuoto normativo non si traduce automaticamente in un divieto di poter avviare tale attività.

Lo Stato, solo nel momento in cui se ne verifichino i presupposti, potrà vietare o limitare alcune attività economiche.

Si noti inoltre che con l’ingresso nell’Unione Europea, l’Italia ha ceduto una parte significativa dell’iniziativa economica che le era riservata a vantaggio di questo Comunità sovrastatale.

L’Unione Europea ha più volte esortato l’Italia ad intraprendere delle azioni favorevoli al settore degli Home Restaurant.

L’UE guarda alla Sharing Economy ma l’Italia volta le spalle

Gli Home Restaurant sul territorio italiano sono fioriti in modo spontaneo. Si è assistito a una loro crescita esponenziale, affermandosi appieno come realtà economica (si stimano 14.000 Home Restaurant su tutto il territorio).

Quanto avvenuto in Italia riflette il naturale percorso che queste realtà economiche hanno intrapreso non solo sul nostro territorio, ma a livello mondiale.

La Sharing Economy è un fenomeno che si pone come naturale risposta alle nuove esigenze economiche di un tessuto sociale in cambiamento!

Concentrandoci sul continente europeo, esempio rilevante non solo per vicinanza geografica ma soprattutto per i vincoli a cui l’Italia soggiace facendo parte dell’UE, si possono osservare paesi come la Francia dove la realtà degli Home Restaurant è pienamente affermata.

In tal senso è doveroso aprire una digressione sull’Agenda​ ​Europea​ sull’​Economia​ ​Collaborativa (Sharing Economy)

La​ ​Commissione​ ​Europea​ ​ritiene​ ​che​ la Sharing Economy​ ​darà un ​contributo rilevante ​alla​ ​crescita​ ​dell’economia dell’Unione​ ​Europea e che andrà a integrare un importante vantaggio per​ ​i​ ​Consumatori​ che potranno così accedere a ​ ​nuovi​ ​servizi e ad un’offerta​ ​più​ ​ampia​ ​a​ ​prezzi​ ​più​ ​competitivi.

Allo​ ​stesso​ ​tempo,​ queste nuove forme di economia​ ​solleva​no ​questioni sulla loro applicazione​ ​nel​ ​quadro​ ​normativo​ ​vigente.

L’Industria 4.0 mette in crisi le definizioni tradizionali: ​ ​le distinzioni​ ​tra​ ​consumatore​ ​e​ ​prestatore​ ​di​ ​servizi,​ ​lavoratore​ ​subordinato​ ​e​ ​autonomo ​si sono sempre di più assottigliate creando una iniziale​ ​incertezza sulle​ ​norme​ ​applicabili.

Questa iniziale incertezza, ormai superata da tantissimi stati europei in cui l’attività di Home Restaurant è riconosciuta, in Italia è stata incancrenita sia da approcci​ ​divergenti​ ​da​ parte di diversi organi statali e locali, sia dalle associazioni private di categoria che invece che rispondere adeguatamente a queste nuove realtà economiche non hanno fatto altro che impedirne la crescita creando ancora più confusione a scapito non solo degli Home Restaurant, ma anche dei loro stessi associati.

I Disegni di Legge ed i tentativi di Normazione della Disciplina 

Nel corso degli anni si sono avvicendati diversi disegni di legge in materia di Home Restaurant ma nessuno di questi è riuscito a trasformarsi in legge. 

Tra i progetti di legge sull’Home Restaurant, quello dell’onorevole Minardo, il n. 3258 del 28/07/2015 unitamente ai disegni n. 3337-3725-3807, è stato approvato il 17 gennaio 2017 dalla Camera nel testo unificato n. 2647.
Tale disegno di legge però subisce la dura bocciatura dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, pubblicata a pag. 39 del Bollettino N. 13/2017, e difatti non è mai stato approvato al Senato.

Il Garante difatti ha osservato che: 

“Il legislatore intende introdurre nell’ordinamento giuridico italiano una disciplina dell’attività di ristorazione in abitazione privata (home restaurant), la quale, nell’ambito dei servizi partecipati che compongono la sharing economy, risulta essere in forte espansione anche nel nostro Paese, per la forte propensione, soprattutto delle nuove generazioni, ad aprire la propria casa e a condividere la cultura enogastronomica nostrana” 

PP. 39 SS. Bollettino 13/2017 – AGCM

Secondo il Garante per la Concorrenza nel disegno di legge n. 2647 il legislatore “introduce limitazioni all’esercizio dell’attività di home restaurant che non appaiono giustificate”.

Da sottolineare come il Garante non fa altro che rispettare le previsioni di legge del nostro ordinamento e le norme dell’Unione Europea​ per la quale ​i​ ​prestatori​ ​di​ ​servizi​ ​possono​ ​essere​ ​subordinati​ ​ai​ ​requisiti​ ​di accesso​ ​al​ ​mercato​ ​o​ ​ad​ ​altri​ requisiti/oneri/limitazioni,​ ​come​ ​i​ ​requisiti​ ​di​ ​licenza,​ ​soltanto​ ​se​ ​tali​ ​requisiti sono​ ​​non​ ​discriminatori,​ ​necessari​ ​per​ ​conseguire​ ​un​ ​obiettivo​ ​di​ ​interesse​ ​generale​ ​e proporzionati​ ​rispetto​ ​a​ ​tale​ ​obiettivo​​, ossia ​non​ ​possono imporre​ ​più​ ​obblighi​ ​di​ ​quanto strettamente​ ​necessario.

Divieti​ ​assoluti​ ​e​ ​restrizioni​ ​quantitative​ ​all’esercizio​ ​di​ ​un’attività​ ​costituiscono​ ​misure gravi​ da​ ​applicarsi ​solo​ ​nel caso in cui ​non​ ​sia​ ​possibile​ ​conseguire​ ​un​ obiettivo legittimo di​ ​interesse​ ​generale​ ​con​ ​una​ ​disposizione​ ​che sia meno​ ​restrittiva.

Inoltre,​ ​nel​ ​caso​ ​di​ ​in​ ​cui​ ​il​ ​diritto​ ​di uno Stato Membro​ preveda​ ​legittimamente​ ​che i​ ​prestatori​ ​di​ ​servizi​ ​debbano ottenere​ ​un’​autorizzazione​,​ è lo Stato che deve ​provvedere a garantire condizioni chiare proporzionate ed obbiettive.

Di cosa ha bisogno il settore?

Tutto questo si traduce nell’obbligo per lo Stato Italiano, nel caso in cui prevedesse di subordinare l’attività di Home Restaurant all’ottenimento di permessi, licenze o altro, di stabilire procedure trasparenti​ ​e​ ​non​ ​indebitamente​ ​complicate​. Inoltre lo Stato ha​ anche l’onere di prevedere che queste procedure abbiano ​costi​ ​ragionevoli​ ​e​ ​proporzionati al tipo di attività ​, oltre​ ​che rapide​ ed​ ​assoggettate​ al​ ​principio​ ​amministrativo dell’approvazione mediante​ ​silenzio​ ​assenso.

Nonostante il fallimento di questo DDL definitivamente considerato non adeguato, i tentativi di regolamentare il settore sono continuati: il 12 luglio 2018 la deputata del Pd Sara Moretto ha presentato un nuovo progetto di legge ordinaria intitolato “Disciplina dell’attività di Home Restaurant”. Anche questa proposta, tuttavia, non è sfociata in un provvedimento legislativo vero e proprio ed è rimasta abbandonata.

Il parere del Ministero dell’Interno

Il settore dell’Home Restaurant ha conosciuto un’importante svolta grazie al parere del Ministero dell’Interno ottenuto per il tramite della Questura di Reggio Calabria.

Con una grande apertura per il settore, recependo gli indirizzi e le sollecitazioni dell’Unione Europea, il 1° Febbraio del 2019 il Ministero dell’Interno ha escluso che l’Home Restaurant possa essere ricondotto alla Ristorazione classica, con conseguenze importanti per la disciplina dell’attività.

Difatti, l’attività di Home Restaurant presenta caratteristiche ben individuate:

1. Lo svolgimento dell’attività in un ambiente non adibito ad esercizio pubblico

2. Il rivolgersi dell’attività ad un tipo particolare di pubblico c.d. “distinto” ossia che arriva all’Home Restaurant solo su prenotazione

3. L’occasionalità dell’attività, il che in mancanza di disposizioni precise di legge deve tradursi nel dato di 3 aperture settimanali.

Le caratteristiche dell’attività di Home Restaurant

Lo stesso parere chiarisce che, sussistendo questi presupposti, l’Home Restaurant è un’attività che non soggiace alla normativa prevista per la ristorazione classica.

Questo però non esclude che gli Home Restaurant, costituendo punti di interesse rilevanti sul territorio, debbano essere opportunamente segnalati alla Pubblica Sicurezza con specifica dichiarazione ex art. 16 del TULPS.

Il Caso. La Sentenza N. 139/2019 del Giudice di Pace di San Miniato

Per il momento la questione degli Home Restaurant è stata raramente trattata dalle corti italiane. La pronuncia più recente, e postuma rispetto il parere del Ministero dell’Interno, è la N. 139/2019 del Giudice di Pace di San Miniato.

Nel caso specifico, il Giudice ha condannato il Comune di Montopoli che aveva emanato una ordinanza di chiusura per un Home Restaurant con relativa multa.

All’Homer veniva contestato l’avvio di un Home Restaurant senza aver presentato la pratica di SCIA.

Il Giudice di Pace riconosce la mancanza di necessità di presentazione di SCIA per l’apertura di un Home Restaurant.

Gli Home Restaurant evadono le tasse?

Una delle critiche più frequentemente mosse nei confronti degli Home Restaurant è quella di essere delle realtà economiche “sommerse” che evadono le tasse eludendo le normative.

Non è prevista nel nostro ordinamento una disciplina specifica per il comparto, ma anche in questo caso una lacuna non si traduce automaticamente in illegalità.

Difatti, occorre far riferimento al regime fiscale previsto nel nostro ordinamento per i “Redditi Occasionali”

La disciplina delle Prestazioni Occasionali

Quando l’attività lavorativa è occasionale, saltuaria o di ridotta entità si parla di prestazioni occasionali ex. art. 54-bis del Decreto legge n. 50/2017, convertito dalla Legge n. 96/2017.

La prestazione occasionale è caratterizzata da un limite economico ben individuato di 5.000€ nel corso di un anno civile.

Nel caso in cui il prestatore rientri in una di queste categorie: pensionati, studenti fino ai 25 anni, disoccupati e percettori di prestazioni di sostegno al reddito, il limite massimo netto sale a 6.666€

L’Home Restaurant dovrà altresì rilasciare Ricevuta, alla quale dovrà essere apposta Marca da Bollo del valore di 2€ nel momento in cui superi la somma di 77,47€.

Home Restaurant Hotel fornisce a tutti i propri Homers iscritti un format di ricevuta utilizzabile.

Gli Home Restaurant difatti devono conservare evidenza delle spese sostenute per l’attività di Social Eating; tali spese dovranno essere sottratte dalle entrate percepite ed il netto così ottenuto dovrà essere opportunamente dichiarato in apposita sezione della Dichiarazione dei Redditi.

Conclusioni

Home Restaurant Hotel continua a seguire attivamente l’evolversi della questione e si pone a sostegno dell’adozione di misure normative adeguate alle caratteristiche del comparto Home Restaurant.

La GC Management, proprietaria della piattaforma HRH, ha sempre creduto nelle potenzialità della Sharing Economy e nei vantaggi che porta alle economie in cui viene integrata.

Il nostro Staff mette in campo impegno e dedizione per permettere a chiunque di mettersi in gioco nella Sharing Economy.

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